GRAFFITI-ON-LINE.COM

 

2002-2024 Graffiti-on-line.com

Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati.


Silloge

Vi racconto la mia vita ...

Le pulsioni di un poeta contemporaneo


Jun 1 2007 12:00AM -


(Foligno (PG))

Indice:

 

 

NUVOLE  (1983)

Le nuvole : matasse sinuose

che affogano lente nel loro mare.

Infinite. E gioiosamente bianche:

s’intersecano

in una lotta pacifica

per colmare forme vive , umane.

Disegni che restano incielati.

Come i sogni,

silenziose si specchiano nel mondo,

e poi vanno a scomparire

nel rosso dell’orizzonte più lontano.

Le nuvole: arcani movimenti

che svelano ricordi,

meravigliose. Silenziose amiche del vento:

s’addensano

nello spazio indefinito,

nell’azzurro opaco

di  questo spicchio di cielo.

Corrono

mosse dal vento

come schiuma di mare in tempesta.

Ed io sono

Quel leggero vascello

Che le cavalca,

e scivola via per terre lontane.

(Italialettere Anno II n. 6  giugno 1984)

Torna su

 

ACQUE D’ABBRUZZO (1983)

Ginestre fiorite lungo la strada

sfumano nella  velocità del tempo,

un bagliore opaco

sul profilo bruno delle montagne.

Come il mistero del vento

che canta tra i boschi

d’oleandri la sua nota d’argento.

E ti chini a sfiorare l’acqua

fresca di torrente, per fermarla.

Così come l’attimo evanescente

di posseder cogli occhi queste terre.

E nel sole già basso ai vetusti tetti

ti prende quella malinconia

che s’accompagna ai ricordi

e alle cose perdute.

Nel cielo terso vedo già l’infinito.

(Antologia Pometina Vol.I E. Pomezia-Notizie 1985)

Torna su

 

IL VOLO LIBERO (1985)

E’ un dilemma come altri.

La nostra esistenza

è una pozza d’acqua gelata.

Quanti fiumi il vento ha valicato d’un passo

e quanti crocevia di scelte abbiamo affrontato

da soli.

La vita è una città  senza sole,

dalle strade smisurate

che non puoi vedere mai l’orizzonte.

Eppure il gioco, questa pietà che sgorga labile

è sempre la stessa ogni sera.

Allora per non morire

mi inventerò un giorno infinito

uno di quegl’attimi

che gli artisti dipingono nel cielo

solamente.

uno di quei voli liberi

che traccia il tuo fiore

quando cade su me.

(Antologia Pometina Vol.II E. Pomezia-Notizie 1986)

Torna su

 

DIFFERENZE (1989)

L’uomo muore.

E’ un pezzo di biologia

imperfetta.

L’uomo vive.

E’ un volo d’anima

Sopra i pensieri.

(Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

Torna su

 

AUTORITRATTO (1989)

Sono disperato

Di quella tristezza

Inutile che prende

La sera.

Sono uno sconfitto

Felice dei desideri.

(Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

Torna su

 

OGNI VOLTA  (1989)

Caparbia la china

Di passi e struggenti

Come foglie raccolte

Momenti.

Uno cerca la via

E la smarrisce ogni volta

(Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

Torna su

 

ENIGMA (1989)

L’enigma è come facciano

A nuotare le stelle:

ma poi le domande

finiscono per rispondere

e le stelle mi accontento

di guardarle

senza capire.

(Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

Torna su

 

MILANO (1995)

Il vero viaggio è quello senza ritorno

Lungo la strada disegnata dalle stelle

Incendiare i giorni della memoria

I muri dipinti dai sogni nostri

Milano è una ragnatela

Di fili d’acciaio

Il tram si inerpica nel dedalo

Dei palazzi nuovi.

Una notte portata via dal Naviglio

Ho visto il cuore immenso della città

Accesa di mille luci fluorescenti

Pulsava nascosto lontano dagli occhi

Indiscreti dei sentimenti.

Una vera città del futuro.

Sono stato felice un sospiro

Di attimo dimenticato

Il necessario ritorno

Alla fine d’ogni gesto.

(Raccolta Ansol 2000 - Milano)

Torna su

 

ACCADE  (1995)

Accade di remare il vento

Come se fastidiosi punti di luce ovattassero

Quello che resta della città

Il centro della notte scorre via

Appagato di leggera brezza della vita.

Accade di calpestare le orme

del déjà vu come librato volo

di noi sopra le cose tangibili

quello che resta della memoria.

