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NELLE LORO MANI LE SORTI DELLA CRISI L’Euroscettico Cameron non si è fidato e ha detto a questa Europa: “Non ci sto! Vedetevela tra voi!” 10/12/2011 - Carmelo Sarcià (Rieti) Non compro più i quotidiani dal 1° settembre scorso. Non ne potevo più. Ogni giorno gli stessi titoli e le medesime considerazioni. L’unica impalpabile differenza tra un quotidiano e l’altro poteva stare nell’opposto modo di percepire gli spunti quotidiani offerti a piene mani dal Cavaliere. Intendiamoci, non spunti sulle realizzazioni portate a termine dal Governo, ma sulle sue battute, sull’eterno minuetto delle “leggi ad personam”, sulle sue frequentazioni notturne, sulla pubblicazione delle intercettazioni sulle battute tra mignottelle da quattro soldi e così via discorrendo. Ricorrendo ad un vecchio esempio, così da non fare torto a nessuno, alla “notizia” del Cav che ha fatto cù-cù alla Merkel” alcuni quotidiani si sono schierati con coloro che esaltavano lo spirito burlesco del Cav attribuendogli addirittura valenza politica, altri ne hanno ridicolizzato l’immagine sostenendo senza paracadute i cronisti stranieri nello sputtanamento del Presidente del Consiglio italiano. Ho detto basta a tutto questo ed il risparmio che ne è seguito l’ho destinato alla mia unica nipotina. Sarebbe superfluo ripercorrere qui la interminabile serie “di travagliate e di santorate” che ci ha perseguitato in questi ultimi anni, intrecciandosi coi giudizi taglienti di alcuni quotidiani americani, francesi e tedeschi, ma anche inglesi. Il “ma anche” di veltroniana memoria è d’obbligo visto che, a conti fatti, il Regno Unito si è mantenuto sempre alla larga dalle comunelle europee, preferendo di massima stare al fianco degli Stati Uniti. Il rifiuto inglese di adottare la moneta europea, che ad uno sprovveduto poteva sembrare un prudente distinguo, si è oggi definitivamente rivelato per quel che era e cioè un prudente ed avveduto scetticismo, frutto di un’acuta previsione dei danni che si nascondevano dietro una moneta senza uno Stato sovrano che la governasse, gestita da megabanchieri europei molto “interessati” e da speculatori loro alleati. A scuola mi avevano insegnato la differenza tra biglietto di Banca e biglietto di Stato. Vorrei ora sapere cos’è l’euro. Forse è un Biglietto di Niente o di Nessuno il cui valore non è deciso né dai popoli, né dagli stati, né dai governi, ma da pochi manovratori irresponsabili e da molti speculatori carogne. Chi aveva responsabilità doveva sapere che la moneta europea avrebbe fatto la fine delle mazzette del Monopoli: finché vinci sei ricco, ma quando perdi sei un fallito. Vorrei chiedere innanzitutto a Ciampi e a Prodi (i nostri “cari” padri dell’euro) “ma anche” a Draghi, loro discepolo, cosa ci faremo con la carta straccia che tra poco ci ritroveremo tra le mani. Bossi l’ha già capito. Tanti anni fa mio padre, per darmi un’idea dei livelli di svalutazione e di inflazione raggiunti nel dopoguerra dalla Grecia (nella storia degli incauti dissipatori di ricchezza la Grecia c’è sempre stata) mi narrava che a comprare il pane i Greci ci andavano con una carriola piena di monete, svalutate, naturalmente. Presto potrebbe capitarci la stessa cosa. Intanto compriamoci tutti la carriola. La vera moneta degli Stati europei e più che mai dell’Italia, è ormai costituita da bot, bond e titoli tossici, tutti condizionati e dominati dal cosiddetto spread che è un’infamia, una porcheria, discendente diretta delle supinità e dei servilismi di Prodi, Ciampi e Compagni, la cui esistenza dà per intero la misura delle scarse capacità del nostro Paese di darsi leggi socio-economiche che partano dall’Uomo, piuttosto che dalle banche. Siamo dominati dall’incapacità di darci leggi che si occupino soprattutto di formare i cittadini, la classe dirigente, i padri di famiglia, i lavoratori e la classe insegnante e che facciano assimilare al popolo la padronanza e il rispetto dei ruoli, ponendosi veramente al di sopra di tutto. Non abbiamo leggi che attribuiscono veramente il potere di controllo e di sanzione alle figure e alle strutture già previste dalla Costituzione, svincolate da qualsiasi influenza, o gioco di potere da parte di alti dirigenti, boiardi di Stato, direttori generali, ministri, vice-ministri e sottosegretari, “ma anche” giornalisti, avvocati e magistrati e sottoponendo a severi controlli “tutti”, anche i controllori. Per controllare i controllori dovremmo utilizzare commissari europei, non italiani, possibilmente tedeschi. Questo non sarebbe “cedere sovranità”, ma ricevere cooperazione e offrire integrazione. Per far pagare imposte e tasse a tutti ci vuol poco. Il fatto è che il Parlamento è governato dai conflitti d’interesse degli stessi parlamentari. Non se ne esce. L’albero malato non dà frutti o dà frutti malati. La nostra, molto più di altre, è una nazione malata. Germogliata nell’aiuola infertile post risorgimentale da un seme tricefalo (savoiardo, papalino e borbonico), trapiantata per un intero ventennio in un vivaio a coltura condizionata ove erano prevalenti le dottrine nazionaliste, poi “liberata” e messa a dimora con violenza, cedendo alle vendette anche dopo il suono dell’ultimo “silenzio” d’ordinanza sui Caduti, nutrita da lotte fratricide, abbandonata in un terreno arido che da glorioso campo di battaglia che era è divenuto una discarica avvelenata dall’antifascismo, a prescindere, alimentata con odio partigiano ogni 25 aprile come da calendario, inquinata dal clientelismo e dalle leggi “ad omnes” e “ad omnia” pur di mantenere ed accrescere il pacchetto elettorale per la prossima legislatura. Con questi presupposti e dopo questa “cura” infame ci ritroviamo a vivere i nostri ultimi anni in un Paese disseminato da ecoballe cattocomuniste e relitti della prima repubblica che hanno prodotto e strutturato un debito pubblico che non sarà mai ripianato (è inutile illudersi) e che porterà l’Italia (già a sovranità limitata) a livelli nordafricani. L’era berlusconiana, in aggiunta a tutto ciò, ci ha lasciato un Paese di “Ville e Palazzi di Tolleranza”, di escort e bunga-bunga, che nell’immaginario dell’Italiano medio appare forse peggiore del Paradiso Comunista d’Oltrecortina. A Rieti, su un lato della Piazza dedicata a Cavour, si erge malinconico e solitario l’unico “Monumento alla Lira” italiano, di tanto in tanto allietato dalle “Sagre del peperoncino” organizzate da quel buontempone del senatore a riposo Rositani. E mentre a Parigi quel birichino di Sarkò si affaccenda garrulo in attesa del suo personale tracollo, a Roma il professor Monti scandisce i tempi della crisi al ritmo di una lugubre marcia tedesca e a Bonn la signora Merkel, nata e cresciuta nelle privazioni della DDR, non ha problemi. Comunque giri, a lei andrà sempre bene. La storia è piena di potenti che danno le batoste e di vassalli che le prendono. Questo giro le prenderemo noi. Il Generale Armando Diaz si rivolterà nella tomba.
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