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Giugno 1947

Il piano di battaglia del gen. Marshall

Riorganizzare l’Europa devastata da quattro anni di guerra


15/05/2008 - Massimo Iacopi


(Perugia)   Il piano di battaglia del gen. Marshall nel giugno 1947. L’idea vincente di un ufficiale americano per riorganizzare l’Europa devastata da quattro anni di guerra. L’America, aiutando la ricostruzione, può ottenere un triplice vantaggio: sostenere la sua industria, riconciliarsi coi paesi del vecchio continente ed allo stesso tempo “contenere” l’espansionismo sovietico che sta erigendo ad Est la “cortina di ferro”.

Il 5 giugno 1947 George Catlett Marshall viene invitato ad una speciale cerimonia, quella della sua nomina a Dottore “honoris causa”, presso la prestigiosa Università di Harvard. Il Segretario di Stato (Ministro degli Affari Esteri) del Presidente americano Harry Truman pronuncia per l’occasione un discorso ….. storico.

La gente bene informata sapeva già che gli USA erano disposti ad aiutare economicamente almeno una parte dell’Europa e dal maggio 1947, esperti del Dipartimento di Stato erano stati impegnati sulla specifica questione nel contesto dell’ERP (European Recovery Plan). Naturalmente si conoscevano già le motivazioni di fondo della buona volontà americana: la paura di una nuova progressione sovietica verso l’ovest del Vecchio Continente.

Dopo il maggio 1945 e la capitolazione tedesca, Stalin non smette, in effetti, di spingere le sue pedine verso ovest ed il suo obiettivo prioritario è la Germania. Mentre l’Armata Rossa rimane mobilitata, i sette milioni di soldati americani, diretti da Marshall, nella sua veste di Capo di SM Generale, sono in maggioranza rientrati alle loro case. Indubbiamente gli USA dispongono della bomba atomica, ma nessuno poteva ormai pensare che l’entità dei loro effettivi, rimasti in Europa occidentale, avrebbe potuto far fronte ad una offensiva terrestre sovietica su larga scala.

George Kennan, un diplomatico americano in servizio a Mosca durante la 2^ Guerra Mondiale, è il primo a suonare il campanello d’allarme. Fin dal febbraio 1946, questo funzionario aveva svelato la strategia di Stalin: l’URSS, “impermeabile alla logica della ragione ed altamente sensibile alla logica della forza”, ha intenzione di portare a termine un doppio processo di disgregazione e di satellizzazione dell’Europa. Kennan, nel suo telegramma segreto di ben 8 mila parole, indirizzato a Washington, insiste nei suoi concetti, aggiungendo che “il Comunismo è come un parassita malefico che prospera solamente nei tessuti malati”. “Più che un pericolo strettamente militare è da temere soprattutto una dissoluzione a catena delle strutture economiche e sociali dei paesi europei” e sulla base di queste considerazioni il diplomatico propone di guarire d’urgenza i “tessuti critici”, vale a dire le economie dei paesi europei rovinati dalla guerra.

Il metodo incontra l’approvazione del Sotto Segretario di Stato, Dean Acheson. Il 18 aprile 1947 quest’ultimo riassume in maniera decisamente esplicita la filosofia del futuro Piano Marshall: “Occorre fare sempre maggiore ricorso al nostro secondo strumento di politica estera, cioè il potere economico, in modo da frenare l’espansionismo, l’infiltrazione politica dell’URSS e da agevolare e sostenere l’affermazione della stabilità e del benessere economico in Europa”.

Kennan morirà il 17 marzo 2005 all’età di 101 anni. Quest’uomo straordinario, attraverso la sua perspicace valutazione della minaccia sovietica, ha contribuito, più e meglio di ogni altro, ad indirizzare la politica del generale Marshall, che, peraltro, non tarderà a chiamarlo al suo fianco come consigliere.

Il 29 aprile 1947, il Segretario di Stato delega al diplomatico l’elaborazione di un piano di aiuti all’Europa. Un progetto faraonico destinato a contrastare l’azione di Stalin, proprio nei settori in cui il dispositivo economico sovietico appare decisamente debole: industrie civili, servizi ed attività commerciali. Tutto questo per riempire rapidamente con la predetta azione, attraverso una rapida crescita del livello di vita dei paesi europei, il famoso vuoto nel quale i comunisti avrebbero facilità ad infiltrarsi.

