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Cambio della Guardia a Palazzo Chigi

IL RITORNO DELLA BALENA BIANCA

Primo obiettivo: ripristinare l’immunità parlamentare


22/02/2014 -


(Greccio (Rieti))

HO RIPROPOSTO QUESTO EDITORIALE, CHE HO PUBBLICATO ALLORCHE' SI INSEDIO' IL GOVERNO RENZI, PERCHE' VI HO RITROVATO UN'ANALISI LUCIDA E DETTAGLIATA DELLE PROBLEMATICHE CHE AVREBBERO INFLUENZATO LA PERMANENZA AL GOVERNO DI RENZI

Oggi ha giurato il Governo Renzi. Lunedì, la fiducia delle Camere. Spero che Renzi lo abbia capito. Le priorità sono, è vero, quelle della legge elettorale e delle riforme costituzionali. Ma attenzione: la prima riforma in     assoluto è il ripristino dell’immunità parlamentare per le massime cariche istituzionali, incautamente soppressa dagli ex comunisti sull’onda dell’antiberlusconismo viscerale.
Parallelamente è necessario e urgente attuare il ridimensionamento istituzionale della Magistratura che deve essere ricondotta nell’alveo dell’Ordine piuttosto che in quello del Potere, come del resto avevano stabilito i Padri della Costituzione. In altri termini è necessario e urgente ricondurre la Magistratura al ruolo che le compete, ossia quello di applicare le leggi del Parlamento e giudicare, al di sopra delle parti, nei processi civili, penali e amministrativi. Altrimenti dobbiamo rassegnarci al fatto che il Paese sia destinato a soccombere ad un regime dittatoriale detenuto dalla Magistratura, la quale può porre veti sulle leggi ancor prima della loro promulgazione, far cadere i governi, incarcerare i leader politici e impedire loro di governare, anche se sostenuti dal consenso popolare. Aleggia infatti sull’Italia l’inquietante modello Timoshenko. Povera Sinistra! Tanta paura del colpo di Stato e poi hanno consegnato l'Italia ai Magistrati, gli unici cittadinin italiani che nessuno può controllare.  Oggi, con il giuramento del nuovo Governo, è maturato un avvenimento epocale e senza precedenti. Nessuno se n’è accorto: Renzi, zitto-zitto quatto-quatto, ha realizzato ciò che nessuno, dopo l’annientamento per via giudiziaria dei partiti e della politica e della mortificazione della sovranità popolare, era riuscito a realizzare, cioè la ricostituzione della Balena Bianca, ossia di quel centro caleidoscopico, capace di insinuare i suoi tentacoli nelle fessure del firmamento parlamentare italiano, attingendo sia a destra che a sinistra un consenso frastagliato ma sufficiente ad attuare i programmi di Governo. Per raggiungere un tanto agognato traguardo, Renzi ha dovuto seguire la via del compromesso, riproducendo le tecniche della Prima Repubblica, ottenendo consenso in cambio della concessione di pezzetti di potere (Manuale Cencelli: persino un ministero all'UDC), applicando alla lettera i metodi del concittadino Fanfani e degli esponenti democristiani dell’epoca (La Pira quello più amato da Renzi). Con una manovra astuta, degna del migliore Andreotti e con il favore del marasma istituzionale in cui versa il Paese, Renzi è riuscito a coagulare intorno a sé interessi (inominabili) e aspettative (truffaldine), attingendo nel sottobosco del panorama parlamentare attuale che presenta falle e dissidi interni, costruendo attorno a sé un consenso utile ai suoi piani, non del tutto di sinistra, che però gli permetterà di dare l’avvio al programma di riforme necessario per riportare a galla il Paese (almeno nelle prospettive del Piparo Napolitano). Da Tangentopoli in poi, ci avevano provato in tanti a ricostituire la Balena Bianca, ossia il cosiddetto grande Centro. Segni fu il precursore, ma gli mancava l’acume politico, era moscio, non destava interesse, non mostrava il decisionismo e la spavalderia che oggi mostra Renzi. Tra l’altro Segni era un raccomandato, un figlio di Papà, un favorito dal destino per grazia ricevuta, e perciò stesso antipatico. Dopo il prevedibile fallimento di Segni ci fu tutto un prodursi di idee balzane, nel tentativo di