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I due Santoro

Cognomi uguali. Persone diverse.

Per ogni martire che muore, dieci, cento, mille provocatori continuano a campare


Feb 10 2006 12:00AM - C. SARCIA'


(Rieti)

 

Vero che “C’è un Giudice a Roma!” Ma per fortuna esistono gli avvocati. Mentre un Santoro sedicente giornalista televisivo faceva l’indiano in Italia, cioè faceva finta di non vedere e di non sentire, un altro Santoro, prete, veniva assassinato a Trebisonda in Turkia da un terrorista islamico integralista.

 

Personaggi enormemente diversi questi Santoro, pur se accostabili nel cognome.

Il primo intransigente e facile alle violenze verbali: le parole di Santoro sono pietre e quando si scagliano parole che sono pietre, si commette violenza. Il secondo mite, un missionario, un evangelizzatore vittima della violenza, quindi un martire, condannato a morte senza alcuna colpa, senza processo e senza nessuna possibilità di difendersi. Dai giornali vaticani apprendiamo:

“ L’ultimo commosso abbraccio ad un martire cristiano: migliaia di fedeli hanno partecipato stamani ai funerali di don Andrea Santoro, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. La Messa esequiale è stata presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini che si è soffermato sull’esempio di coraggio cristiano offerto alla Chiesa da don Andrea Santoro ed ha annunciato che intende aprire la sua causa di beatificazione.

 

Il primo uomo che difese il suo simile contro l’ingiustizia, la violenza o la frode, con l’influenza della ragione e della parola, quegli fu il primo avvocato.

Sono trascorsi certamente millenni dacché un uomo generoso ed altruista assunse per la prima volta la difesa di un soggetto prevaricato o ingiustamente accusato, contro un prepotente o davanti ad un giudice saggio che accettò di ascoltare che una difesa fosse almeno formulata. Quello fu il primo tribunale della civiltà umana.

Altri tribunali sorsero dopo di allora, che permisero che uomini colpevoli di  aver usato violenza contro altri uomini inermi e indifesi fossero condannati a scontare pene equivalenti al crimine perpetrato e che uomini vittime di frodi o di violenze venissero risarciti del danno patito. Quella che è una conquista dell’uomo giusto sull’uomo malvagio, il riconoscimento del ruolo dell’avvocatura e l’istituzione dei tribunali, deve darci la speranza che l’assassinio di don Santoro venga adeguatamente punito.

 

L’inaspettata morte del Santoro missionario lascia sgomenti. Rivela tutto l’odio che alberga nei cuori malati e nei cervelli folli di consistenti parti di popolazioni che si dicono evolute ed integrate nella società civile, ma che in  realtà non conoscono affatto gli itinerari ed i passaggi dell’evoluzione civile e dell’integrazione, perché non gli sono stati insegnati, perché la loro civiltà ne è priva, non li persegue, ne diffida.

Si tratta quindi di popolazioni arroccate da molti secoli su posizioni morali ed etiche immutabili, sorrette da ideologie che coincidono con un modo selvaggio e crudele di interpretare la legge naturale.

 

Quindi le possibilità che un avvocato non contaminato da ideologie islamizzanti possa perseguire ed ottenere nelle apposite sedi tribunalizie turche una adeguata condanna del responsabile della morte del missionario Santoro sono vaghe e inconsistenti.

 

Con i suoi sermoni sul relativismo Benedetto XVI ha un  bel dire che la civiltà occidentale ha perso la consapevolezza dei sentimenti che albergano nella natura umana fin dalla creazione, così volendo indicare ai governi del vecchio e del nuovo continente una via privilegiata, quella del diritto naturale, da seguire nella formazione delle leggi che regolano la civiltà occidentale. Una via che si dovrebbe sovrapporre agli ermetismi della democrazia, i quali prevedono che la legge sia il risultato di un voto parlamentare e quindi l’espressione della volontà di una maggioranza.

Mentre i suggerimenti che provengono dalla legge naturale non offrono possibilità di contrattazione o di scelta a favore di una tesi piuttosto che di un’altra.

Il Papa in realtà non fa che condannare la tendenza dei governi di far passare con leggi “democratiche” concetti che avallano le unione gay, l’eutanasia, l’aborto e la sperimentazione sugli embrioni.