Ciò nondimeno restano alcuni problemi spinosi da risolvere ! L’aiuto deve essere esteso anche ai paesi vinti dell’Asse ? Il generale Marshall ed i suoi consiglieri decidono per il SI in una riunione del 28 maggio 1947, proprio una settimana prima del discorso di Harvard. In primo luogo c’é il problema dell’Italia. Con il suo partito comunista, all’apice della sua potenza, rappresenta la pedina più vulnerabile del sistema, perché potrebbe cadere senza colpo ferire nell’orbita sovietica. Ma c’è anche la Germania, la cui situazione merita una attenzione tutta particolare. Marshall, stratega di primo piano, si rende immediatamente conto che questo paese, suddiviso in zone d’occupazione, occidentale (americana, inglese e francese) e sovietica rappresenta la chiave della guerra fredda, ormai alle porte.

Il nemico mortale di ieri, sta per diventare, nella nuova logica politica, un alleato imprescindibile, Ma questo ragionamento è esattamente all’opposto dei progetti predisposti da Henry Morghentau, Segretario di Stato al Tesoro ed amico personale del Presidente Franklin Delano Roosevelt. Questi aveva infatti programmato un dopo guerra radicalmente opposto per la Germania vinta: smantellamento delle fabbriche, ancora in piedi nonostante i bombardamenti, distruzioni dei pozzi delle miniere, ritorno ad una economia pastorale, ecc.

Il nuovo realismo della diplomazia americana presenta comunque notevoli problematiche. Appare realisticamente difficile privilegiare la Germania rispetto ai paesi devastati dal Nazismo, ma perché questo non accada, l’offerta di aiuto dovrà essere globale. Essa dovrà infatti comprendere anche l’Unione Sovietica, in modo che nessuno possa attribuire agli USA posizioni pregiudiziali e di doppio gioco ed in ogni caso la Germania non sarà il beneficiario numero uno dello stesso piano, nel senso che riceverà abbastanza aiuto per ricostruirsi, ma meno di quello attribuito all’alleato britannico, o alla Francia o dove, come nel caso italiano, la minaccia comunista risulta grave (1).

Vengono a tal fine mobilitati nell’ERP i più brillanti cervelli delle Università USA ed alle obiezioni riferite al costo globale di tutta l’operazione, gli esperti risponderanno con una domanda: quale altro mezzo riuscite voi ad individuare per evitare che la nostra industria non cada in una fase economica dopo guerra di tipo recessivo ? Il piano in sé stesso è una grande sfida ma anche una straordinaria opportunità ed una fortuna. Grazie all’apertura di nuovi mercati le industrie USA continueranno a lavorare a pieno regime per diversi anni e comunque per un periodo sufficiente a rimborsare largamente le spese previste dal piano. Nel caso contrario gli eventuali rapporti commerciali con dei contraenti, economicamente rovinati, fornirebbero ben poche possibilità di buoni affari. Queste problematiche degli esperti vengono bene accolte nell’ambiente industriale, dove si comincia a guardare con nostalgia la stretta cooperazione dei tempi di guerra fra il Governo e le industrie private. Perché, in effetti, non tentare di continuare sulla stessa strada anche in tempo di pace ?

Ma oltre al puro aspetto economico, gli esperti cercano di mettere in evidenza anche i vantaggi connessi con l’operazione. Gli USA, attraverso il loro gesto generoso, possono accattivarsi un po’ dovunque delle simpatie nel Vecchio Continente. Questa è anche l’occasione per gli Americani per diffondere all’esterno i loro valori culturali, la loro produzione artistica ed i loro film. E’ anche il momento di mostrare una nuova strada agli Europei e soprattutto il vero volto degli USA, costruito proprio mentre gli abitanti del Vecchio Continente hanno passato il loro tempo a dilaniarsi in guerre intestine e mondiali. In definitiva si tratta di mostrare agli Europei un valido esempio e di spingerli ad unificarsi. In effetti nell’immediato dopo guerra, l’idea di una Europa, preferibilmente federale, non rappresentava agli occhi delle elites americane un pericoloso concorrente ma semplicemente un elemento complementare della loro economia.