Rigurgitato fuori dal buio prepotenza

Dei ricordi e dei sogni sul presente

L’invisibile ricerca in fondo alle mani

Quel che resta dell’impossibile amore

(Raccolta Ansol 2000 - Milano)

Torna su

 

A SIENA (1995)

Or voglio, ma l’anima ne freme dolcemente

Rammentarci di un pomeriggio presto

Prima ancora che l’estate sia il sole del Palio

Che salimmo in cima alla città e di quel giorno

Noi due ne siamo segreti testimoni.

Il Duomo, i tetti rossi e il Mangia

Oscillavano al vento insieme ai tuoi capelli

E lo sguardo non si stancava di viaggiare.

C’era il silenzio immaginario delle case

Viste di lontano e potei ascoltare almeno allora

Le parole non dette dalle tue labbra.

Or voglio ricordarmi, amica mia,

con l’anima rapita da un oceano chiuso

sporti da quell’angusto merlo di tre metri

in cima a Siena e in mezzo al cielo intero

ci siam sentiti liberi davvero.

(Raccolta Ansol 2000 - Milano)

Torna su

 

UOMINI (1994)

Ho perduto un piede

Ed una mano cadendo

Dalle rovine dell’incertezza

Adesso così storpio valico

La linea d’ombra

Nasco di nuovo, o Padre

Partorito dal tuo dolore

Oltre il confine

Che ci fa uomini

(da Dopo il Primo Luglio. Da pubblic.)

Torna su

 

VITA   (1995)

Dio o de io,

ovunque la vita mi porti

dubbi o certezze di pioggia

amo e d’amor vivo

divoratore di sogni

ancora un minuto

di libertà

(da Dopo il Primo Luglio. Da pubblic.)

Torna su

 

LA  PORTA (1995)

Odo l’acre miasma

Della pianura nera

Che m’ avvolge e nasconde

Di certo i passi dell’andare

Lento e faticoso e in gola

Al ponte oltre la ferrovia

Danzando in silenzio

Un corteo di fantasmi

Mi ha preso per mano

Spettri di giorni incendiati

Nel caos del niente

Urlanti del dolore perduto

Senza rotta la vela

Strappata dalla tempesta

Così ho raggiunto la casa

Ed ho chiuso bene la porta

(da Dopo il Primo Luglio. Da pubblic.)

Torna su

 

RACCONTO            (1999)

Vi racconterò forse

Della pista di terra

tonda come anfiteatro

delle tiepide gocce di sudore

della paura dietro i giorni

del non ritorno

della guerra vi racconterò

Vi parlerò forse

Del vuoto dentro l’anima

Il silenzio dietro le parole

Vuote di carne straziata e sangue

Degli uomini scheletri

E della loro guerra vi parlerò

Forse starò da parte zitto

Senza ricordo alcuno

Torna su

 

DIARIO DAL KOSOVO (28 giugno 1999)

La terra che scorre sotto le ruote

E il tempo che mi trascina

Corpo morto passivo verso lontano

Quest’anima senza più anima.

Ho pensato tutto il giorno a te

Insistentemente raccogliendo come fiori

I ricordi con una sola certezza

Sono inesauribili vie da percorrere.

Ho sognato una grande nave grigia

Uno di quei battelli da guerra

Col portellone carico di soldati

E mezzi e armi e vicina invisibile

La costa d’Albania da raggiungere.

Così è stato. Venti ore lasciate passare

Sul mare placido e benevolo

Una crociera noi scherzavamo

Prima della tempesta annunciata.

Torna su

 

DIARIO DAL KOSOVO II (30 giugno 1999)

Alla finestra dell’Albania

Stanno milioni di bambini piccoli e sporchi

A salutare i cingolati dei vincitori

Come nei ricordi dei padri e delle madri

Come in certi vecchi e nuovi films

Le manine alzate le vocine acute

Gridate con una rabbia non fanciullesca

italiani, cioccolata

un po’ come gli americani mi sento

cinquant’anni dopo le stesse case bruciate

le stesse donne ai bordi delle strade

delle vie di sabbia e sassi

i negozi devastati i tetti sfondati.

Il dopoguerra coi carretti appena in piedi

A portare qualche frutto qualche verdura

Ma i visi della gente inspiegabilmente felici

Docile semplice apparenza

Nei dopoguerra!

Torna su

 

INCUBO  (4 luglio 1999)

Il corpo soffre la febbre e la sete

Il sogno ti raggiunge da questa stanza

In solitudine piccola prigione.