inventare una formula, un logo, un simbolo sui quali, se possibile, campeggiasse lo scudo crociato. Come se quell’insegna da sola bastasse a far dimenticare d’un soffio quarant'anni di raccomandazioni e clientelismo e il disonore di “mani pulite”. Tante sigle si produssero in quel tentativo centrista che non trovò mai il consenso degli Italiani: ricordiamo fra i tanti l’Asinello sardo di Hailé Selassiè, il Campanile di Mastella, la Cosa Bianca, l’UDC e i vari doppioni di Follini, Casini , Cesa, Rotondi. Fino alle indigeste macedonie della Margherita, dell’API e dell'Ulivo. Ormai il partito, emblematico del passato democristiano, sopravvissuto alle alluvioni e ai terremoti, è l’UDC di Casini, duro a morire, ma sepre più assottigliato fino quasi a scomparire. Come dire: “Di Centro si muore…”. Altro che Non moriremo Democristiani. L’idiosincrasia degli Italiani per il Centro, verso il ritorno cioè alla Balena Bianca e al Pentapartito, ha radici profonde ed è frutto della confusione ideologica scatenatasi sotto l’incalzare delle inchieste giudiziarie di mani pulite, degli sconcertanti interrogatori prossimi, per i metodi usati dai magistrati d'assalto,  alla tortura. Il famoso tintinnar di manette (copyright Di Pietro), le carcerazioni molto preventive, le clamorose inchieste giudiziarie senza prove,  i tanti suicidi che potevano essere evitati, solo ce i magistrti avessero applicato fedelmene le norme di procedura penale, senza inventarsi nulla. Tutti quelli che, come Segni, hanno occupato e occupano ancora il Parlamento senza meriti personali oltre quelli del cognome paterno o della militanza di bottega o del discepolismo servile e sciatto, possono considerarsi semplici portaborse, ignari della vera portata del sentimento trasversale del popolo, soltanto avidi, ingordi e assetati di potere (o semplicemente di vitalizi), cresciuti nelle segreterie dei partiti e nutriti con gli scarti delle tangenti, ancor oggi irrealisticamente definite “finanziamenti illeciti di partito”, come a voler stendere un velo di pietà pelosa sul latrocinio sistematico e generalizzato che negli anni della Prima Repubblica ha immiserito l’Italia, ha affogato le ideologie politiche, ha prodotto lavori pubblici eseguiti malissimo ed ha creato quel mastodontico debito pubblico che ci ha ridotto allo stato di sudditanza che ben conosciamo. Un debito pubblico mai considerato come un pericoloso macigno da rimuovere, neanche nella cosiddetta Seconda Repubblica. Il famoso “tesoretto” lasciato da Berlusconi & Tremonti al Professor Padoa-Schioppa (che poi è schioppato veramente) fu dilapidato da Prodi & Co. nel giro di pochi mesi, distribuito a pioggia, a livello locale, per ringraziare i capi bastone che avevano fatto vincere le lezioni all’Ulivo ”contro” il Nemico Berlusconi. E poi aprono le inchieste della pagliuzza per voto di scambio, senza avvedersi (falsi ciechi) delle palesi, vergognose travi che immiseriscono la Nazione. Ogni Governo, a partire da Tangentopoli ed ancor più a cominciare dall’adozione dell’Euro, ha inflitto agli Italiani sacrifici, cosiddetti lacrime e sangue, senza altro risultato che l’impoverimento progressivo della Nazione. Al governo del Paese si sono alternati personaggi come Dini, Visco, Padoa-Schioppa, Tremonti, Monti, Saccomanni, ecc. Tutte persone che, agli ordini di un'Europa inesistente, incomprensibile, inefficiente ed inutile, hanno assassinato di tasse il popolo senza che un solo euro sia stato destinato al risanamento del debito pubblico. Le “manovre finanziarie”, frettolosamente convertite in “leggi di stabilità”, sono servite unicamente a pagare gli interessi sul debito e ad incrementare la spesa pubblica, proprio quella che al contrario doveva essere drasticamente ridotta, a cominciare dai tripli stipendi dei papaveri di Stato e dalle triple pensioni delle cariatidi istituzionali. E’assodato che l’Italia si trovi ormai in un avanzato stato fallimentare. Chiusa l’epoca