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Forum 8

Magistratura Onoraria e Costituzione

Limiti alla stabilizzazione


Apr 4 2007 12:00AM - Dott. Alberto Morandi (*)


(Rieti)

 

Nel mio precedente intervento su queste pagine mi sono limitato ad un fuggevole cenno circa la diffusa convinzione secondo cui la  stabilizzazione  degli incarichi di magistratura onoraria, richiesta dalla Federmot (e, a dire il vero, anche da molti giudici di pace), troverebbe un limite invalicabile nell'articolo 106 della Costituzione.

 

Il tentativo di sfatare questo mito impone la disamina dei primi due commi dell’incolpevole articolo 106 della Costituzione:

Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

 

Nulla di sostanzialmente diverso da quanto già enunciato dall’art. 97 Co 3 Cost.;

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Una reiterazione non strettamente necessaria, se non per sottolineare la peculiare funzione demandata a chi amministra la giustizia.

 

In entrambi i casi la carta costituzionale enuncia due possibilità di reclutamento alternative; non subordina l’intervento del legislatore ordinario alla sussistenza di esigenze particolari o eccezionali; non opera discriminazioni fra chi venga immesso  nei pubblici uffici nell’una o nell’altra maniera. Non si pronuncia, infine, sulle forme del pubblico concorso, ove questa sia la modalità di reclutamento utilizzata. Ubi lex voluit, dixit.

 

In termini di diritto positivo, poi, nulla sembra precludere un accostamento inedito fra il primo e secondo comma dell’art.106, ed il terzo comma dell’articolo successivo: il risultato, almeno per qualcuno, suonerà abbastanza sorprendente:

Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Ammetto che si tratta di un rilievo abbastanza rozzo: purtuttavia, mutatis mutandis, il suo risultato finale ribadisce i medesimi principi che valgono per la pubblica amministrazione in generale, ai sensi dell’art. 97 Cost.

Non credo che questa coerenza fra articoli differenti della nostra carta fondamentale possa addebitarsi, in forma esclusiva,  ai miei modesti esperimenti enologici.

 

Bisogna ammettere che l’unico “modello” di magistrato onorario noto al Legislatore Costituzionale del 1948 era una figura ben diversa da quelle attuali.

Non si trattava di un magistrato vicario, nemmeno di un magistrato a tempo determinato,  e men che mai di un magistrato chiamato a dare effettivo contributo all’amministrazione giudiziaria; era qualcuno che abitualmente faceva tutt’altro, cui era stato conferito un prestigioso titolo onorifico che, solo occasionalmente, poteva comportare l’onere di entrare nelle aule di giustizia.

 

Questo modello divenne rapidamente obsoleto: già le figure dei Vice Pretori Onorari, e dei Giudici Conciliatori se ne discostavano ampiamente.

I primi, in particolare, divennero presto un elemento talmente insostituibile per l’amministrazione della giustizia da indurre il nostro legislatore ordinario a:

-         prorogarne l’incarico sino all’età pensionabile, con il trattamento economico dei magistrati di tribunale (Legge 18 maggio 1974, n. 217);

-         estendere i suddetti benefici a soggetti rimasti esclusi (Legge 4 agosto 1977, n°516);

-         prorogarne l’età pensionabile (Legge 26 luglio 1984, n. 417).

Disposizioni che, secondo il pensiero odierno, contrasterebbero con l’art. 106 Cost.

 

Il concetto di necessaria temporaneità del nostro incarico, oggi propalato come frutto di ovvia interpretazione costituzionale, venne introdotto con il decreto legislativo n°51/98.

Sulla scorta di quel provvedimento, che ha valore di legge ordinaria, gli odierni Magistrati Onorari di Tribunale vengono reclutati, retribuiti ed impiegati secondo le modalità che conosciamo: esso introdusse la selezione per titoli, il mandato temporaneo, ed una retribuzione decisamente irrisoria.

 

Le modifiche apportate all'ordinamento giudiziario dal Dlgs 51/98 furono, notoriamente,  di più ampia portata; l’istituzione della magistratura onoraria di tribunale era solo un tassello indispensabile per l’attuazione della riforma del giudizio di primo grado.

Non sta a me giudicare se la fretta fu cattiva consigliera, mi limiterò a sottolineare un effetto collaterale di quella normativa.

Le disposizioni che ci riguardano hanno soppresso la magistratura onoraria propriamente detta, creando una nuova figura di magistrato che, in concreto,  potesse colmare le paurose carenze di organico della magistratura ordinaria.

Un magistrato, requirente o giudicante, reclutato attraverso un concorso per titoli; un magistrato che, salvo pochi  limiti ed eccezioni, risulta costantemente applicato alle stesse attività e soggetto agli stessi doveri dei magistrati che hanno superato il concorso per esami.

Un dipendente dell’amministrazione della giustizia, retribuito secondo un criterio indennitario che sottrae il “datore di lavoro” all'obbligo di adeguare il compenso alla qualità e quantità del lavoro, alle variazioni Istat, al versamento di contributi previdenziali o assistenziali; per non parlare dell’assoluta impredittibilità dei termini di pagamento delle magre spettanze in tal modo maturate.

 

Non è azzardato affermare che proprio in quel testo normativo si intravedono profili di incostituzionalità, per violazione dei principi di cui agli artt.  3, 36, 106 e 107 Cost.

 

Il dott. Alberto Morandi (*) è V.P.O. presso la Procura della Repubblica di Rieti e Responsabile Stampa Federmot


 

 

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