Pago il fio della mia ricerca

Che ora appare sciocca e vana

E ne conosco il prezzo la lontananza.

Ho bisogno di te e della tua voce

Del tuo semplice coraggio

Ti amo e non potrò dirtelo stasera.

Spero nei fumi della febbre

Che da sogno si fa incubo

Di leggere la fatidica scritta “in rete”

Sul display del mio telefono cellulare

Ma il miracolo tecnologico non avviene

Il desiderio arde come la malattia

Perché vorrei stare con te.

Il tempo non corre, passeggia

Sul mio corpo e lo martorizza.

Ti amo però e lo sto scrivendo!

Sogno quando leggerai queste righe

Ed io le stesse delle lacrime sulle guance.

Torna su

 

IL NOSTRO DESTINO (Decane 2 agosto 1999)

Ballano le anime dei morti

Dinanzi a noi indiscreti visitatori

Caduti trucidati di questa guerra

Irta è la strada per la pace

Su queste fosse di fango

I monti incendiati vediamo

Immobile il corpo senza testa

Vacilla nelle acque tortuose

Non c’è più poesia

In quella morte

Della sua putrefazione

Immondo e gonfio

I suoi invisibili occhi

Guardano il nostro destino

Di uomini in guerra

Torna su

 

RITORNO DAL KOSOVO    (27 agosto 1999)

Ho paura del tempo

Il vuoto interposto agli attimi

Il relativo silenzio interrotto

Dal brusio di fondo

Lontana reminescenza d’altri

Voci confuse e di notte

Bagliori di luminescenza

La nave salpata dal porto

Ha reciso qualcosa di invisibile

Ma rimane sugli avambracci

Chiusi all’aria fredda della sera

L’indelebile cicatrice delle ferite

Inferte dalla memoria.

Il ciclo delle nostre lune

ha inghiottito in un’eclissi

tutti i pensieri inespressi

le parole dette e ripetute

a noi stessi, tutto lo spazio

della lontananza.

Un’onda di chiara schiuma

Ha inabissato la vita un attimo

Prima poi domani sarà

Il sereno risveglio del ritorno.

Non avrò paura di rivederti

Del mio viso allo specchio

Del perduto tempo e di quello ritrovato

Dell’amore sopito abbandonato

In fondo allo sguardo

Nell’angolo segreto delle mani.

Domani ti abbraccerò di baci

Torna su

 

LUNGA NOTTE   (20 settembre 1999)

Una totalità di stelle

Pesante fardello appeso

Alla solitudine del cielo scuro

Tra gli alberi e le loro ombre

Ho visto un uomo stanco

Accovacciato a terra

Nettarsi del fango con le mani

Si è alzato a guardare la notte

E sembrava immensa e lunga.

Torna su

 

KOSOVO IN GUERRA      (dicembre 1999)

Spartitevi le colpe degli avi e le vostre

Pietà per il nero assassino ho chiesto

Aveva il corpo divorato dai vermi

E lo scalpo trascinato nella polvere.

Ho visto una guerra ed è stato mia

Miei i bambini senza voce

Mia la tristezza del vecchio davanti

Alle macerie che furono casa.

Mio il dolore della sposa bambina

E il suo calice di soda caustica da bere.

Deponete le armi dell’odio

Ho percorso i chilometri della vostra terra

Montagne innevate e boschi d’abete

Ho salito come fosse il mio Abruzzo

Per trovare una casa isolata

E le sue dodici tombe.

Non chiedevano vendetta per loro

Il vento le aveva già nettate

Del sangue degli uomini e del pianto

Delle donne sole.

Chissà chi di voi avrà speranza o futuro

Ho visto le immense solitudini

Lo sguardo della violenza e la voce dell’odio

Ho voluto guardare fino in fondo

La guerra e la sua rovina

Non ho trovato risposte né ragioni

Non c’erano e non ci saranno vincitori.

Torna su

 

TRACCE       (2000)

Sancire l’inizio del millennio

Il nostro abuso sul tempo

L’ineluttabile necessità di vivere

Appoggiati fieramente al confine

Valli e monti di deserto

Sabbia sopra e sotto l’acqua

Sono uomini che vengono da lontano

Nel cielo annunciati da nessuna stella

Al posto degli occhi dardi fiammeggianti

Ora spenti alla fine del viaggio

Tracce di secolo rechiamo loro in dono

Brandelli di carni dal filo spinato strappate

Odore acre di guerra perduta e morte

Dalla periferia della terra e nei visceri suoi.

