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Avvocati & Avvocati I problemi della categoria 15/03/2010 - Olinto Petrangeli (Rieti) Al (nuovo) Consiglio dell’Ordine – al quale è doveroso porgere l’augurio di buon lavoro – non mancheranno gli argomenti da affrontare, sia pure nel nostro piccolo, per alleviare e cercare di risolvere i problemi della categoria. A leggere i servizi giornalistici sulla categoria degli avvocati vengono sinceramente i brividi, non tanto nelle nostre modeste realtà quanto per le prospettive generali. “Un vento di crisi – dice il giornalista Boffano – che non risparmia neppure i grandi studi degli avvocati di affari, quelli dai nomi altisonanti e gestiti come società”. Nel 2009 ha chiuso la sede milanese di White & Case e il prestigioso studio Bonelli, Erede e Pappalardo ha ridotto drasticamente il numero dei collaboratori come una azienda in cassa integrazione. Niente più scrivanie di lusso, ma mobili Ikea con il legale che fa da segretaria a se stesso, preventivi stracciati, pareri legali low cost dati attraverso i Law Point, ultima invenzione creativa. Carriere professionali che si battono con i conti in rosso ai limiti della sopravvivenza, tanto che a Milano l’Ordine ha scelto la via del sostegno accordandosi con la Banca Popolare per garantire finanziamenti fino a 40 mila euro. Le cause di questa debacle sono tante e tra queste il sovraffollamento degli iscritti agli albi: al 31 dicembre 2008 eravamo quasi 200.000, di cui 150.000 iscritti alla Cassa di previdenza con un reddito medio di 51.000 euro, inferiore a quello del 2007. Ogni anno si iscrivono agli albi circa 10.000 avvocati, reduci da quella pantomima che è l’esame di abilitazione. Il 20% ha dichiarato un reddito inferiore ai 7.520 euro previsti per la iscrizione alla Cassa, tanto che il Presidente Guido Alpa ha denunciato la necessità di cancellare 39/35 mila iscritti perché non esercitano la professione. Anche qui il cane si morde la coda: meno introiti meno contributi, meno contributi meno fondi per le pensioni. “In Italia c’è un giudice ogni 26,4 avvocati” ha spiegato il presidente della Corte di Cassazione alla inaugurazione dell’anno giudiziario. In Francia il rapporto è di 7,2 e in Inghilterra di 3,2. Nel nostro paese c’è un legale ogni 238 abitanti contro i 1465 in Francia. Lo Stato ci mette la sua parte: i dati nazionali parlano di 94.000 persone ammesse al patrocinio a spese dello stato, per un costo di 84 milioni. In realtà i pagamenti non arrivano dal 2006 tanto che a Genova un gruppo di avvocati ha avviato procedure di pignoramento nei confronti dello Stato. Ad una interpellanza il sottosegretario alla Giustizia ha risposto: “bambole, non c’è una lira!...”. L’analisi dei rimedi è variegata e confusa. La tesi che sembra prevalere è quella di favorire una riduzione degli iscritti agli albi mentre altri chiedono il numero chiuso nelle facoltà di giurisprudenza. Una cosa è certa: “Se non si troveranno nuove regole – afferma Roberto Lamacchia, presidente dei Giuristi Democratici – assisteremo sempre più al fenomeno della proletarizzazione dell’avvocatura. Avremo legali senza clienti e forse senza studio e neppure certi di guadagnarsi la sopravvivenza”.
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