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CON PAPA FRANCESCO LA CHIESA CATTOLICA HA CAMBIATO VERSO I prossimi Papi potrebbero chiamarsi Martin (come Lutero) o Giordano (come Bruno). 30/01/2015 - (Roma) Dacché Francesco d’Assisi è diventato Santo (Papa Gregorio IX, Assisi, 16 luglio 1228, Bolla Pontificia Mira Circa Nos), nessun Cardinale, eletto al Soglio Pontificio, ha mai pensato, neanche lontanamente, di assumere il nome di Francesco. Soltanto Bergoglio, con un ritardo di circa 800 anni, ci ha pensato. E ci ha pensato da una posizione certamente molto diversa da quella dei papi degli ultimi secoli. Una posizione che non ha precedenti e che si caratterizza per un’associazione di elementi che mai prima d’ora si era verificata. Innanzitutto Bergoglio è un Gesuita. E sappiamo come i Gesuiti siano da sempre indicati come ribelli, portatori di una teologia ardita, orgogliosi, non allineati o meglio, non sempre allineati. Tant’è vero che ancora oggi il Padre Generale dei Gesuiti è indicato come il Papa Nero. Ha poi giocato la provenienza territoriale del Cardinale Bergoglio: la Terra d’Argentina. Una terra molto particolare, soprattutto non ricca, anzi ciclicamente persino povera. Comunque compromessa da leggi, disposizioni, eventi, anche gravi, che in tanti anni di dittatura e di persecuzioni hanno oppresso il popolo, privandolo delle più elementari libertà. Da Peròn in poi si sono infatti susseguiti al Governo della Nazione Argentina le più varie compagini, sempre insediate dalla nomenclatura militare di estrema destra. Nell’immaginario collettivo mondiale l’Argentina viene soprattutto ricordata per il bieco fenomeno dei “desaparecidos”, per i crac economico finanziari causati dai tristemente noti “prodotti” bancari senza copertura, per la infelice occupazione delle Isole Malvines/Falkland, sfociata in una guerra contro il Regno di Gran Bretagna e finita con una solenne sconfitta. Un altro elemento che ha avuto forse il maggior peso, discende direttamente da quelli prima esaminati, ed è quello della povertà endemica di molti ceti sociali argentini; povertà che ha costantemente tenuto impegnata la Chiesa Cattolica nel soccorrere i meno abbienti. E il Cardinale Bergoglio ne è stato per anni un fondamentale operatore, nel supplire alla mancata organizzazione statale in favore dei più deboli. Con queste premesse culturali, storiche e sociologiche, il Cardinale Bergoglio viene eletto alla poltrona che fu di San Pietro. In questo quadro, non possono considerarsi trascurabili le sue origini italiane, piemontesi, che, vuoi o non vuoi, gli hanno dato una marcia in più nello stimolare la sua appartenenza alla stirpe italica, la padronanza degli usi e dei costumi acquisita nell'ambito familiare, il piglio attento, semplice, pacato e quindi di per sé carismatico. L’Argentina è un crogiuolo di razze europee, tra le quali la razza italiana ha il primato assoluto. Non c’è Argentino che non vanti un lontano parente di nazionalità italiana. E tutti costoro hanno in comune molte caratteristiche: il carattere sensibile, la capacità di commuoversi, l'orgoglio delle origini e dell'appartenenza, la forza delle tradizioni. In questo contesto deve essere inserito, osservato e valutato l’uomo Bergoglio, il sacerdote Bergoglio, il Papa Bergoglio. Se poi entriamo nel vivo della premessa, possiamo comprendere come Bergoglio abbia scelto di assumere il nome papale di Francesco, anche alla luce di questi precedenti di vita. Questa scelta fuori dal coro si qualifica come un evidente segnale, un “banner”, un atto rivoluzionario, quasi un avvertimento, soprattutto indirizzato al Clero di tutto il mondo, prima ancora che ai fedeli. Un avvertimento che in un diverso ambito potrebbe definirsi “mafioso”! Un proverbio popolare insegna a “Parlare a nuora perché intenda suocera.” E cosa ha voluto far intendere Papa Francesco Primo, fin dalla sua prima comparsa alla finestra degli appartamenti papali, al Popolo di