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DELLE DUE... L'UNA... (QUALE?...) L’intercalare comparso prepotentemente nell’anno 2007, ma duro a morire Feb 7 2007 12:00AM - (Rieti) Raccolgo l’invito di un
estimatore di Graffiti-on-line, per esaminare da presso
una nuova espressione intercalare della serie “…e quantaltro”. Mi riferisco al molto succoso e poco significante “delle due l’una…”. Nell’epoca del Grande
Fratello, i quantaltristi, che sono poi le nostre cavie linguistiche preferite,
si sono moltiplicati oltre ogni ragionevole previsione e la fanno ormai da
padroni nel multicolore panorama dei linguaggi e della disinformazione del
terzo millennio. Le espressioni che compaiono
nel linguaggio moderno consistono spesso in trovate surreali ed anacronistiche
delle quali non è facile ricostruire la genesi o trovare una giustificazione
alla loro utilizzazione. Quasi
sempre passano inosservate, si insinuano nelle
strutture del discorso senza che uno se ne accorga e la loro presenza appare
persino necessaria, tanto da ingannare non pochi ascoltatori, cultori della
lingua o patiti del significato appropriato. Tutto però va avanti senza
intoppi, fino a che un guizzo di apertura mentale o uno
spiraglio di logica non risveglia la mente assopita dalle forsennate
occupazioni che caratterizzano l’andazzo della vita moderna. E’ il caso dell’espressione delle due... l'una... ,
colta al volo da un osservatore qualificato, che vale la pena esaminare.
Che c’azzecca,
direbbe Di Pietro, attivista della modificazione del linguaggio e sovrano della
storpiatura dei significati. Infatti, non se ne sentiva
il bisogno. L'espressione intercalare, di solito infilata di soppiatto in un discorso acceso che tarda a trovare una conclusionen logica ed accettabile, generalmente passa liscia come l’olio; sembra
a tutti di conoscerla, di averla ascoltata tante
altre volte e addirittura di poterne ricavare conforto, stante la contingente difficoltà di giungere ad una conclusione. Questo connotato la rende infida molto di più che lo svarione che
può capitare a tutti e che viene subito perdonato. Quando finalmente l'espressione viene percepita in tutta la sua insignificante nullità,
constatato che il relatore non conclude, ma lascia all'ascoltatore il compito di scegliere tra le due, avviene come uno sbigottimento, perché uno si chiede: “Cosa significherà?…Cosa
vorrà dire?”. Lo sbigottimento e lo stupore sono giustificati dalla impossibilità di trovare un significato pertinente
al discorso ed aumenta con la ripetizione dell’espressione “delle due l’una…” che sembra voler concludere, ma che non conclude affatto . Talvolta può succedere che chi ascolta non abbia neanche la capacità di rilevare l'inutilità della presenza dell'accezione nel discorso. Quando ci si accorge che ci hanno preso in giro e si comincia a sentire il peso della truffa che ci è stata propinata, non solo linguistica e culturale, ma soprattutto oggetiva quanto alle aspettative, è ormai troppo tardi. In pratica l'interpellato, dopoi lunga ed articolata esposizione, conclude proponendo al malcapitato di trovare lui la soluzione, delle due, l'una... e il gioco è fatto: il tizio non ha fornito la soluzione al problema propostogli. Sfido chiunque a
trovare nell'espressione una risposta esuriente ad una qualsiasi questione in discussione o una funzione lessicale o sintattica. All’apparenza l'intercalare si autogiustifica come necessario distinguo tra due elementi
preponderanti, quasi un’apertura rivolta all’ascoltatore, affinché collabori, a suo stesso beneficio, nella misura soggettiva di cui è capace, a compiere una
scelta alla quale l’interpellato si vuole evidentemente sottrarre. In apparenza il tizio (funzionario, impiegato pubblico, professionista, tecnico) si
propone come padrone dell’argomento, tanto da riuscire a scomporlo in una
dicotomia della quale sembra anche avere cognizione. Manca invero in costui la
capacità di concludere, di decidere, comunque di
rendere chiara la conclusione del suo tormentato discettare. E’ a questo punto che
l’espressione anzidetta si fa strada nella mente in
difficoltà dell'espositore e viene eiectata ad uso e consumo dell' infelice ascoltatore il quale a questo punto dovrà tirasi su le braghe da solo e scegliere,
