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Forum 23

Debiti tributari e fondo patrimoniale

Un rimedio non sempre efficace


14/01/2011 - Carlo Giacobbi


(Rieti)  

Com’è noto, ai sensi dell’art. 170 del Codice Civile l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e sui frutti si essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

In altri termini, argomentando a contrario, l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale può aver luogo solo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi inerenti i bisogni della famiglia.

Si ipotizzi il seguente caso. L’Agente della Riscossione notifica ad un ipotetico contribuente cartelle di pagamento riproduttive di iscrizioni a ruolo a titolo di imposte, sanzioni ed interessi per un importo pari ad € 100.000,00. Il contribuente, successivamente alla notifica delle cartelle esattoriali, che non impugna lasciando che la pretesa diventi definitiva, costituisce insieme alla moglie, ex art. 167 del Codice Civile, un fondo patrimoniale, destinando alcuni immobili di sua proprietà a far fronte ai bisogni della famiglia. Successivamente alla costituzione del fondo patrimoniale l’Agente della Riscossione, notifica al contribuente iscrizione ipotecaria ex art. 77 DPR 602/1973 sui beni immobili già inclusi nel fondo patrimoniale.

Il contribuente ricorre avverso l’iscrizione ipotecaria opponendo all’Agente della Riscossione che l’ipoteca è illegittima in quanto posta in essere su immobili del fondo patrimoniale che non possono essere soggetti ad esecuzione in quanto il debito tributario non è stato contratto per scopi inerenti i bisogni della famiglia. Quid iuris? La CTP di Reggio Emilia, Sez. I, con sentenza 11 giugno 2010 ha affermato che deve ritenersi inefficace il fondo patrimoniale che sia stato costituito “in tempi sospetti e successivi all’insorgere di debiti erariali (…) Per consolidata giurisprudenza (…) il fondo (…) deve essere costituito con un ampio margine logico di anticipo al sorgere del debito erariale, un margine temporale superiore a due anni al nascere del debito”. Il Collegio ha altresì affermato che “qualsiasi attività con finalità lucrative, professionale od imprenditoriale sia, comunque, tesa al soddisfacimento dei bisogni della famiglia” di guisa che non può essere opposto dal contribuente che ha contratto debiti erariali l’estraneità di questi ai bisogni della famiglia.

Come notato dalla dottrina “La sentenza si dimostra di un certo interesse (…) in quanto concerne la verifica della tenuta di un istituto del diritto di famiglia, piuttosto diffuso, nei confronti dei crediti tributari (…)” (Tinelli). È innegabile, infatti, che negli ultimi anni, data la maggiore efficienza dimostrata dall’Agente della Riscossione nell’attività di recupero dei crediti erariali, si sia fatto largo uso (o abuso) dell’istituto del fondo patrimoniale per sottrarre i propri beni, appunto, alle azioni cautelari ed esecutive del Concessionario. Questo non vuol dire, tuttavia, che la tutela delle ragioni di credito dell’Agente della Riscossione possa avvenire in qualsiasi modo, a prescindere dalla corretta interpretazione degli istituti giuridici che vengono portati alla cognizione del Collegio giudicante. La sentenza in commento, ad esempio, ha erroneamente riconosciuto “l’inefficacia del fondo per essere stato costituito in tempi sospetti e successivi all’insorgere di debiti erariali”. In primo luogo, infatti, il fondo patrimoniale è efficace in ragione della sua costituzione nelle forme di cui all’art. 167 del Codice Civile, finché l’inefficacia dell’atto non venga accertata, ad esempio, con azione revocatoria ordinaria. In secondo luogo ai sensi dell’articolo 170 del Codice Civile, a nulla rileva il momento temporale di costituzione del fondo, come correttamente affermato dalla Suprema Corte, che con sentenza 15862/2009 ha affermato che “è (…) irrilevante – in questa sede, qualsiasi indagine riguardo alla anteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, in quanto l’art. 170 c.c. non limita il divieto di esecuzione forzata ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla costituzione del fondo, ma estende la sua efficacia anche ai crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in revocatoria ordinaria (Cass. 3251/96, 4933/05)”.

Il Collegio, ferma restando l’efficacia del fondo patrimoniale e l’irrilevanza del suo momento costitutivo, avrebbe dovuto accertare solo se i debiti tributari, nel caso di specie, potevano dirsi contratti per scopi inerenti i bisogni della famiglia. Nel caso in cui il predetto accertamento fosse stato positivo, il Collegio avrebbe dovuto rigettare il ricorso del contribuente che chiedeva l’annullamento dell’ipoteca confermando così il provvedimento impositivo adottato dall’Agente della Riscossione. Relativamente all’accertamento in parola il Collegio ha affermato genericamente che “qualsiasi attività con finalità lucrative, professionale od imprenditoriale sia, comunque, tesa al soddisfacimento dei bisogni della famiglia”. Anche in questo caso l’affermazione si pone in contrasto con la più equilibrata posizione della Suprema Corte che, sul punto, con sentenza 19 luglio 2006, n. 12998 ha enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo, va ricercato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di essi può aver luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia”. Non sembra così pacifico, dunque, come contrariamente ritenuto dai giudici di primo grado, che i debiti tributari si pongano in un rapporto di causalità diretta ed immediata con i bisogni della famiglia. In altri termini, i debiti tributari che possono scaturire dall’esercizio di un’attività commerciale, non possono essere considerati contratti per scopi inerenti i bisogni tipici della famiglia, atteso che i bisogni della famiglia vengono soddisfatti mediante contratti (che generano debiti) con i quali si sostengono spese relative al vitto, all’alloggio, al vestiario, alle cure mediche, all’istruzione e all’educazione della prole. Opinando diversamente, e volendo quindi sostenere che i debiti erariali contratti (in realtà la fonte non è contrattuale ma legale) nell’esercizio di impresa siano comunque riconducibili ad attività che di riflesso vanno a beneficio della famiglia, soddisfacendone i bisogni, si dovrebbe concludere per l’assoluta inopponibilità del fondo patrimoniale alle iscrizioni di ipoteca effettuate sugli immobili inclusi nel fondo stesso. Conclusione che, ad oggi, sembra essere scongiurata dalla giurisprudenza di legittimità la quale, nell’affermare il principio secondo cui per comprendere se il debito tributario sia stato contratto per scopi inerenti i bisogni della famiglia, il giudice deve accertare l’esistenza della relazione tra il fatto generatore dell’obbligazione tributaria e i bisogni della famiglia, ha escluso che i debiti tributari contratti nell’esercizio di un’attività di impresa siano, per ciò solo, riconducibili al soddisfacimento dei bisogni tipici della famiglia.


 

 

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