Marshall riesce pertanto, sulla base di tutte queste idee, ad avere la meglio sulla tendenza all’isolazionismo americano e nella riunione di Harvard può finalmente annunciare: “la verità è che i bisogni dell’Europa per i prossimi tre o quattro anni in alimentazione esterna ed altri prodotti di prima necessità, provenienti prevalentemente dagli USA, superano largamente le sue capacità di pagamento al punto che si trova obbligata o a beneficiare di un sostanziale aiuto, o a cadere in una crisi economica e sociale di gravi proporzioni”. A suo avviso, “l’unico rimedio a tale situazione consiste nello spezzare il circolo vizioso ed a ristabilire la fiducia degli Europei nella economia dei loro rispettivi paesi ed in quella dell’Europa considerata con un solo blocco”. Occorre a tal fine, beninteso ed in via preliminare, “un accordo fra i paesi d’Europa circa i bisogni derivanti dalla situazione attuale e la effettiva capacità degli stessi paesi di mettere a frutto adeguatamente tutti i provvedimenti adottati dal Governo (degli USA)”.

Il piano viene finalmente lanciato ed entrerà ufficialmente in vigore il 2 aprile 1948. Ma la strada diventa difficile quando Stalin, diffidente per natura, dirà apertamente: NIET. Anzi il niet sovietico è addirittura triplice: né l’URSS, né i Paesi Comunisti dell’Est sotto il suo controllo, né i Comunisti dell’Europa occidentale accetteranno mai il “vassallaggio” che gli USA cercano di imporre loro e danno battaglia al piano americano con lo slogan “Piano Marshall, uguale guerra”.

Dal 17 giugno al 2 luglio 1947 una conferenza di conciliazione tripartita URSS, Francia e Regno Unito, fallisce a Parigi a causa dell’intransigenza de Viaceslav Mikailovic Molotov, il capo della diplomazia russa. In effetti Stalin, ancora legato alla sua logica di forza, così come l’aveva correttamente analizzata Kennan, commette un grave errore di valutazione ed il rifiuto sovietico porta il 16 aprile 1948 nell’Europa occidentale, alla creazione, dopo una lunga serie di negoziati, dell’OECE (Organizzazione Europea di Cooperazione Economica), chiaramente posizionata in una prospettiva Marshall.

Ma la risposta dell’est non tarda ad arrivare. Dal 22 al 27 settembre 1947 a Szelarska Poreba, in Polonia, una conferenza segreta dei partiti comunisti decide la creazione di una “nuova internazionale proletaria” ed in tal modo, quattro anni dopo la dissoluzione del Komintern, l’ufficio informazioni dei partiti comunisti, il Kominform prende il suo posto. Nel 1943 si trattava, con lo scioglimento del Komintern, di rassicurare gli alleati occidentali, ma questa volta l’obiettivo dei comunisti in Polonia è invece quello di fare paura. E’ ormai giunta l’ora di chiudere definitivamente la Cortina di Ferro. Nel febbraio 1948 si verifica il colpo di stato comunista di Praga, un successo per Stalin e fra il giugno 1948 ed il maggio 1949 si avrà il Blocco di Berlino, uno scacco per il dittatore georgiano, che non riuscirà più a satellizzare l’intera Germania, come era nei suoi obiettivi.

Rimane nel campo occidentale la necessità di organizzare l’aiuto americano. Prima di tutto un principio: in linea di massima l’80% delle somme attribuite alle varie nazioni saranno distribuite sotto la forma di doni ed il 20% sotto forma di prestiti. Ma ci saranno delle differenze fra una nazione e l’altra ed in particolare la Francia otterrà in dono l’86% delle somme assegnate. Gli obiettivi particolari vengono definiti paese per paese: come ad esempio stabilità politica e riforma fiscale per la Francia, diminuzione della disoccupazione e finanziamento di infrastrutture per l’Italia, convertibilità della lira sterlina per il Regno Unito, ecc. L’ERP, abbastanza informale fino al quel momento, a partire dal marzo 1948 viene gestito direttamente da una agenzia americana, nuova di zecca, l’Economic Cooperation Administration (ECA) con sede a Washington. I successivi amministratori dell’ECA, Paul Hoffman poi William Foster, devono rendere conto esclusivamente alla Casa Bianca.