tra le due soluzioni che gli vengono ventilate, quella che fa
al suo caso. L’espressione “delle due l’una…” si colloca dunque di
diritto nella serie degli intercalari inutili, superflui e senza significazione,
che colorano il linguaggio di una cospicua parte della nuova dirigenza libero
professionista e statale, durante le sortite legate
all’esercizio delle loro attività. Si tratta di
elementi ben individuati la cui cultura complessiva e la cui maturità si
sono formate nei ranghi della periferia universitaria, ai margini della
politica dei portaborse o nei ritagli del giornalismo di settore che impiega
galoppini mediocri e probabilmente raccomandati. Alcuni di loro svolgono, talvolta immeritatamente, una
professione; altri occupano posti di responsabilità negli enti pubblici, nelle
scuole e nella politica, altri ancora affollano gli schermi televisivi pubblici o privati,
oppure presidiano, ahinoi!, le colonne di giornali,
giornalini e giornaletti che a leggerli viene il voltastomaco. Qualcuno riesce
persino ad iniziare un discorso con “Ma sebbene”, doppio avversativo specificamente vietato dalle regole della grammatica della lingua italiana, senza aver
concluso il periodo precedente. La faccia tosta
di cui sono dotati consente a costoro di calcare con spavalda sicurezza le
scene della professione, di spadroneggiare in ogni ambito, anche in quelli più
delicati e sensibili. Tanto… Cosa importa a
lorsignori? Quando non si conosce la materia e non si
è in grado di proporre soluzioni, l’espressione “delle due l’una…” rappresenta un soccorso immediato che tra
l’altro lascia ampia scelta agli attoniti interlocutori e deresponsabilizza il
professionista cui interessa soltanto incassare le parcelle ed allungare il curriculum. A proposito di curricula, non so quanti abbiano letto il curriculum
di Prodi. Lo consiglio vivamente. Sare un'esperienza utile ed istruttiva. Dovrebbe trovarsi su internet. Il 90 % del testo consiste nella
elencazione delle lauree ad honorem
conferitegli dalle università dei più disparati Stati del mondo, dall’America
latina, all’Africa, all’Estremo Oriente. Le lauree ad honorem, si sa, non accrescono la cultura, ma il più delle volte
riempiono i vuoti curricolari; tanto più che l’individuo cui sono state
conferite continuerà, statene certi, ad esprimersi nel modo pedestre,
farraginoso ed incomprensibile di sempre. Ad aumentare non sarà la sua cultura professionale, ma saranno soltanto i
sìbili, i gorgoglii e il gesticolare fantasioso, tipico dei soggetti irrecuperabili quanto ad arte della comunicazione ed a capacità di
sintesi. I cultori della
espressione linguistica “delle
due l’una…” in genere non conoscono quasi nulla della materia loro affidata
dagli irresponsabili manutengoli governativi e dai politici corrotti e
traffichini. Tuttavia si comportano e si
agitano con ostentata disinvoltura, pretendendo di dirigere, gestire, operare,
condizionare, quando i settori della pubblica amministrazione loro incautamente affidati, quando le
frange della piattaforma professionale, non sempre ottenuta per merito personale. Spesso riescono a
conquistare posti di responsabilità nella scuola e nell’università ed il loro
devastante attivismo lascia segni profondi nelle generazioni destinate a
costituire la classe dirigente successiva. Come si riconoscono? Innanzitutto dai numerosi intercalari attraverso cui si adoperano per apparire eruditi e competenti, con il risultato di truffare gli interlocutori i
quali, nella maggioranza, neanche si accorgeranno del pessimo affare che è loro toccato. Non sempre risulta facile smascherarli. In effetti, la conoscenza dei loro
difetti presuppone lunghi cicli di frequentazione, approfondimenti e vaglio. Il
rischio è infatti quello di restare isolati nelle
valutazioni qui proposte. Ed in questi
casi, l’isolamento si paga. Ci vogliono dunque prudenza ed una forte dose di
pazienza. Quando si è certi di aver intercettato la
bufala linguistica, dietro la quale, con ogni probabilità si nasconde un somaro, bisogna subito denunciarne senza pietà la scoperta. Ad un professionista vero
non dovrebbero mancare doti quali la serietà realizzativa e la capacità manageriale.