di Tangentopoli, si è aperta l’era delle Spa pubbliche con annesse assunzioni parentali ed amicali a lungo termine, anzi a tempo indetermnato. L'era, questa, degli incarichi privilegiati, delle consulenze d'oro inconcludenti e cervellotiche , modello Nomisma, delle mazzette “a sua insaputa”, dei contratti di appalto per esecuzioni di opere pubbiche finanziati e rifinanziati, del finanziamento ai partiti abolito per il tempo di una notte dal referendum abrogativo, sostituito in fretta coi rimborsi elettorali dopo e dei rimborsi ai gruppi politici parlamentari e regionali utilizzati per soddisfare i vizi e i piaceri dei Nuovi Vassalli, Valvassini e Valvassori, portati alla ribalta dal caso “Fiorito”, ma sotto inchiesta c'è il 90% dei Consilieri regionali. Rimborsi di cui nessun italiano aveva mai sospettato l’esistenza. La Polverini  sosteneva di non saperne niente: Li mando a casa io questi... scriveva sui manifesti nell'immediatezza. Adesso sappiamo che anche la Polverini è indagata e purtroppo berlusconi, tra le tante minchiate, l'ha pure premiata con un bel seggio in Parlamento. Gli Argentini sanno bene come si fa a ridurre la spesa pubblica. Anche i Tedeschi: lo hanno fatto per realizzare l'unificazione delle due Germanie. Gli Inglesi lo hanno fatto “sotto la guida  ferma e decisa” della Tatcher. Solo i Governi italiani non sanno (eufemismo...) come si fa. Eppure è semplice: è sufficiente che i Politici a tutti i livelli, i Parlamentari, i Ministri, i Garanti, i Consiglieri Regionali e Provinciali, i CVonsigli Comunali, i Dirigenti degli Enti pubblici e delle Società pubbliche, i Manager di Stato, soprattutto i matusalemme di Stato, cioè i Senatori a vita, il Presidente della Repubblica, i Componenti della Corte Costituzionale, i Magistrati dei TAR e del Consiglio di Stato (troppi organi giurisdizionali... buoni per complicare i problemi e renderli irrisolvibili), gli  Amato e i Mastrapasqua (che sono tanti, troppi),  stringano “di molto” (come direbbe il Toscano Renzi) la cinghia, fino a che il debito non raggiunga livelli sopportabili. E’ così difficile farlo? I benefici acquisiti non si toccano? Un ritornello stonato che ha fatto ormai i suo tempo. Tanto più che i benefici acquisiti da pensionati e statali (primi fra tutti i militari) vengono toccati eccome. La prima cosa che ha fato Tremonti al suo primo incarico di Ministro delle Finanze è stata quella di sopprimere le cure ai militari invalidi per servizio agli invalidi per servizio (finanza creativa la chiamava il desso). E gli “esodati”, dome li mettiamo? Non avevano forse acquisito il beneficio di andare in pensione? I nomi e i cognomi degli affossatori della Nazione sono ben noti: innanzitutto tutti gli esponenti D.C. dal 1948 in poi, nessuno escluso, i quali, con la scusa della ricostruzione post bellica, hanno dato il via al sistema indebitatorio, che poi hanno continuato in misura violenta Bettino Craxi e Ciriaco De Mita e quindi Prodi, Ciampi, Amato, Tremonti, Berlusconi e molti altri non di minor conto. Alla fine ci ha pensato lo spread, in automatico, grazie alle manovre truffaldine, pratesche, mafiose della Deutesche Bank e della BCE (alleati nel dare la spallata definitiva a Berlusconi e all'Italia). Manovre in parte contrastate da quel brav'uomo di Draghi, non certo da Tremonti e da Berlusconi, che sull'orlo del precipizio non sapevano più che pesci pigliare. Eppure il meccanismo dello spread è tracciabile e quindi facile da individuare. Bastava minacciare un'uscita rapida dalla moneta unica. All'ombra degli affossatori della Nazione sono cresciuti, da Segni ad Alfano (ma anche a sinistra), politici vanitosi e parolai che non sanno nulla di come si gestisce uno la Cosa Pubblica. O, se lo sanno, fanno finta di non saperlo e si industriano per inventare pannicelli caldi con il trucco incorporato, a beneficio dei soliti noti. Convinti che tutto fosse permesso ai politici e che il popolo non fosse