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Forum 14

Siamo tutti giustizialisti?

Cronache di “giustizia” italiana


Jan 27 2009 12:00AM - Letizia Carosella


(Rieti ) Traggo spunto per questo articolo da una notizia che d’istinto mi ha suscitato un senso di disagio, forse perché ha urtato quell’intimo “essere avvocato” che oramai è radicato in me. La notizia è quella che riporta la scelta del Ministro Alfano di mandare gli ispettori presso il GIP di Roma che ha concesso gli arresti domiciliari al ragazzo di 22 anni che ha confessato di aver, sotto l’effetto di alcol e stupefacenti, stuprato una ragazza la notte di capodanno. Premetto che considero lo stupro, come ogni altra violenza fisica e non solo, un comportamento indegno, odioso ed offensivo che una volta accertato con un processo giusto deve essere punito con pene esemplari, ma questo non può farmi dimenticare che viviamo in uno stato di diritto, impostato sui cardini costituzionali e ogni qual volta i principi posti a fondamento di esso vengono calpestati mi indigno in egual maniera. La nostra costituzione pone tra i diritti fondamentali della persona la libertà personale e nessuno può essere privato di essa se non per gravi motivi. Inoltre si è considerati non colpevoli sino a quando una sentenza passata in giudicato non abbia accertato, al di là di ogni dubbio ragionevole, la responsabilità dell’imputato. In via cautelare, quindi prima di una sentenza definitiva, si può essere privati della libertà personale solo quando ricorre una delle seguenti condizioni: pericolo di fuga; inquinamento delle prove; reiterazione del fatto. Gli arresti domiciliari sono equiparati alla custodia in carcere. E torniamo al caso concreto, io ritengo quel provvedimento corretto e adeguato alla situazione e non rilevo alcun elemento valido che giustifichi una simile reazione da parte del Ministro. Non vi è pericolo di fuga in quanto – se le notizie sono corrette - l’indagato si sarebbe costituito; non vi è pericolo per l’inquinamento delle prove perché ha confessato; non vi è pericolo della reiterazione perché è incensurato e ha commesso il fatto sotto l’effetto di sostanze (e questo nella valutazione della condotta, ai fini della pena, costituirà un aggravante). Inoltre il GIP non lo ha rimesso in libertà, giustamente, ma ha ritenuto che fosse congrua la misura cautelare degli arresti domiciliari. Perché tanto sdegno? Perché si fomenta quell’odio da giustizia sommaria che non rende onore ad uno stato di diritto? E mi stupisce che un ministro che si fregia del titolo di avvocato abbia dimenticato che con la professione forense non si difendono le azioni, ma le regole, anche quando questo possa sembrare irragionevole ai più. Calpestare i diritti fondamentali della persona, pur se questa ha commesso un reato ignobile, rischia di porci in una posizione paritetica se non peggiore dell’aggressore perché lo si fa ammantati dal simulacro della “giustizia”. Sulla scorta di un comportamento demagogico, populista e giustizialista, (spesso espresso a corrente alternata), si vuol far passare il pensiero che un magistrato (una donna per giunta), abbia adottato un provvedimento irregolare o peggio ancora immotivato. Perché si vuole contrabbandare, per bassa propaganda politica, un rigore che ben altre sedi e ben altri strumenti dovrebbe avere, e come una “ingiustizia” ciò che, ad una riflessione più attenta, non lo è? Stiamo attenti al furor di popolo, che spesso conduce ai roghi e ai linciaggi.

 

 

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