A Parigi l’amministratore aggiunto dell’ECA, Richard Bissel, assicura i collegamenti con il francese Robert Marjolin, Segretario generale dell’OECE. Inoltre una missione ECA si installa in ciascun paese partner del piano. Hoffman e Bissel, individuando nella bassa produttività il tallone d’Achille dell’industria europea, lanciano rapidamente un programma di formazione. Parallelamente viene istituita una divisione incaricata delle questioni relative al lavoro. A questa viene attribuito il compito di guidare i sindacalisti del Vecchio Continente. Gli Americani, a loro agio nel ruolo di fratello maggiore che si sono attribuiti, attribuiscono una rilevante importanza a queste attività “pedagogiche”. La Productivity and Technical Assistance Division dell’ECA rivestirà un ruolo fondamentale nella gestazione dell’Organizzazione Europea di Produttività, una delle filiali dell’OECE.

Gli scontri fra sindacalisti pro e contro Marshall, spesso vicini ai vari partiti comunisti, non tarda a provocare una scissione planetaria. Nel dicembre 1949 la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi, favorevole al Piano USA, si stacca dalla Federazione Sindacale Mondiale, legata al blocco dell’Est e apertamente contraria.

Gli Americani arriveranno a prendere una parte diretta anche nelle attività dell’OECE, ma per contro non vi beneficeranno di un diritto di voto. L’interfaccia fra ECA ed OECE (ribattezzata Mutual Security Agency nel 1951, con estensione delle sue competenze al settore dell’aiuto militare) verrà assicurata da un organismo ad hoc: l’Office of the Special Representative (OSR), oggetto, a partire dal marzo 1949, di oscure lotte di potere fra il suo direttore aggiunto, Milton Katz e l’ambasciatore USA in Francia, Averel Harriman. L’OSR assicura peraltro dei compiti di assistenza tecnica. A partire del 1952 questo ufficio, decisamente aperto a tutto, tesserà i collegamenti fra l’ERP e la appena nata CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Molto discretamente l’OSR è quello che versa dei fondi della fresca CIA (Central Intelligence Agency), nata nel settembre 1947, ai sindacati europei non comunisti ed ai movimenti federalisti. In pieno accordo con il Dipartimento di Stato, l’Agenzia Americana di Informazioni (CIA) è incaricata di creare ovunque le condizioni favorevoli alla messa in opera del Piano Marshall. L’Office of Policy Coordination, diretto da Frank Wisner e specializzato nella guerra psicologica, intellettuale ed ideologica, è incaricato di supervisionare questo lavoro, molto più vicino alla diplomazia segreta che allo spionaggio.

Fra il 2 aprile 1948 ed il 31 dicembre 1951, data di chiusura del Piano, le somme assegnate risultano all’altezza dell’importanza che Washington attribuisce al suo successo. Più di 12 miliardi di dollari vengono distribuiti negli anni 1948-1951, ripartiti fra i 18 stati beneficiari. Nell’Europa dell’Ovest, solo la Spagna di Franco, da una parte e la Finlandia dall’altro (per la sua vicinanza all’URSS) rimangono al di fuori di questo sforzo senza precedenti. Il piano non solo assicurerà il “contenimento” della spinta comunista in Europa, già evidenziata da George Kennan, ma favorirà la ricostruzione dell’industria europea, garantendo alla industria americana un adeguato e conveniente livello di attività. Proprio esattamente tutto quello che il generale Marshall si era ripromesso con il suo piano.

 

 

NOTA

 

(1) L’aiuto americano complessivo, dall’aprile 1948 al dicembre 1951 ammonterà complessivamente 12 miliardi di dollari, così ripartito percentualmente:

•          Regno Unito                                                                                 24,7 %;

•          Francia                                                                                        21 %:

•          Italia                                                                                           11,7 %;

•          Germania dell’Ovest                                                                     10,8 %;

•          Olanda                                                                                          8,4 %;

•          Grecia                                                                                           5,5 %;

•          Austria                                                                                         5,2 %;

•          Belgio e Lussemburgo                                                                    4,3 %;

•          Altri (Danimarca, Islanda, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Svezia

                Turchia, ecc.)                                                                       8,4 %.

 


 

 

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