altro che uno sciocco bue da utilizzare prima delle elezioni per conquistare il potere e una grassa mucca da mungere e abbandonare a sé stessa fino alle prossime elezioni. Intanto la Terra dei Fuochi veniva inquinata irrimediabilmente. Dov’erano i Prefetti, i Sindaci, i Presidenti di Provincia, le Guardie Municipali, la Guardia Forestale, i Carabinieri, La Guardia di Finanza, la Polizia di Stato? Non sarebbe il caso di pensare ad un ridimensionamento dei corpi di polizia, o almeno ad accorpamenti, e comunque ad una ridistribuzione dei compiti e delle dipendenze? Questo vale anche per la Magistratura, che allo stato attuale non dipende da nessuno e non risponde di nulla. L'obiettivo dovrebbe essere quello di semplificare e snellire le procedure e di conseguire gli scopi istituzionali?
La legge elettorale Calderoni e i talk-show televisivi hanno tanto contribuito a mantenere i cittadini in uno stato di odio sociale permanente. In particolare i conduttori dei programmi basati sul dibattito politico, sono apparsi tutti ignari del destino incombente, interessati soltanto all’antiberlusconismo e all’anticomunismo, fino ad incoraggiare il frazionamento esagerato delle idee e dei partiti e l’ingovernabilità. Intanto la Nave Italia si è impantanata e la cosiddetta Europa se ne compiace in vario modo, guardandosi bene dall’inviare i rimorchiatori che la scortino in un porto sicuro. Piuttosto, hanno manovrato per far crescere lo spread  fino all’inverosimile, imponendo poi manovre “correttive” per pagare gli nteressi sul debito lievitati oltre ogni limite. Mentre gli speculatori si arricchivano con le lacrime e il sangue degli Italiani. Oggi, con il Giuramento del  Governo Renzi, dopo i allimento dei due precedenti Governi a trazione Napolitano, prende l’avvio il tentativo di ricostituire il Centro e di porre una lunga tregua al perenne conflitto tra destra e sinistra. Un tentativo che non può fallire se veramente si vogliono fare le riforme e se si vuol creare stabilità. Nessuno, forse neanche Napolitano, forse neanche Berlusconi, ha compreso a fondo il progetto di Renzi, il quale per carattere acconteta tutti, dice si a tutti, promette a tutti, annuncia proclami e riforme, ma, come dice un proverbio, il cavallo si vede alla distanza. Vedremo cosa sarà capace di fare questo Renzi dai mille volti. Intanto crre voce che a Firenze, dopo le esperienze politiche locali, lo hanno soprannominato IL BOMBA... forse per avvisare che le spara grosse. Certo, occorrerebbe giungere alla restaurazione del Centro moderato con la partecipazione trasversale incrociata di singoli parlamentari che puntano sul decisionismo e sul dinamismo costruttivo del giovane Presidente del Consiglio. Ma bisognerà vedere cosa ne pensano i comunisti di ferro che tuttora siedono nel Congresso del PD. Renzi ha mostrato di saper utilizzare i metodi della prima repubblica (le bugie, gli sgambetti, i trabocchetti, le trombature) quale mezzo machiavellico per accedere alla stanza dei bottoni, anche saltando il consenso elettorale che, nella situazione attuale, avrebbe subito una frammentazione ulteriore. Non ci si dimentichi che dopo le primarie che insediarono Bersani alla guida del PD, se Renzi avesse formato un suo partito e si fosse candidato alla poltrona di Premier, avrebbe probabilmente raccolto un larghissimo consenso sia a sinistra che a destra, sottraendo voti a tutti gli schieramenti: a Bersani, a Berlusconi e a Grillo. Avrebbe attratto il voto di protesta e coagulato il voto sia dei perenni centristi alla Casini, che dei finti centristi alla Monti. Avrebbe insomma potuto agevolmente conquistare per via elettorale la sedia di Primo Ministro. Ha scelto di non farlo. Ha continuato a fare il Sindaco, ha assistito criticamente al tracollo di Bersani e di Grillo, di Monti e di Letta, di Berlusconi e di Alfano. Alla fine, tutti hanno dovuto ammettere che Renzi aveva visto giusto. Dopo avere valutato che era giunto il