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La ballata della giustizia Chi vuole veramente la riforma della Giustizia? Dec 29 2008 12:00AM - Gianfranco Paris (Rieti ) Sul tema della Giustizia se ne sentono di tutti i colori. Proprio in questi giorni i nostri eletti hanno iniziato il nuovo round di un ideale incontro di boxe del quale però non è stato stabilito il numero delle riprese.
Io ho il timore, che però ha più il sapore della certezza amara, che la riforma della giustizia in Italia non la voglia nessuno, né a destra, né a sinistra e che questo incontro non vedrà mai la fine, almeno finché non cambia la mentalità e la cultura della classe politica e soprattutto gli interessi dei padroni del vapore di oggi. Il perché lo vedremo alla fine.
Ma cominciamo con ordine. Tutti sanno che il principale male del meccanismo della giustizia sta all’interno della istituzione magistratura e consiste nella commistione tra i magistrati inquirenti e magistrati giudicanti, cioè tra pubblici ministeri e giudici che emettono sentenze di condanna o di assoluzione.
Gli avvocati chiedono da decenni la separazione. E sono i più abilitati a farlo perché vivono sulla loro pelle questa commistione che mette i PM un livello sopra di loro. Questo fatto concreto non rende possibile il precetto costituzionale che stabilisce il principio della eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di conseguenza della parità fra l’accusa e la difesa e della terzietà del giudice che dovrà emettere la sentenza.
Questo principio è applicato in tutto il modo anglosassone e ognuno può verificare come funziona tutte le sere godendosi in TV la gran quantità di filmati che hanno per oggetto la celebrazione di processi penali.
In Italia non è così, quindi quel tipo di giustizia suona strano ma tutti possono capire che le probabilità di commettere errori sono minori perché il P.M. è costretto a cercare le prove dei reati senza le indulgenze dei colleghi di toga. Perché oggi i PM e i giudici che debbono emettere le sentenza sono colleghi di toga e fanno parte dello stesso Ordine giudiziario. Infatti godono tutti degli stessi privilegi e possono essere giudicati solo dal Consiglio Superore della magistratura. Ovviamente tranne che per reati puniti dal C.P.
Tutti sanno ancora che la macchina della giustizia non funziona. Gli uffici sono pieni di personale impreparato per le funzioni alle quali è chiamato, tranne ovviamente le debite eccezioni; i giudici sono pochi; mancano i soldi per le spese della macchina burocratica; la giustizia civile è semiparalizzata; quella penale vivacchia alla buona con una applicazione buonista delle pene in quei casi nei quali si riesce ad andare fino in fondo evitando le prescrizioni che stanno diventando la regola; insomma la giustizia può bene essere paragonata ad un’azienda decotta che per legge dovrebbe essere dichiarata fallita!
I nostri parlamentari, cioè i soli che possono metterci le mani votando in Parlamento una riforma, lo sanno e dichiarano a parole ad ogni elezione che faranno una riforma, con i fatti però omettono ogni intervento. Nessuno dei governi che si è succeduto in questi ultimi quindici anni della cosiddetta II repubblica ha affrontato con serietà il problema, e quando lo ha fatto ha partorito solo pannicelli caldi che anziché risolvere il problema lo hanno aggravato. Vedasi l’ultimo indulto che ha seminato ancor più sfiducia nei cittadini che non sanno più cosa pensare!
La verità è che una giustizia che funziona, come ad esempio quella americana, in Italia fa paura ai poteri forti, sia ai detentori del potere politico che a quelli del potere economico perché nella maggior parte sono corrotti e hanno scheletri nell’armadio. Tutti comunque in questi quindici anni si sono arricchiti smodatamente approfittando del mancato funzionamento della giustizia perché in quei pochi casi nei quali oggi riesce ad arrivare colpisce solo i più deboli, mentre i più ricchi rimangono quasi sempre impuniti. Per raggiungere questo obiettivo in Parlamento si sono serviti di ogni mezzo, compreso quello di riempire le aule di giustizia di drogatelli e non dei veri responsabili della smercio della droga e di extracomunitari costringendo le udienze ad una paralisi quasi totale.
Proprio in questi giorni si chiacchiera a tutto spiano di una riforma che preveda la separazione dei magistrati inquirenti da quelli giudicanti. Berlusconi lo promette dal 1994. Non lo ha fatto quando è stato presidente del Consiglio dei ministri e non lo farà nemmeno ora. Ma ha bisogno di un alibi, di una scusa per non farlo. Così ha inventato che per questa riforma ci vuole il consenso della opposizione di centro sinistra, cioè del PD, che come tutti sanno non vuole la separazione delle due magistrature perché sta dalla parte dei giudici, specie gli ex comunisti che sono stati salvati dai vari D’Ambrosio, Caselli ecc. che oggi godono di tutti gli onori all’interno del sistema del centro sinistra.
Da quando il mondo parlamentare è in vita tutti sanno che le leggi le fa chi ha ottenuto la maggioranza. Berlusconi questa volta gode in parlamento di una maggioranza “bulgara”, come si suol dire, quindi se lo volesse potrebbe far approvare la riforma a suo piacimento. Tra quattro anni poi i cittadini diranno se ha fatto bene o male. E allora perché non la fa approvare, ritenuto anche che con l’attuale sistema elettorale i parlamentari non possono che obbedire ?
La risposta è una sola e inconfutabile. Berlusconi non vuole la riforma e pretende di addossarne la colpa a Veltroni & C. che tutti sanno che non la vuole e che non darà mai il suo avallo.
Berlusconi vuole che la giustizia non funzioni perché così va bene ai suoi interessi personali e a quelli dei suoi amici e sostenitori più importanti. Il popolo bue può essere imbrogliato perché è preda dell’ignoranza e lui ci prova in tutti i modi. Intanto la riforma della giustizia continua nella sua ballata tragicomica e gli italiani continuano a non capirci niente.
Ma in fin dei conti ogni popolo ha il governo e la classe politica che si merita!
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