Dio, con l’avere assunto quell'inaspettato nome? Semplicemente che il Vaticano cambiava rotta: non più onori eccessivi, scenografie di mitrie, baldacchini, sedie gestatorie, abiti ricamati con fili d'oro, scarpe di Prada, copricapi d'ermellino, ma l’introduzione di un modus vivendi francescano, ma anche argentino, di povertà vissuta, sofferta, a volte anche ostentata, per far passare il messaggio, per porre in primo piano la condizione, perché non rimanesse più, la povertà, un luogo di sofferenza solo di alcuni, su cui glissare o da tenere come destinazione di aiuti temporanei e misurati, ma da assumere a stile di vita, a segno di svolta, di cambio epocale di rotta, destinato ad influenzare nei prossimi anni la missione stessa della Chiesa ed il rapporto coi fedeli, con i governanti e con i rappresentanti delle altre religioni. Un atto rivoluzionario quindi, che contiene i germi del suicidio morale, della scelta auto punitiva, dell’indebolimento forzato e ufficiale di una struttura, quella della Reggia Vaticana, da sempre fastosa, potente, impenetrabile, pur nella sua apparente modestia territoriale. Il Vaticano è in realtà un falso piccolo staterello. Se si mettessero insieme le proprietà immobiliari della Chiesa Cattolica sparse nel mondo e si contassero tutti i Religiosi e i rappresentanti del Clero sparsi per la terra, si realizzerebbe una Nazione sicuramente più grande e popolosa dell’Italia intera, tanto per tentare un accostamento. ♫♪ Il Papato, nei secoli, è andato evolvendosi e stabilizzandosi, raggiungendo una statura prestigiosa non soltanto morale, con da una parte il “Timor di Dio” (che ha rappresentato per secoli l’icona alta della fede e dell’obbedienza) e dall’altra la ricchezza immateriale costituita dall’aspirazione dei potenti della terra a godere di benedizioni, incoronamenti divini, favori. La dipendenza dei potenti dalla Chiesa è stata da sempre un fatto imprescindibile. La separazione della Chiesa di Oriente dalla Chiesa di Roma può considerarsi il fenomeno storico più rivoluzionario dell'esistenza del connubio Chiesa-Potere. Un connubio che ha avuto momenti di crisi profonda. Oltre alle fratture che diedero luogo al protestantesimo, assume rilievo particolare lo strappo storico del Papa Clemente VII che rifiutò un “favore” impossibile al potente che lo aveva richiesto, Enrico VIII d'Inghilterra e d’Irlanda, il quale per non aver ottenuto il divorzio dalla moglie e il conseguente matrimonio con Anna Bolena, si impadronì letteralmente del Clero Inglese, ossia provocò uno Scisma, dando origine alla Chiesa Anglicana, tuttora ben salda nelle mani della Regina Elisabetta II d’Inghilterra. Una vera aberrazione, senza un effettivo senso logico, che poté essere perpetrata a causa del territorio in cui avvenne: due lontane isole situate nell'estremo Nord d’Europa, molto lontane da Roma. Per la cronaca è opportuno ricordare il filo sottile che unisce ancora le due Chiese (oltre al cerimoniale liturgico che è rimasto pressoché identico): prima dello Scisma il Papa Leone X aveva concesso ad Enrico VIII il titolo di Defensor Fidei perché era stato un feroce oppositore delle idee di Martin Lutero; ebbene, ancor oggi quel titolo viene coniato nelle monete del Regno Unito con l’acronimo “DEF.FI.” . Al consolidamento delle strutture ecclesiastiche, è conseguita necessariamente l’acquisizione da parte del Clero di prerogative di superiorità morale, umana e sociale (riti scenografici, costumi talari solenni e di pregio, obbligo della confessione per i fedeli, fumi d’incenso, olio santo, acqua benedetta, campane) che in definitiva perseguivano di fatto la sottomissione del popolo al potere temporale. Sottomissione comunque favorita, è opportuno dirlo, dall'inclinazione naturale dell'uomo ad adottare i simboli (i totem, gli oracoli, gli dei) ed all'esigenza di celebrare i riti (il sacrificio, l'offerta, la danza) come del resto teorizza e rappresenta Cazzeneuve nei suoi studi della