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Forum Numero 6

Costituzione europea

Uno spettro si aggira per il Vecchio Continente


Feb 28 2007 12:00AM - Avv. Federico Petrangeli


(Rieti)
Aspettando Angela Merkel ! Potrebbe riassumersi così l’atmosfera che si respira nei palazzi di Bruxelles quando si pensa al destino di quel Trattato costituzionale firmato a Roma il 4 ottobre di due anni fa, oggetto misterioso che da allora si aggira come uno spettro per il vecchio continente. Al Consiglio europeo del giugno 2005, dopo la doppia batosta del no referendario in Francia e in Olanda, i governi europei decisero di prendersi un “periodo di riflessione”, un anno di tempo per far decantare le acque e aspettare tempi migliori per le prospettive europeiste. In quell’occasione, respingendo proposte anche ragionevoli, fu pure deciso di mantenere invariata la procedura per l’entrata in vigore del Trattato costituzionale. E’ rimasta dunque in piedi la regola secondo cui la Costituzione europea deve essere ratificata da tutti gli stati membri, e finché non arriva l’ultima firma, fosse anche quella di Malta o del Lussemburgo, il testo non può entrare in vigore. Dopo dodici mesi di “riflessione” i capi di Stato e di governo dell’Unione si sono rivisti a Bruxelles a giugno di quest’anno, sotto la presidenza austriaca, ma solo per dirsi che non c’erano grandi novità e che nessuno degli ostacoli sulla strada della Costituzione europea era stato superato. Così non c’è stato di meglio da fare che decidere di prolungare il periodo di riflessione per altri dodici mesi, sperando che il governo tedesco, che assumerà la guida dell’Unione dal primo gennaio del prossimo anno, riesca ad imprimere una qualche svolta al faticoso cammino del testo costituzionale. Ovviamente né Merkel né gli altri esponenti della grosse koalition che governa a Berlino hanno la bacchetta magica per risolvere i problemi del vecchio continente. In molti si aspettano però che la Germania assuma per l’occasione quel ruolo di traino politico dell’Europa che per tanti anni è stato svolto dagli amici-nemici francesi, questa volta attardati da un difficile passaggio di politica interna. E la speranza è soprattutto che, nei primi mesi del 2007, la ripresa economica appena avviata, ancora una volta proprio in terra tedesca, cominci a far sentire qualche effetto anche negli altri paesi, assicurando un’iniezione d’ottimismo a un continente che appare sempre più stanco e ripiegato su se stesso. La situazione in cui si aprirà la presidenza tedesca non è però, sul versante della Costituzione, come del resto su molti altri, particolarmente incoraggiante. Attualmente il Trattato costituzionale è stato ratificato da 15 Paesi. Tra quelli più popolosi ci sono, oltre all’Italia, che ha approvato il testo (molto in sordina) nell’aprile dello scorso anno, la Germania e la Spagna (unico stato, oltre al Lussemburgo, dove c’è stato un referendum che ha avuto esito positivo). Hanno approvato il testo anche i tre paesi baltici, Estonia, Lettonia e Lituania (che ha bruciato tutti sul tempo, approvando il testo un mese dopo la firma di Roma), e poi il Belgio, l’Austria, la Grecia e i tre stati più piccoli dell’Unione (Cipro, Malta e Lussemburgo). Tra i paesi dell’ex blocco socialista hanno detto di si soltanto l’Ungheria, la Slovacchia e l’Ungheria. All’appello mancano quindi ancora parecchi paesi. Per alcuni si tratta solo di aspettare che le procedure di ratifica, facciano il loro corso, come per la Finlandia, che ha promesso di approvare il testo prima della fine della sua attuale presidenza di turno (che si conclude il 31 dicembre). In altri paesi, invece, la questione è politicamente assai più complessa. In alcuni (Irlanda, Danimarca, Portogallo e Repubblica Ceca) il referendum già previsto è stato stati rinviato a data da stabilirsi. Nel Regno Unito, il governo laburista ha giocato una partita politica abilissima: ha atteso l’esito dei referendum in Francia e in Olanda, e subito dopo ha annunciato la sospensione del proprio procedimento di ratifica, evitando così per una volta di apparire come la solita pecora nera dell’integrazione. In Polonia, altro peso massimo dell’Unione, se non altro per motivi demografici, l’ondata conservatrice che ha portato i due gemelli Kaczynski ai vertici dello Stato non promette niente di buono in chiave europea, dopo che già nel 2004 la bassissima affluenza al voto europeo aveva indicato che la riunificazione del continente non aveva sollevato grandi passioni. I problemi più grossi, però, si hanno in Francia e in Olanda. Le motivazioni che hanno spinto la maggioranza dei cittadini di questi due paesi a votare contro il Trattato costituzionale sono state le più diverse: dal nazionalismo xenofobo di Le Pen e compagni fino alle preoccupazioni di dumping sociale espresse da parte della sinistra radicale. Anche se l’esito referendario è dunque politicamente meno significativo di quanto possa sembrare (perché è la somma di posizioni tra loro molto disomogenee), resta il fatto che una decisione espressa direttamente dal corpo elettorale può essere cambiata solo con un atto uguale e contrario. A meno di utilizzare qualche stratagemma istituzionale, in entrambi i paesi sarà dunque necessario chiamare di nuovo al voto tutti i cittadini. In passato in altre occasioni simili (referendum danese sul Trattato di Maastricht e referendum irlandese su Nizza) ci si è tolti dall’impaccio con qualche modifica al testo sottoposto al voto, prevedendo un trattamento speciale sulle questioni più criticate. Questa volta è però tutto più complicato. Come si possono inserire trattamenti diversificati ed eccezioni nazionali in un testo che aspira ad essere una vera e propria “Costituzione” ? E come sarebbero accettati dagli altri paesi? E d’altronde come si potrà giustificare un nuovo referendum sullo stesso testo sui cui il corpo elettorale già si è espresso? Questioni, come si vede, di tutt’altro che facile soluzione. Speriamo che di qui all’inizio dell’anno nuovo (e della presidenza tedesca), il cielo sopra l’Europa si rassereni. Ma perché ciò avvenga non si può contare solo sui movimenti atmosferici. Bisogna che in Europa, accanto ai mercati finanziari, alle etichettature dei prodotti e ai sussidi agricoli, torni in scena anche la politica, intesa come capacità di rappresentare qualcuno allo scopo di fare qualcosa, scegliendo tra opzioni diverse e assumendosi la responsabilità per quanto si riesce a fare. Quando c’è bisogno di un “periodo di riflessione”, in una coppia, il più delle volte significa che le cose stanno andando davvero male, e da quel momento in poi si riflette soprattutto su come chiudere il rapporto senza farsi troppo male. Speriamo che non sia così in quella strana famiglia allargata che è l’Unione europea, e che invece, in questi mesi, si riscoprano davvero le ragioni per cui, nonostante litigi, interessi divergenti e gelosie nazionali, sono ancora più forti le ragioni dello stare insieme. Magari anche attraverso un testo come quello approvato a Roma due anni fa, che non è certo la migliore Costituzione del mondo (e anzi non è neanche una Costituzione vera e propria), ma che se non altro promette istituzioni più efficienti e una migliore protezione dei diritti fondamentali.

 

 

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