GRAFFITI-ON-LINE.COM
2002-2024 Graffiti-on-line.com Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati.
La crisi del processo penale I Inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani Jan 28 2008 12:00AM - Marco Arcangeli (Rieti) Lo scorso 23 Gennaio, grazie ad una felice intuizione della Giunta dell’Unione delle Camere Penali e con la impeccabile organizzazione fornita dalla Camera Penale di Roma, si è celebrata in Roma la I Inaugurazione dell’Anno Giudiziario dei penalisti Italiani.
Per tutti noi trattasi evidentemente di una rilevante novità che, mi auguro, assuma di anno in anno sempre maggior rilevanza nell’Avvocatura ma anche presso gli organi di informazione deputati, per loro stessa definizione, a rendere edotta l’opinione pubblica dello stato di salute del sistema giustizia.
Scopo precipuo della manifestazione è infatti quello di confrontare le esperienze professionali dei penalisti provenienti da tutti i distretti giudiziari, come del resto accade periodicamente in seno al Consiglio dell’UCPI, ma soprattutto di esplicitare, anche grazie ad una capillare raccolta di dati provenienti dalle strutture ministeriali preposte (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Ufficio Spese Pagate dall’erario, Uffici di coordinamento per l’informatica, Istituti di ricerca, ecc.), le condizioni, purtroppo preoccupanti, in cui versa il mondo Giustizia, le ragioni di tale malattia, le possibili soluzioni.
Non si intende celare il fatto che la nostra Inaugurazione nasce inevitabilmente quale contrapposizione di quella, ben più pomposa e, mi si permetta l’espressione, proporzionalmente inutile, che ogni anno viene organizzata dalla magistratura in assoluta assenza di uno dei protagonisti processuali, l’Avvocatura, unico soggetto in grado di rappresentare, nelle diverse forme, il Cittadino.
In breve si può riassumere che in questa occasione le Camere Penali intendono evidenziare all’inizio di ogni anno una visione oggettiva delle tematiche giudiziarie, con la convinzione che tutto ciò possa divenire sempre più uno stimolo per l’Avvocatura tutta affinché, da questa base di partenza, si possano sviluppare iniziative condivise per rendere meno ingiusto ciò che è la massima espressione della giustizia: il processo.
*****
Naturalmente non è certo sufficiente qualche battuta di testo per trattare, seppur superficialmente, le tematiche che a tutti appaiono più preoccupanti per la salute del processo penale.
Mi limiterò, pertanto, a segnalarne alcune, quali la durata del processo e le spese di giustizia, indicando alcuni dati statistici che, seppur nella loro inevitabile aridità, comunque appaiono oltremodo significativi dello stato di estrema criticità del sistema processuale penale e delle probabili cause di inefficienza.
Innanzitutto è mia intenzione proporVi quanto raccolto ed elaborato dalla Camera penale di Roma in collaborazione con l’EURISPES e con il patrocinio della Fondazione Enzo Tortora in merito alla durata del processo penale e alle sue cause, materiale tutto in un prezioso volumetto dal titolo “Indagine sul processo penale”, edito da EURISPES nell’anno 2007.
Trattasi di una ricerca che, seppur limitata nella sua estensione in quanto relativa al circondario del Tribunale di Roma (1632 processi monitorati in 5 distinte giornate), genera la convinzione che non vi sia alcuna contrapposizione tra le garanzie processuali e l’efficienza del processo, come troppe volte invece siamo costretti a leggere (basti pensare alla prima Relazione al disegno di legge Mastella sull’irragionevole durata del processo).
I processi monitorati sono stati, come detto, 1632, di cui 1565 monocratici e 67 collegiali.
Lo spazio temporale tra l’inizio di un’indagine e l’approdo in Tribunale per la fissazione dell’udienza è pari a 2,7 anni per il procedimento collegiale e 3,0 anni per quello monocratico.
La durata media del processo sino alla sentenza di I grado è di 302 giorni per il monocratico e 560 per il collegiale.