sociologia del simbolo e del rito. Ma la sottomissione al Clero, pensata e costruita ad hoc è stata soprattutto quella interna alle strutture ecclesiastiche. Quella imposta dai Sacerdoti ai Frati e alle Suore, ossia dai veri detentori del potere, ai subordinati appartenenti agli Ordini Religiosi, i quali, al confronto dei Sacerdoti, occupano nella gerarchia ecclesiastica posti marginali. A ciò si aggiungano le altre prerogative speciali del Clero, che il Papato ha ritenuto di conservare nei secoli. Ad esempio il fatto che per diventare sacerdote non è richiesto né il voto di castità, né il voto di povertà. Privilegio questo, che ha consentito a molti prelati di assicurarsi una vita agiata e di arricchire sé stessi e le loro famiglie di origine. La recente polemica sugli appartamenti del Cardinal Bertone non è che un esempio, ma la casistica in tal senso è ampia e variegata. Ad esempio, molti Sacerdoti non si sono lasciati mancare il piacere di frequentare donne in senso biblico, per periodi più o meno lunghi, e talvolta di mettere al mondo figli. Rari esempi quelli dei sacerdoti che lasciano il sacerdozio per vivere la vita coniugale completa e alla luce del sole. Mentre talvolta si è anche mormorato della induzione al suicidio di giovani donne rimaste incinte e lasciate prive di assistenza morale e materiale, o di suore ricoverate al pronto soccorso col mal di pancia, che a loro insaputa hanno partorito paffuti bebé. Una dolente realtà sono gli ossari dei corpicini degli aborti rinvenuti nei sotterranei di Conventi e Palazzi episcopali, che fanno il paio coi cunicoli sotterranei di collegamento tra conventi femminili e maschili. In fatto di povertà e di castità la Chiesa non si è fatta mai mancare nulla, in positivo e in negativo. Ha infatti favorito, fin dagli albori del Medioevo, il nascere di Ordini Religiosi votati-dedicati ai Santi più in vista nel firmamento cattolico, inducendo i novizi (monaci e suore) ad impegnare il loro Credo nei famigerati “voti” di povertà e di castità, a differenza degli ordinandi sacerdoti, ai quali tali voti non sono mai stati richiesti. San Francesco assume quindi una statura solenne, in ispecie col voto di povertà, predicato, praticato, ostentato, oltre ogni limite di umana sopportazione. Una sua personale scelta, questa, adottata come misura di vita, e come mezzo per raggiungere la spiritualità. La maggior parte degli Ordini Religiosi ha scelto di perseguire finalità specifiche nella cura dei malati, nell’assistenza dei poveri, nella guida dei minori. Ordini quasi tutti femminili. Un breve cenno all’abbigliamento dei Religiosi. Per gli uomini il saio e la tonsura grande. La tonsura dei preti era invece molto piccola. Sparita negli anni ’60 insieme al latino nelle celebrazioni, con il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo. Le donne appartenenti ad Ordini Religiosi sono state invece costrette nei secoli, e lo sono ancora oggi, ad indossare un vestiario che sottraesse alla vista degli uomini la eventuale beltà delle fattezze, considerate oggetto del Signor Diavolo. Si tratta di vestiti del tutto simili ai vestiti medioevali che anche la religione di Maometto impone alle donne islamiche: abiti lunghi e abbondanti che nascondano fianchi e cosce, corpetti attillati per “schiacciare” al massimo i seni, ampi veli (di solito neri, come per il lutto) avvolti attorno al capo, gli “occhi bassi”, in modo da offuscare, confondere qualsiasi anelito di femminilità. In merito, guai a porre domande, a chiedere spiegazioni. Le contraddizioni in termini, le arrampicature sugli specchi si perpetueranno all’infinito. E' infatti perfettamente inutile porre domande ai Prelati. Le risposte saranno sempre evasive ed inconcludenti; addirittura capaci di mortificare l’intelligenza stessa. La peculiarità degli Ordini maschili invece è divenuta nel tempo quella della predicazione del Vangelo, ma sempre in un ostentato regime di povertà. Una povertà moderna, adattata ai