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Ma Sanremo è Sanremo?... Analisi impietosa di un Festival 24/02/2010 - Riziero Angeletti (Rieti) Quanto differisce il palcoscenico del sistema giudiziario dal palcoscenico del Festival della Canzone Italiana? Proviamo a fornirne un’immagine comparativa sulla base di una diagnosi giuridico-sociologica che, per ora, non ha indicato né patologia né cura. Prendiamo le mosse dalla pietra miliare: “Disconoscere ogni forma di Autorità fuorché la propria”. Nel sistema giudiziario italiano incappano piccoli e grandi, poveri e ricchi, giovani e vecchi. Vi incappano un po’ tutti. Però guai se ad inciampare sia il potere costituito. “No, a questo punto non ci sto.” “Contro di me solo un processo politico, una frangia estremista e politicizzata di magistrati che tentano la destabilizzazione del sistema voluto dal popolo attraverso un colpo di Stato ammantato da una parvenza di legalità.” E allora, bando a questi sistemi insulsi: “Giudici, vergognatevi, questa giustizia è solo una finzione. Mai mi sottoporrò al giudizio di costoro.” Sanremo non è da meno: vince chi ha deciso il popolo sovrano, ma non basta. Ai musici la terna finale stona. Gettano spartiti e sorridono con l’ironia dell’arrogante presunzione. E chi ha vinto non sa se ridere o piangere, se deve nascondersi per la vergogna o gioire di felicità. Anche qui si disconosce il potere dell’unico Giudice Sovrano: il popolo. E così si scatenano le penne più piccanti del giornalismo vivente sul se e sul come sia potuto accadere tutto ciò. Le telefonate si comprano così da formare pacchetti elettorali capaci di trasformare un verdetto. Che peccato che questa trovata non sia possibile nel nostro sistema giudiziario: o meglio che quando la trovata ha funzionato, si è generato il cataclisma. Ma che un Giudice possa sbagliare non è utopia. L’errore è umano, si accetta e si spera di sovvertire il verdetto in un giudizio superiore. E no, non basta! “Il Giudice migliore è quello che mi dà ragione”. “Ma scusi, così dicendo Lei sovverte il principio del Giudice naturale precostituito per legge”. “Ma la smetta, cosa vuole che ne sappia io di questo “Giudice naturale”, io so solo che chi tenta di sollevare solo un po’ la mia lunga coperta non è un Giudice giusto. Poi, se questo Giudice naturale mi darà ragione, allora che ben venga, altrimenti mi sembra ovvio che tanto naturale non sia.” A Sanremo vanno i migliori: di cosa, è presto detto: a) di ipocrisia: Morgan a casa perché pubblicamente confessa un peccato; fiumi di coca però sommergono il palco nascondendosi neppure tanto, ma ciò non desta alcun clamore; b) di talento: Effettivamente la presenza di un Principe simpatico ma senza voce è la prova vivente che a Sanremo vanno i migliori; c) di ricchezza: Sarebbe stato mirabile sentire i dolori mordenti degli operai di Termini Imerese durante la performance di Jennifer Lopez che per soli ottocentomila euro ci ha inondato della sua passione. Ma il sistema giudiziario non è da meno e, per di più, per le stesse ragioni: a) per l’ipocrisia: Il rotolamento costante della disgregazione della giustizia viene sempre più nascosto agli occhi della gente a cui si manda in onda un film di fantascienza mentre i diritti delle persone vengono puntualmente soffocati nel silenzio e cassati alla vista di ognuno; b) per il talento: Non più una sentenza giusta, ma solo una sentenza. In fondo qual è il problema, basta una parvenza di motivazione, un approssimativo susseguirsi di soggetti, predicati e complementi che nel loro insieme appaiano solo sufficientemente logici. Tanto si sa che nessuna migliore logicità della motivazione potrà scalfire una sentenza solo non manifestamente illogica; c) per la ricchezza: Perché ha la forza di sovvertire le regole senza pietà. Perché guida la mano del potere invertendo l’ordine di caduta dei pesi. Perché ha il privilegio di guardare tutto e tutti dall’alto in basso, compresa la Giustizia.
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