Si badi bene che da tale calcolo deve essere escluso, per non essere i dati disponibili, il periodo di tempo tra l’arrivo del fascicolo in Tribunale e la fissazione dell’udienza, il che comporta un dato relativo alla durata certamente superiore alla semplice sommatoria delle suddette “fasi”.
Interessante i dati della durata media di un’udienza: 12,51 minuti per i procedimenti monocratici e 32 minuti per quelli collegiali.
I tempi medi di rinvio ad altra udienza sono: 152 giorni per il monocratico e 134 per il collegiale.
L’esito udienza è il seguente: 69,7% dei casi – rinvio ad altra udienza; 28,6% - viene emessa sentenza; 1,7% - restituzione atti al P.M..
Ed ora veniamo alle cause dei rinvii, forse il dato più significativo in relazione all’individuazione delle responsabilità che contribuiscono a determinare l’eccessiva durata del processo:
- legittimo impedimento dell’imputato: 2%;
- legittimo impedimento del difensore: 3,3%;
- assenza del giudice o precarietà del collegio: 9,2%;
- irregolarità delle notifiche all’imputato: 7,8%;
- irregolarità delle notifiche al difensore: 3,6%;
- prima udienza di sola ammissione prove (prassi generalmente non presente
nel nostro circondario): 20%;
- carico del ruolo: 2%;
- omessa citazione dei testi del P.M.: 4,2%;
- omessa citazione dei testi della Difesa: 0,4%;
- prosecuzione istruttoria: 13,5%;
- assenza testi citati dal P.M.: 12,6%;
- esigenze difensive: 3,2%.
Di talché si può facilmente dedurre come le cause di rinvio che possono in qualche modo essere attribuite all’imputato o al suo difensore sono il 20,3%, rispetto al 61,5% di ragioni di rinvio non ascrivibili alla Difesa. A ben vedere neanche la restante percentuale (rinvii per necessità probatorie o per altre questioni processuali) può essere ritenuta quale conseguenza di comportamenti dell’imputato o del Difensore.
Altro dato fondamentale è quello dei rinvii per assenza testi, laddove emerge come in gran parte le udienze non possono celebrarsi per assenza dei testi del P.M. o per omessa o irregolare citazione da parte della Pubblica Accusa.
Credo in tutta onestà che dalla suddetta lettura, seppur come premesso relativa a dati limitati ma comunque significativi poiché rilevati da ricercatori statistici secondo criteri propri della scienza statistica, non si possa continuare a credere, o avere l’imprudenza di voler far credere, che l’eccessiva durata del processo penale sia ascrivibile al sistema, tra l’altro costituzionale, delle garanzie del giusto processo, bensì si dovrebbe avere il coraggio di riconoscere che il fallimento è dovuto interamente all’assoluta incapacità di farlo funzionare per carenza di risorse adeguate e per assenza di qualsivoglia assunzione di responsabilità in capo ad altri soggetti processuali diversi dal difensore.
Altrettanto interessante appare la ricerca effettuata in merito alla fase di appello: premesso che le sentenze di I grado sono per il 51,4% di condanna, per il 23,1% di assoluzione e per il 21,2% dichiarative di estinzione del reato, dai dati relativi al I semestre 2007 si evince come su un totale di 3.101 sentenze di appello le conferme risultano 1371, le statuizioni di riforma totale o parziale 1573, le residue ipotesi (prescrizione, morte del reo, n.d.p.) 157.
Da ciò se ne deduce che più della metà delle condanne emesse dal giudice di prime cure viene riformata totalmente o parzialmente in II grado. Tra l’altro, dall’analisi comparata degli ultimi tre anni (2005, 2006 e 2007) si evidenzia come le decisioni in riforma siano aumentate dal 43% al 46% sino al 47% del 2007. Basterebbe certo questo per rispondere in modo empirico a quanti, soprattutto nella magistratura organizzata, propongono a più riprese l’abolizione o la limitazione della possibilità di appello quale magico rimedio per l’eccessiva durata del processo.