In fondo a tutti i naufragi nel volo nero dei cormorani

Ombre e flutti avvolti e intrecciati come mani

Nel  nucleo incessante dei pensieri umani

Abbiamo intravisto due fantasmi segnati dal dolore

Il morbo come Cristo sulle mani e sui piedi

Un occhio splendente al posto della croce

Abbracciavano quei delitti su barche annerite

“non c’è pace senza giustizia”

Torna su

 

CORRISPONDENZE         (2000)

Ancora nel cielo ricolmo

Di nubi cerebriformi

Arabeschi dei venti giunti

Con silenziosi sussulti

Dall’altrove invisibile

Cosa vede l’uomo alla finestra

E la sua ombra clonata

Dall’altro lontano emisfero

Balzo di arrugginite lancette

Incompreso tictac corrispondente

Perché lo stesso sguardo cela

L’uguale disegno di pensieri

Arditi oltre le dimensioni comuni

Specchio attraversato dello ierioggi

Fin dentro quelle carni vive

Dolcemente insicuro di esistere

Torna su

 

CANTO DI SARAJEVO     (2000)

Il tram colorato sfida il viale

Che fu dei cecchini

Attraversa rumoroso la strada

Calda di primavera a Sarajevo.

Il giorno duemila significa

Che non c’è più il fucile

Ad aspettare la donna

Uscita a fare la spesa.

Non c’è più neanche quella donna.

Corrono col tram dietro i vetri

I visi di altre donne nel dopoguerra

Il vestito e il trucco nuovo

Il giorno atteso di festa.

Non raccontano al primo venuto

Le loro indicibili sofferenze

Di bambine smarrite e la paura

Di madri di figli partiti spariti

Dalla guerra inghiottiti.

Lungo le vie il popolo della Bosnia vive

Senza chiedersi come sia potuto accadere.

Testimone muto il muro in mille fori

Artistico ghirigoro eco di anni senza silenzio

Ora regna tra le carcasse di auto

Da portar via e i grattacieli

Ricostruiti a fianco degli scheletri

Di cemento è stato dicono

E non possono mentirci.

Sotto i ponti di metallo scorre la vita

In tempesta color amaranto

Il sangue versato prosciugato

È diventato vendetta.

Canta ora il dio delle moschee

Un minareto all’opposto della valle

Risponde e diffonde il pianto

Dell’umanità disgraziata e ci regala

Il desiderio di pace sulla città.

Un contadino ha deposto il fucile

Con la vanga dissoda il campo

Vicino il figlio salta e gioca

Come in ogni luogo del mondo

Il padre ha il viso di rughe profonde

E gli stivali dei cosacchi.

E’ stato un soldato e il canto di Sarajevo

Era per lui l’ululato dei mortai dalle colline

La sua guerra santa contro

La guerra santa degli altri.

I suoi figli adesso correranno su una terra

Che fu degli Ottomani e degli Asburgo

Qualcuno gliela fece sognare serba

Non sarà di nessuno, solo di chi

Saprà sopravvivere al fratricidio.

I suoi figli lo sa avranno vacche denutrite

L’odio e la vendetta dei figli di altri soldati

Forse non moriranno presto su una mina

Lasciata lì da chissà quale nemico.

I suoi figli avranno montagne e abeti

Inverni gelidi e di nuovo il canto dell’estate

Si diffonderà su Rogatica e Sarajevo

Umiliati, dimenticati avranno vinto lo stesso

Loro bambini che corrono lungo la strada

Gli stessi di Pec o di Mogadiscio

E noi grandi soldati che non sappiamo

Distinguere se serbi o croati o musulmani

Ci fanno abbassare le armi e lo sguardo

Ci illuminano il cuore di uomini lontani da casa.

Quelle voci di bambini

Vengono a dirci in una lingua ignota

Ma così facile da capire

Che il canto di Sarajevo

Non è il silenzio della città vuota

Perché loro non possono morire.