Il suo lavoro si articola in una prospettiva di esattezza
calcolata e dimostrabile che non ammette errori. Un errore nel campo
dell’ingegneria, ad esempio, comporta il fallimento del progetto e la
conseguenza del fallimento è causa di danni irreparabili che talvolta
coinvolgono anche vite umane. Ed è così
per tutte le professioni. Non si vuole comunque
affermare che un professionista “quantaltrista” (cfr. articoli sul quantaltrismo nella Redazione Costume) sia sempre destinato al
fallimento, né che il suo frequente ricorso all’espressione “delle due l’una…” o agli altri
intercalari della serie quantaltrista lo spinga ineluttabilmente verso una posizione
di stallo generazionale di improduttività e di fallimenti. E’ comunque
molto probabile che il pericolo di soluzioni improprie o del verificarsi di disastri
causati da incompetenza, inesperienza, pressappochismo ed impreparazione, viaggi nei pressi dei pesonaggi equivoci, sfuggenti ed ignoranti. Il fatto poi che i soggetti
incompetenti, inesperienti, pressappochisti e impreparati, nel loro linguaggio
quotidiano, usino spesso e con spregiudicatezza gli ineffabili “… e quantaltro”, “come dire ?”, “delle due
l’una…”, “assolutamente”, “un attimino” , non può essere sempre casuale. Ritengo quindi utile e produttivo
stimolare la vigilanza sociale per l'individuazione
dell’incidenza del lessico adoperato sulle capacità professionali, se non altro per
orientare correttamente i propri bisogni o per non essere
truffati nelle proprie aspettative. Per concludere, se rimane fumoso il significato che i nostri
campioni vorrebbero attribuire all’espressione “delle due l’una…”, salta comunque agli occhi l’assoluta
approssimazione che caratterizza il concetto. Nessun professionista
dovrebbe infatti risolvere un problema, rilasciare una diagnosi, prescrivere una cura, spiegare un provvedimento amminisrrartivo, commentare una sentenza, concludendo con
l’espressione “delle due l’una…”. L’insignificante intercalare
potrebbe anticipare una disgrazia tecnologica, annunciare un crollo improvviso o
ancora predire un disastro ecologico, ma non riuscirebbe comunque a
tranquillizzare un cliente, un paziente, un assistito, nelle sue aspettative
di soluzioni univoche e concludenti. I malcapitati in questi casi ricevono
soltanto input che li spingono a delle scelte talvolta estreme, esagerando, tra il suicidio e l’eutanasia, allorché il professionista interpellato si rivela incapace di fornire le soluzioni ai problemi
prospettati. Quindi “delle due l’una…” o il cliente si affretta a cambiare
professionista, o più tardi dovrà constatare a sue spese di aver perso tempo e
denaro senza aver risolto alcunché ed anzi di aver
aggravato la sua situazione. A quel punto la soluzione
potrebbe essere quella di ricorrere al Consiglio dell’Ordine competente per chiedere conto e ragione ed in
aggiunta screditare l’autore del danno. Attenzione,
però: non “delle due l’una…”, ma entrambe le cose!...
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