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Forum 9

Crocifisso, laicità e giustizia

Una definizione che farà storia: Il Crocifisso Laico


Dec 4 2007 12:00AM - Avv. Nicola Recchia


(Rieti)

Ho avuto modo di leggere con particolare interesse la nota della collega Alessia Mostocotto in tema di crocifissi nelle aule (scolastiche e di giustizia) nel n. 8 di Forum dello scorso luglio. Si tratta d’argomento sul quale mi sono già cimentato altrove [vedi in http://www.forumcostituzionale.it/site/index.php?option=com_content&task=view&id=41&Itemid=0 “Nicola Recchia, Crocifisso e costituzione: un’ardua compatibilità”] poiché lo ritengo, sul piano dei principi almeno, tutt’altro che secondario. Nella visuale dei principi giuridici non sono particolarmente concorde con la collega allorché ritiene che la querelle sia più civile che giuridica. Non che non sia, certamente, una questione rilevante sul piano dei valori civili ma lo è, anche, se non soprattutto, sul piano interpretativo-giuridico alla luce del lungo cammino del principio di “laicità dello stato”. Detto principio giuridico sembrava, sino a qualche anno fa (e finalmente!), in fase di piena espansione allorché, tra l’altro, la Corte Costituzionale ne aveva fatto la base per la declaratoria d’incostituzionalità dei reati di bestemmia e di vilipendio delle religione dello stato [vedi C. cost. sentenze n. 440/1995 e n. 508/2000 in
http://www.cortecostituzionale.it/ita/ attivitacorte/pronunceemassime/pronunce/disclaimer.asp
Oggi, invece, lo stesso risulta, alla luce di alcune più recenti decisioni giurisprudenziali di altri organi, in via di svuotamento; è principio supremo dell’ordinamento costituzionale (così ha detto la C. cost. nella sentenza 203/1989) e non lo si può negare, ma lo si sta vanificando, rendendolo un guscio vuoto. Questo ha fatto, ad esempio, la giurisprudenza amministrativa in alcune decisioni: richiamerei quella – esemplare - del TAR Veneto del 2005 [TAR Veneto III sez. sent. 17.3.2005 n. 1110 in in http://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=2075] che autorevole commentatore - E. Vitali, professore ordinario di diritto ecclesiastico nell’università di Milano – ha definito “frutto di un approccio occasionale ed abborracciato, basato sui sentimenti invece che sui principi che sono chiamati a risolvere i conflitti di coscienza, dimenticando le basi della nostra civiltà giuridica.” [E. VITALI, Il diritto ecclesiastico oggi, pag. 7, in http://www.olir.it/areetematiche/96/documents/Vitali_Direccloggi.pdf] E non che il Consiglio di Stato [cfr. Cons. stato sez. VI, 13.2.2006 n. 556 in http://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3517], con la decisione che richiamava Alessia Mostocotto e che si pronunzia sul gravame proposto alla decisione del Tar Veneto ora detta- abbia fatto meglio… Diciamolo chiaro: l’argomentazione del giudice amministrativo risulta finanche beffarda allorché, sprezzando logica e coerenza interpretativa, assume che il crocifisso sia “un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili (…), che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato.” Qui il giurista pontifica di dogmatica e simbologia religiosa ed elabora il concetto di… crocifisso laico!!! regalandoci una nuova ardita interpretazione del significato del simbolo, centrale, della religione cattolica. Ci si consentirà un minimo di perplessità. Si sente l’eco, in queste argomentazioni, di altre più vecchie che usava la Cassazione negli anni 50 e 60 – in termini diversi - per rigettare le eccezioni d’incostituzionalità che, di tanto in tanto, si muovevano all’art. 402 c.p. - incriminante il vilipendio della religione dello stato - ed all’art. 724 c.p. - che puniva la bestemmia contro la divinità, simboli e persone venerati dalla religione dello stato -. Senonchè la Cassazione stessa quegli argomenti li ha messi da tempo nel dimenticatoio sino a divenire, essa stessa, fautrice, dagli anni 90 in poi, di ordinanze – officiose – di rimessione alla Corte Costituzionale censuranti la legittimità delle norme ora dette. Come che sia, l’esito delle ultime decisioni del giudice amministrativo è che l’insegnante continui a diffondere agli alunni il proprio sapere sotto il simbolo del crocifisso così come dispone circolare del regio min. p. i. del 22.11.1922 (!!!). L’insegnante della scuola di stato, dello stato laico e pluralista, nella quale scuola, peraltro, l’insegnamento della religione cattolica è – a termini di concordato del 1984 - facoltativo. Parallelamente, lo stesso fa il giudice, nell’amministrare la giustizia ma sempre sulla scorta di prescrizione un po’ risalente: si tratta della circolare del regio min. g.g. del 29.5.1926. Ritengo che non dovrebbe farlo. Come ha argomentato la C. cass. [cfr. C. cass. sez. IV pen, 1.3.2000 n. 439 in http://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=559] “la laicità <>” è in posizione “diametralmente opposta” rispetto a quei vetusti ordini amministrativi frutto di un neoconfessionismo statale che riemergeva in un tempo ed in un ambito ordinamentale assai diverso dall’attuale. Del resto oggi la giustizia, com’è ben noto, è amministrata in nome del popolo. Il popolo può essere, nella massa delle persone che lo compongono, credente o meno. E ove creda non necessariamente deve credere nel Dio dei cattolici di cui il crocifisso è simbolo principale. Sembrava essere, quest’ultimo, un principio ovvio ed acquisito da tempo, almeno nel nostro campo. Infatti in nome del principio di libertà religiosa (positivo e negativo) la Corte costituzionale era intervenuta, a suo tempo [cfr. in
http://www.cortecostituzionale.it/
ita/attivitacorte/pronunceemassime/pronunce/disclaimer.asp
“C. cost. sent. n. 117/1979”], a modificare la vecchia formula del giuramento del testimone nel processo civile aggiungendo a tutela della libertà dell’ateo l’inciso “se credente”. Successivamente, col processo penale del 1988, il legislatore ha eliminato il giuramento. Alcune confessioni, infatti, vietano ai loro fedeli di giurare di modo che la sostituzione con la più neutra, attuale, formula d’impegno a dire la verità risulta rispettosa delle possibili credenze d’ognuno. All’opposto il crocifisso rimane, in molti casi, nelle aule di giustizia. E non sembra essere questo il tempo della sua rimozione. Rimozione che, seppure molto tardiva, sarebbe doverosa alla luce dei principi di cui s’è detto sinora. Senza dimenticare che nelle aule di giustizia dello stato laico (così come in quelle scolastiche, universitarie, et cetera) l’assenza di un simbolo religioso come il crocifisso, riconducibile al patrimonio dogmatico di una specifica confessione, non offende nessuno ma, al contempo, tutela tutti,. Ciò tranne che qualcuno ritenga di avere diritto al privilegio, in quanto appartenente alla confessione numericamente maggioritaria. Lo farebbe indebitamente, tuttavia: in dispregio, quantomeno, degli artt. 3 e 8 co. 1 cost. D’altronde, ai fini di un’auspicata rimozione, non si può sperare nell’intervento della C. Cost. la quale, correttamente, ha già da tempo rimesso “la palla” al giudice ordinario. Del resto la Consulta verifica la compatibilità della legge alla costituzione e non delle circolari (le quali peraltro sono ordini interni alla P.A.) o dei regolamenti. Di certo basterebbe raccogliere la censura del prof. Vitali ed applicare, ripeto, i principi codificati. Ma non sembra essere questo il tempo di tanto rigore e tanta saggezza interpretativa…

 

 

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