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L’aborto eugenetico Piccola passeggiata giuridica Mar 30 2007 12:00AM - Avv. Alessia Mostocotto (Rieti) Nello scorrere le pronunce della Suprema Corte di Cassazione dell’anno 2006 ci è tornata alla mente, attuale e gravosa, la questione dell’aborto eugenetico. Qui, senza risvolti etici e/o morali, ci si soffermerà sull’orientamento della Suprema Corte di Cassazione che con sentenza n. 16123, richiamando quanto già statuito con la propria pronuncia n. 14488/04, ha negato la ammissibilità e la configurabilità nel nostro ordinamento, appunto, dell’aborto eugenetico. Nel caso di specie, in estrema sintesi, si contesta ad un sanitario ed alla Azienda in cui lo stesso opera la mancata comunicazione ad una gestante delle malformazioni del feto, conseguentemente imputandosi agli stessi il mancato ricorso da parte dei genitori del nascituro ad una interruzione di gravidanza connessa alla presenza di tali malformazioni. Ebbene, sul punto gli ermellini hanno negato, così rimarcando un orientamento che ormai appare granitico, un diritto del nascituro “a non nascere” o a “non nascere se non sano”, viceversa affermando e ribadendo come il nostro ordinamento preveda per il nascituro esclusivamente un diritto positivo a nascere ed a nascer sano. Il fondamento giuridico di tale soluzione interpretativa poggia sul combinato disposto di cui agli artt. 4 e 6 L. 194/78 secondo cui: a) l’interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, sia esso serio o grave; b) l’esercizio di tal diritto compete esclusivamente alla madre; c) le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano esclusivamente nella misura in cui possano cagionare un danno alla salute della gestante. Ancora, la tesi in riferimento è stata dalla Suprema Corte arricchita dell’ulteriore considerazione secondo cui a) il diritto a non nascere sarebbe, ove configurabile, un diritto adespota, privo di titolare fino alla nascita, momento, questo, in cui il diritto stesso risulterebbe non esistere più; b) ipotizzare un diritto del concepito a “non nascere” significherebbe configurare una posizione giuridica con titolare solamente (ed in via postuma) in caso di sua violazione, in difetto della quale (per cui non si fa nascere il malformato per rispettare il suo “diritto di non nascere”) essa risulterebbe pertanto sempre priva di titolare, rimanendone conseguentemente l’esercizio definitivamente precluso. Da queste considerazioni, e poiché l’interruzione di gravidanza al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 4 e 6 L. 194/78 oltre a risultare in ogni caso in contrasto con i principi di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e di indisponibilità del proprio corpo ex art. 5 cod. civ., costituisce reato anche a carico della stessa gestante, essendo per converso il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie, ad essere propriamente – anche mediante sanzioni penali – tutelato dall’ordinamento, la negazione della configurabilità e ammissibilità nell’ordinamento giuridico italiano dell’aborto eugenetico che prescinda dal pericolo derivante dalle malformazioni fetali alla salute della madre.
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