 

Sta di fatto che il discorso del Papa, qualora fosse assunto come elemento di analisi dell’organizzazione sociale, politica ed amministrativa della civiltà islamica, a parole assumerebbe una analoga credibilità ed importanza, ma nei fatti la realtà è ben altra. La legge naturale così com’è intesa nella “civiltà” araba e mediorientale non ha mai preso le distanze dai naturali sentimenti di vendetta che pure si annidano nella natura dell’uomo fin dai tempi della creazione. E’ partendo da questi sentimenti, che nella civiltà cristiana sono stati mitigati dall’insegnamento evangelico del perdono, che nasce l’incompatibilità tra le civiltà occidentali e quelle arabe e mediorientali, i cui individui ritengono essere un diritto la pratica individuale della vendetta, con le conseguenze che illustrano le cronache più recenti, non solo in Turkia, e che caratterizzano l’intero excursus dei popoli arabi fin dall’avvento di Maometto (che Dio lo perdoni per i risultati devastanti della sua predicazione).

 

Tornando al Santoro giornalista Rai (indiano per hobby), la parabola che ne illustrerà la vita e la carriera, per sua fortuna non si è ancora compiuta. Ma quando si sarà conclusa, quale ne sarà il bilancio, visto che in vita si è sempre dedicato alla persecuzione di individui che avevano la colpa di pensarla in modo diverso da lui?

Le sue pseudo inchieste ed i suoi roboanti proclami si sono indirizzati sempre contro una determinata fascia politica, quella moderata facente capo a Berlusconi. Nessuna traccia a Samarcanda, come ad Anno Zero, di giornalisti televisivi super partes che narrano gli eventi così come sono accaduti, senza suggerimenti nichilisti e conclusioni politicizzate. La televisione di Stato dovrebbe perseguire lo scopo di arricchire la conoscenza offrendo agli ascoltatori spunti per valutare, soggettivamente oltre che oggettivamente, il quadro politico, piuttosto che insistere su particolari ininfluenti nel tentativo goffo e destabilizzante di ingigantirli creando allarme sociale, confusione ed inquietudine.

 

A ben vedere, è come se Santoro nella sua vita di giornalista televisivo, avesse sempre e di preferenza sparato sulla Croce Rossa. E’ vero che certi personaggi sopra le righe il più delle volte se la vanno proprio a cercare, ma è anche vero che Santoro non gliene ha mai lasciato cadere neanche una.

Nel frattempo i suoi amici di partito trafficavano indisturbati con la politica locale e nazionale, da Reggio Calabria alle Alpi, passando per Napoli, Bologna, Genova e Torino. Ma per Santoro erano irrilevanti le manovre di aggiotaggio, le svendite dei pezzi pregiati del patrimonio dell’IRI, e così via discorrendo. Ciò che lo gratificava era soltanto crocifiggere la politica di Centrodestra, perché sapeva benissimo che non gli avrebbero mai permesso di fare lo stesso con i belzebù della sinistra italiana, troppo furbi ed introdotti, troppo accorti e smaliziati per accettare il rischio di cadere nella trappola della giustizia italiana.

 

Santoro ha sempre costruito ed arredato il suo teatro di posa con bugie e travisamenti della realtà, con falsità e rappresentazioni paradossali, scegliendo gli intervistati e selezionando gli interlocutori, senza lasciare mai spazio al contraddittorio, senza alcun rispetto per le ragioni altrui.

 

Bugie e falsità a iosa quindi, artatamente orchestrate, con il sostegno di individui addestrati per diffamare e formulare accuse con la scorta di testimoni reclutati nelle fortezze politiche e sindacali di facile coinvolgimento. Il fedele Travaglio Marco gli fa da spalla, ma dei suoi racconti surreali sono veri soltanto la data, il luogo, i personaggi e la scena, ma il resto della storia è, solitamente, quasi del tutto inventato, mal rimontato e copiaincollato, ed è sempre  più spesso il frutto bacato di una fantasia contorta, animata da una cattiveria spietata e da un odio politico maldestramente camuffato da buonismo e addomesticato con sorrisi sardonici.

 

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