*****
Relativamente alla problematica delle spese di giustizia, con particolare riferimento a quelle che l’erario sostiene per la difesa di ufficio e per il patrocinio dei non abbienti, tema scottante per la cronica carenza di risorse economiche, non si può sottacere una prima considerazione secondo cui, al di là di facili apparenze, è indubbio come le scelte legislative in materia finiscano per incidere profondamente nell’assicurare o meno le garanzie costituzionali del diritto alla difesa (professionalmente qualificata) ben sancite nell’art. 24 della Carta Fondamentale.
Dai dati forniti alla Camera Penale di Roma dall’Ufficio Mod. 12 del Tribunale di Roma e dall’Ufficio del Funzionario Delegato presso la Procura della Repubblica di Roma, si evidenzia quanto segue:
dal gennaio al novembre 2007 sono stati emessi 6490 modelli di pagamento definitivi per un totale complessivo di euro 6.033.874,66 di cui euro 3.896.586,86 per il patrocinio a spese dello Stato e euro 2.137.287,80 per le difese di ufficio.
Dalla semplice operazione matematica di divisione dell’importo complessivo per il numero di mandati, si deduce che la liquidazione media per un processo con imputato che beneficia del patrocinio a carico dell’erario è pari a poco più di euro 1.000,00 mentre per la difesa di ufficio tale dato scende a euro 728,00 circa (sino alla sentenza conclusiva del I grado di giudizio).
Sorprendente appare la comparazione con quanto liquidato in favore di periti, laddove ad un importo elargito complessivo pari a euro 890.389,76, la media liquidazione a prestazione risulta pari a euro 1.902,54, ovvero quasi il doppio della liquidazione per il patrocinio a spese dello Stato ed addirittura quasi il triplo di quanto riconosciuto al difensore di ufficio.
Per interpreti e traduttori si evidenzia un totale assoluto di euro 310.260,26 con una liquidazione media di euro 323,24.
Se ne deduce, tra l’altro, che al difensore di ufficio viene riconosciuto un compenso la cui entità media più si avvicina a quello dei traduttori e interpreti piuttosto che a quello dei periti.
Ma il dato più significativo, soprattutto se relazionato ai precedenti, è certamente quello delle spese di giustizia liquidate nello stesso arco temporale preso in considerazione per le esigenze della Procura della Repubblica, visto che il totale liquidato è di circa 16 milioni di euro, ovvero quasi il triplo di quanto sostenuto dallo Stato per garantire il diritto alla difesa al non abbiente e all’imputato difeso di ufficio.
Sarebbe certo stato interessante, se solo il dato fosse stato fornito dal competente Ufficio della Procura “scomposto”, procedere ad uno scorporo in sottovoci di quest’ultimo importo per comprendere a fondo se vi sia efficienza o meno in capo alla Procura nell’impegnare le risorse ad essa destinate e verificare quindi quanto sia stato elargito per i vice procuratori onorari, per i testimoni, per i consulenti tecnici, per i custodi giudiziaria, per le intercettazioni.
E’ facile, comunque, prevedere come la stragrande maggioranza delle somme disponibili sia stato impegnato nelle intercettazioni telefoniche.
Da ciò l’esigenza, urgente, di verificare per quanto possibile l’effettiva utilità processuale di tale dispendio di energie finanziarie.
Ma queste sono argomentazioni ritenute sin troppo “sensibili” in un’ottica di rituale difesa ad oltranza, ed in questo caso a sproposito, dell’autonomia ed indipendenza della magistratura.
*****
In conclusione, dopo aver tentato di stimolare l’individuazione, seppur per sommi capi, delle effettive ragioni che affliggono, a volte come metastasi, l’apparato giustizia o alcuni suoi segmenti, sarebbe opportuno in un’ottica propositiva affrontare il discorso dei possibili rimedi.
Trattandosi di tematiche sempre all’ordine del giorno dei lavori dell’UCPI, essendo materia in continua evoluzione che richiederebbe comunque una trattazione particolarmente approfondita, auspicando, come sempre, la pazienza del lettore, mi auguro di poterne scrivere in una prossima occasione.
2002-2024 Graffiti-on-line.com - Tutti i diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. |