Torna su

 

TRA LE BRACCIA DEL PADRE    (Bricherasio 28 ottobre 2000)

Se noi sapessimo spendere

Quel grande silenzio

Le chiome spumeggianti del mare

Iride profondo del viaggio

Aldiquà della vita

Se noi sapessimo parlare

La voce urlante del bisogno

Il segreto onirico dei sentimenti

Timpano solleticato che si fa

Grancassa e un sonno leggero

Tra le braccia del padre

Se noi sapessimo vivere

Torna su

 

DA PADRE A FIGLIO  (13 novembre 2002)

 Ti insegnerò la pioggia quando viene

A Novembre lugubre sui muri grigi

Ti insegnerò il ricordo che sussurra

All’animo triste e gli reca conforto

Il sole dietro i palazzi farsi basso e gigante

Il correre veloce delle ombre dietro i giorni

E gli attimi terni dell’amore nostro

Ti insegnerò le ore dell’orologio appeso

Al muro della cucina e il suo datario perpetuo

Ti insegnerò quel vetro infranto dall’abbandono

Una luce accesa per sempre

La via percorsa per chilometri con lo stesso passo

Le belle bandiere e il poco vento a farle vela

E lo spavento in fondo alla strada finita

Ti insegnerò le parole di una canzone

Quando viene il sole a farci ballare

Ti insegnerò che non basta vivere

Dobbiamo amare e cercare

Il sapore salmastro del mare chiuso dentro

La mano di sabbia e domani qualcuno sarà

Ad aspettarti per riprendere il viaggio

Torna su

 

PREGHIERA  (2002)

Cenere e pioggia hanno fatto brulla

La strada e il muro che corre cadente

Ferito e piegato è rimasto trafitto

Dall’eco del boato lontano

Tutta la notte a cercare

Tra le macerie inutile sfida

Alla morte certa sorella matrigna

Terra e fuoco in un solo ardere

Le tende e i letti in fila

Un’altra notte senza nome

Un numero nella lista degli sfollati

E fiori deposti in silenzio

Gli occhi vuoti di lacrime

Madri e padri senza figli

Una preghiere lascio scivolare

Pere quei piccoli angeli

Torna su

 

GUERRA      (2002)

Pensa quante volte ti ho scritto ti amo

E non è bastato a consolarci

Quando fuori infuriava la battaglia

E ancora adesso c’è puzzo di morte

Esala dai campi abbandonati

E dalle macerie ricomposte

Pensa quante volte hai visto

Un bambino morire per sbaglio

O deliberatamente fatto bersaglio

Perché il sangue innocente

Lasciasse la sua indelebile traccia

Pensa quante volte ti ho raccontato

Quando vestito da soldato

Sono andato a raccogliere i fantasmi

Delle nostre guerre da telecomando

E non sono più tornato

Pensa all’immane oceano di sofferenza

Che stenta ad inondarci da lontano

Ma è questione di giorni forse di ore

E vedremo le stesse immagini notturne

La nostra guerra già vinta

Una interminabile fila di prigionieri

Con le mani sul capo giunte

Canta e prega l’agonia degli uomini

Continuo a sentire quel lamento

Mi turo le orecchie ma lo sento più forte.

Torna su

 

FIGLIO  (2004)

Ho fatto un figlio

Una mattina d’inverno

Che il sole caldo esplodeva

Già fuori della finestra

Intravista nel viaggio

Giorno d’Africa lontana

Momento irripetibile

Sembrerebbe al caso.

Ho vissuto senza aspettare

E ho avuto ragione.

Prendere a piene mani

Il sangue della vita

Dissetarsi dell’aria stessa.

Non celarla nel profondo

Di dolore e paura.

Urla figlia mia

Così che io

Possa ascoltarti.

Torna su

 

PRIME   (2005)

Versi  di fine millennio

Raccolti tra i sassi

Di luoghi remoti

Ove l’anima nera diventa

Fatta di sogni e bugie

Il ritorno dal viaggio

Una nuova partenza.

Versi del terzo millennio

Speme di pace e sconfitta

Raccolta di altre parole

Città diverse vissute

O intraviste soltanto

Non ho ascoltato esperanto

Ho guardato di nuovo le guerre.

( Da Prime  edito in proprio Roma 2006).

Torna su

 

DOMANI    (2007)

Fissa un tempo che non esiste

L’immagine e le parole sono

La notte breve e il sogno

La strada segnata del ritorno.

Ascolta la casa e il silenzio

Non passa nelle porte aperte

Ristagna aspettando un sempre

L’ultima fila degli scaffali.

Guarda il tempo attraverso

Un ponte che non ho valicato

Profumi sulle siepi dipinte

Il fastidioso ronzio degli insetti

Sospingi l’attesa di ore

E finalmente l’amore

È il senso che dà la vittoria

Il domani esiste.

(inedito)

Torna su

 


 

 

2002-2024 Graffiti-on-line.com - Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati.