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Certezza della pena Ovvero le ipocrisie di un sistema in netta decomposizione Jan 8 2009 12:00AM - Riziero Angeletti (Rieti) La schizofrenia è patologia mentale che a dire del Maestro “non’è mai innocua”. Ma i vizi della mente sono sempre causati da un elemento contaminativo ineludibile: quando ti prende, o lo curi o lo subisci.
Le malattie giustificano l’agente quando innescano la distruzione dei freni inibitori e si traducono in cause comportamentali indipendenti dalla volontà: a volte scemano la capacità di intendere e di volere, a volte la escludono ed altre volte la sfiorano soltanto.
Ad un recente Convegno svoltosi a Torino sull’argomento, il Prof. Marcello Gallo ha inondato l’uditorio di una lexio magistralis che ha obbligato gli astanti ad un lungo applauso in un religioso “attenti”.
Mi conforta l’ascolto di ogni insegnamento; me ne approprio sperando di non essere stato visto e conservo dentro di me ogni minimo argomento, ogni parola tremula, tutto.
Si accomoda il Sen. Paniz che subito viene attinto da questa domanda: “Senatore, secondo Lei cosa significa “certezza della pena?”. Egli risponde: “Per certezza della pena non può che intendersi la certezza che il condannato con sentenza passata in giudicato sconti in carcere, dal primo all’ultimo giorno, la pena inflittagli dal giudice della cognizione.”
Sulla stessa linea, ma con sostanziali distinguo, si poneva anche il Dr. Laudi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti.
Di rimando: “E le misure alternative? E l’art. 27 della Costituzione?”
Manca la controreplica.
Barcolla un po’ per l’età, ma si alza, ci tiene a svolgere la Sua lezione in piedi. Così resta per almeno trenta minuti, volati come trenta secondi. Il Prof. Gallo racconta dapprima la Sua storia di giurista, quando insieme a Neppi Modona, Carlo Grosso ed altri, si ritirava per discutere di diritto a Grassoney.
Naviga velocemente tra i principi del diritto penale-costituzionale con la semplicità di un bambino, lasciando tutti noi nell’imbarazzo della nostra ignoranza. Mi chiedo come si possa essere così cinici: “Professore, abbia pazienza, La prego, non infierisca”. Eppure avanza tranquillo e sereno sicuro più che mai di quello che dice, come se non si accorgesse della nostra sofferenza.
Il Sen. Paniz non si vede più, eppure il fisico massiccio ed imponente come il Suo timbro vocale e la natura umana anche dei senatori, non dovrebbero consentirgli un’auto estinzione. Si sarà forse disintegrata la Sua immagine e ciò che aveva detto sulla certezza della pena, non so; sta di fatto che un anziano predicatore, con poche forze nel fisico ma la luce del Vate, lo aveva costretto all’immediato ritiro.
In verità il Senatore si era accartocciato per qualche attimo in un fascicolo pieno di numeri e sfogliava ogni carta alla spasmodica ricerca di una soluzione.
D’improvviso s’alza il gran testone, le linee degli occhi accigliate nascondono una vena di soddisfazione, tutti capiscono che il cilindro ha prodotto la carta vincente, vacilla la certezza dei principi e chiede la parola.
Il moderatore: “Prego, il microfono è tutto Suo.”
“Da un recentissimo sondaggio è emerso che gli Italiani, alla domanda se preferiscono un innocente in galera ad un colpevole in libertà, hanno risposto: per il 60 % si e per il 40 % no. Questo significa che i condannati devono trascorrere in carcere tutto il segmento temporale che il Giudice ha indicato in sentenza. Questo è il volere degli italiani. Io sono un politico e l’unica voce che ascolto è quella della gente.”
Senatore stia attento, non si culli sugli allori del Suo sondaggio perché agli stessi intervistati è stato anche chiesto di rispondere ad una successiva domanda: “E se fosse Lei o un suo familiare a rappresentare la figura dell’innocente in galera?”
Nessun dubbio: “E no, questa è una categoria che non mi appartiene. Gli altri si, possono soffrire le ingiustizie di una democrazia, non so francamente cosa rispondere.”
“Paghi le debolezze della politica. Il diritto è la vita di un ordinamento. Attraverso la legge si realizzano gli equilibri del sistema. Se alla piazza sottoponi la teoria della relatività affermando che con essa tutti i delinquenti saranno arrestati cosa vuoi che ti risponda? Evviva la teoria della relatività.
Ma la piazza sa cos’è la teoria della relatività?”
Un fatto vero: “Un uomo rappresentava gli studenti all’interno del Consiglio d’Istituto. Venne convocato per decidere se applicare un periodo di sospensione ad un gruppo di studenti resisi autori di un danneggiamento di alcune suppellettili all’interno della Scuola. Riunitosi il Consiglio, l’uomo prese la parola dicendo: “Dobbiamo sospenderli tutti, anzi dobbiamo espellerli dalla Scuola”. Un altro consigliere avvicinandosi all’orecchio del primo, sussurrò alcune parole non comprese. “Non mi disturbare disse costui, non vedi che sto parlando?”. E continuando nella sua oratoria, pontificò insistendo nella sua richiesta di espulsione dei rei danneggianti.
Ancora una volta il collega provò ad attirare la sua attenzione farfugliando alcune parole sottovoce ed ancora una volta, di rimando, ricevette un invito a zittirsi.
Solo al terzo intervento il consigliere integralista comprese le parole che il collega cercava di comunicargli a più riprese. Suonavano così: “Guarda che tra gli studenti che hanno danneggiato i tavoli della scuola c’è anche tuo figlio: che facciamo?”.
Egli memorizzò la notizia elaborandola senza soluzione di continuità con il suo dire e la sua conclusione fu questa: “E allora, che c…. sospendiamo? Gli studenti vanno capiti e reintegrati immediatamente”.
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