tempi correnti. Non si dorme più sui sassi, non si cammina più a piedi nudi. Ma non sono queste le violazioni più consistenti e dannose in fatto di osservanza della Regola (codice di comportamento degli Ordini Religiosi). C’è comunque un’altra peculiare differenza tra gli appartenenti al Clero e gli appartenenti agli Ordini Religiosi: i Frati e le Suore vivono in Comunità, lavorano e pregano insieme, si assistono e si sostengono, ossia si controllano gli uni con gli altri. La letitia, talvolta ostentata, informa i rapporti tra loro e con la gente, non possiedono beni e quelli che pervenissero loro vengono ceduti alla Comunità. I Sacerdoti invece vivono in solitudine, praticamente vanno dove gli pare e nessuno li controlla, non è raro che si dedichino ad occupazioni collaterali a quelle strettamente sacerdotali come un secondo lavoro, l'insegnamento della religione nelle scuole, la gestione di Comunità assistenziali, il giornalismo. Talvolta anche la politica ha appassionato i Sacerdoti, fino a far loro rischiare la sospensione a divinis: Luigi Sturzo che fu definito prete catto-comunista, Giuseppe Dossetti che meritò il soprannome di prete bolscevico (entrambi padri costituenti poco ascoltati), Gianni Baget Bozzo (il socialista craxiano e berlusconiano), Luigi Ciotti (il rivoluzionario moderno). I Preti di solito hanno una Canonica a loro disposizione, possiedono beni che lasciano agli eredi, collaterali o ascendenti, sempre che non esistano figliolanze segrete; talvolta in vecchiaia o in malattia vengono ricoverati e assistiti in strutture di assistenza e di cura. ♫♪
Tutte le considerazioni che precedono non hanno lo scopo di dileggiare la Chiesa, né di far luce su cose note, che pure esistono e che si sono verificate, ma si propongono di tracciare il quadro complessivo in cui probabilmente è maturata la convinzione di Papa Bergoglio di finalmente pareggiare il conto col passato, non con le intenzioni, ma coi fatti. Non è che l’inizio. Ci vorranno ancora molti Papi per formattare una Chiesa 2.0, e rendere Sacerdoti e Religiosi veramente liberi, aperti, leali, onesti e accoglienti e i fedeli finalmente fiduciosi, praticanti, rispettosi, assidui. Papa Francesco infatti, per dare un esempio, non ha occupato gli appartamenti pontifici, non mangia in una mensa speciale e riservata, non ha voluto camerieri e maggiordomi, si porta dietro una vecchia borsa nera de cuero argentino con dentro, oltre al Breviario, lo spazzolino col dentifricio, il rasoio, le forbici, il pettine e l’asciugamano, va tra la gente, telefona a chiunque, non gode di privilegi e ricchezza, scende dalla papa-mobile tra la gente, bacia i derelitti ogni giorno e se c’è da incazzarsi, s’incazza, come un uomo qualunque, colto, saggio, buono, povero, ma con la schiena diritta, come tutti i Gesuiti e quando la povertà è una scelta. Probabilmente fra qualche anno, a missione compiuta, Francesco Primo darà anche le dimissioni, come Papa Benedetto XVI, e se ne tornerà in Argentina. Se la rivoluzione nella Chiesa dovesse continuare anche dopo di Lui, il prossimo Papa potrebbe chiamarsi Martino, come il vecchio Lutero, le cui posizioni non erano poi molto diverse da quelle di Papa Bergoglio, oppure Giordano, come Bruno, il cui sacrificio deve ancora oggi far rabbrividire la Chiesa, una Chiesa che non ha mai avuto vergogna della sua storia, che non ha mai manifestato rossore e pentimento per le nefandezze compiute, fatte salve le generalizzate e tardive richieste di perdono, forse funzionali all’occasione, lanciate con enfasi alle folle da Papa Giovanni Paolo Secondo. Una chiesa che ha torturato esseri umani e che ha inflitto per secoli e senza batter ciglio la pena di morte, per rogo, per mannaia o per ghigliottina, a presunte streghe (sic!), ad improbabili apostati (?) ed a chiunque altro avesse appena alzato il dito per dire che non era d’accordo o avesse chiesto spiegazioni.
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