momento, ottenuta la conferma di Napolitano al Quirinale, scippato il PD agli ex comunisti, incassata l’emarginazione parlamentare di Berlusconi, seminata discordia all’interno dei “5 Stelle”, assistito allo sgretolarsi come neve al sole del traballante e ambizioso progetto Montiano, osservato i temporeggiamenti di Letta e dei suoi ministri, ha infine ritenuto che fosse giunto il momento della mossa decisiva: lo scacco del barbiere alla sgangherata compagine dei “ministri per forza” di cui si era contornato (Idem, Alfano, Kienge, Di Gerolamo, Saccomanni, Zanonato, ecc.). Una compagine parente stretta della ormai tristemente famosa commissione di “saggi” alla Quagliariello che secondo Napolitano avrebbe dovuto progettare, ahinoi!..., le riforme del Paese. Letta è giunto a Palazzo Chigi per puro caso, senza un disegno politico e senza la capacità di inventarne uno. Prelevato a sua insaputa dallo strapuntino di Vice Segretario del PD, dove bivaccava alla stregua di Franceschini e della Bindi, come loro assuefatto a farsi tappare la bocca dagli ex comunisti attenti a soffocare le istanze dei pari diritti tra ex DC ed ex Compagni. Tutto ciò all’interno di un partito nato all’insegna dell’antiberlusconismo, senza un ideale comune, diviso su tutto, dalla famiglia, al lavoro, dallo stato sociale, al fisco. Sugli ultimi tre anni di storia politica italiana aleggiano gli spettri della congiura italo-europea, del golpe bianco, dell’ingerenza della magistratura ordinaria civile e penale e di quella suprema della Cassazione e per certi versi anche della Corte Costituzionale. Ne abbiamo viste di cotte e di crude. Il manto del giaguaro, malgrado i reiterati tentativi di smacchiarlo, conserva ancora tutte le sue macchie. Il disegno criminoso, di eliminare il felino più antico, il gattopardo, dalla scena politica italiana, non è andato a buon fine. In politica, purtroppo, il trasformismo è la vera arma vincente. Renzi si è trasformato da esponente di una sinistra isolata e senza speranza, in un catalizzatore di consensi trasversali che somiglia più ad una Balena Bianca che ad un ex PCI integrato da una ex DC di sinistra. Berlusconi si è trasformato anche lui. Costretto, ob torto collo, a lasciare il Parlamento, è risorto, novella Fenice, dalle sue ceneri, ha ricostituito Forza Italia, si è liberato di quel plotone di sanguisughe modello Alfano che gli impedivano di risalire la china e all’insegna del più vincente trasformismo ha stipulato un patto d’acciaio con il gattopardo toscano Renzi, un bravo ragazzo dalla faccia pulita, in grado di affascinare la gente, oltre le cortine di partito e capace di attrarre consenso per quel suo modo  diverso di fare politica. Apparentemente, dalla parte dei cittadini. Questa, almeno, la promessa. Vedremo più avanti se si avvererà. Bisogna augurargli, augurarci, che riesca a dare corso ad un’avventura senza precedenti, pesino più difficile di quella che la classe politica affrontò nel dopoguerra. Allora ci sostennero gli Americani, col Piano Marshall. Al Governo c’era De Gasperi che guidò il Paese fuori dalla palude. Oggi abbiamo l’Europa che invece ci rema contro e ci costringe all’isolamento, all’inerzia e alla povertà. Oggi più di allora avremmo bisogno di un De Gasperi che mostrasse all’Europa e al Mondo un volto dell’Italia diverso da quello che ha mostrato finora la pletora di saltimbanchi che si è avvicendata ai seggi del Parlamento europeo, del Parlamento nazionale e al Governo del Paese. Servirebbe, cioè, un uomo deciso, coerente, furbo quanto occorre, preparato, sorretto da un adeguato consenso e poco incline a farsi suggestionare dalle minacce o dalle imposizioni dei banchieri e dei kapò. Quest’uomo potrebbe essere Renzi.  Purché riesca a tenere buono il NCD e soprattutto a neutralizzare il “fuoco amico” di Bersani, D’alema, Civati, Cuperlo, Letta e del loro pericolosissimo seguito.

 

 

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