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IL FILO ROSSO CHE UNISCE MATTEOTTI CRAXI E BERLUSCONI Cambiano i tempi e le modalità, ma l’obiettivo costante è l’eliminazione dell’avversario politico 06/06/2015 - (Greccio - Sant'Elena) Abbiamo detto la nostra, in altre occasioni, da queste colonne, sui fenomeni che caratterizzano il nostro tempo. Fenomeni di trasformazione e di peggioramento, non solo economico, ma anche e soprattutto morale, culturale e in genere sociale. Troppi sarebbero i luoghi, pubblici e privati, da indicare come sedi delle repentine trasformazioni che stanno modificando la natura stessa del popolo, oltre che il modo di vivere e di sentire degli individui, delle famiglie, dei luoghi di lavoro, persino dei luoghi delle manifestazioni di protesta. Sintetizzando, potremmo contenere in tre grandi gruppi la manifestazione del fenomeno : il deterioramento dei costumi, il naufragio degli ideali, il dissipamento dell’interesse comune. Fino a qualche decennio fa c’era la politica che radunava le masse, le indottrinava e lavorava per migliorare la condizione sociale dell’individuo e della comunità; e c’era anche la Chiesa che, prima del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, conservava ancora una forte credibilità radicata nelle coscienze delle persone, sufficiente per guidare l’individuo nelle scelte, indicare alle famiglie la convenienza dello stare e del progredire insieme, suggerire ai politici e ai governanti il modo di interpretare i rapporti e le responsabilità. Era una Chiesa che riusciva ancora a riempire i Seminari e che offriva sicurezza e appigli stimolanti e partecipativi a tutti i ceti. Un popolo non siamo stati mai, noi Italiani. Ci aveva provato la Buonanima, con l’unico metodo possibile, quello dell’imposizione delle regole, a farci diventare un popolo. Ma un po’ per il clima da operetta che l’orbace si era cucito addosso, un po’ per le alleanze sbagliate coltivate, un po’ per la partecipazione alla guerra e per i tradimenti guerra durante, non se ne fece nulla. Anzi, scontiamo ancora il fallimento dell’operazione, come se il 25 aprile non fosse mai finito. Spesso basta una scintilla, a dispetto dei settant’anni trascorsi e del ricambio generazionale maturato, per accendere gli animi e per mostrare come la frattura sia ancora viva e non accenna a rimarginarsi. La destra si è auto eliminata, la sinistra come sempre non è d’accordo su nulla. Questi i presupposti del clima che si è instaurato in Italia. Un clima di sospetto nei confronti dei governanti e della politica e di antagonismo sociale diffuso che trova nel quotidiano i suoi motivi d’essere: l’impoverimento progressivo della popolazione, l’ostentazione dei privilegi di molti, lo spreco delle risorse, la legislazione truffaldina ed eccessiva, l’imposizione fiscale sfrenata e mirata in direzione di chi non può difendersi, l’evidente incapacità di coloro che si alternano nei palazzi del Governo. C’è però un filo che percorre la storia della nazione fino ai nostri giorni. Un filo rosso che sembra obbligare i contemporanei delle varie epoche, in successione, a compiere gli stessi atti, anche gravi, a distanza di anni, come se un grande vecchio, un suggeritore nascosto, desse ogni volta il segnale decisivo. E non importa il colore politico degli attori principali. Quando i fascisti, quando i comunisti, quando, come è accaduto di recente, i professionisti della grande menzogna, ad un certo punto arriva il momento decisivo per eliminare dalla scena l’avversario politico. E non si comprende perché i candidati all’eliminazione siano sempre socialisti. Matteotti, morto ammazzato perché i suoi interventi, le sue rimostranze, la sua determinazione, rappresentavano un pericolo per la stabilità del nascente movimento fascista. Craxi, trasformato in capro espiatorio di un malaffare generalizzato comune a tutti i partiti, compreso ad abundantiam quello comunista, che successivamente ha mostrato, quest'ultimo, il suo il suo vero volto, quello dei rubli russi e delle coop rosse; un malaffare che va oltre Mani Pulite, fino alla conclusione della parabola dipietrista. Bettino Craxi è stato processato e condannato in contumacia e lasciato morire in Tunisia senza le cure specialistiche che avrebbe potuto ricevere in Patria. Infine Berlusconi, certamente nemico numero uno di sé stesso, costretto, per difendersi dalla persecuzione giudiziaria non casuale, ad inventarsi, mal consigliato, le leggi ad personam, condannato “finalmente” con trucchi e trucchetti e definitivamente eliminato dalla scena politica. Diciamo pure che Matteotti avrebbe potuto essere più cauto nel manifestare la sua opposizione al Governo Mussolini, che Craxi avrebbe potuto denunciare il malaffare del “finanziamento illecito” e delle ruberie generalizzate prima che lo scoprissero i magistrati e che Berlusconi avrebbe potuto essere più cauto ed evitare di attaccare quotidianamente magistratura e comunisti come in una pantomima surreale ed avrebbe potuto inoltre gestire con maggiore riserbo quella specie di harem dell’Olgettina. Non sappiamo quale svolta avrebbe potuto avere la storia. Ma sono inconfutabili le modalità attraverso cui in Italia, in qualsiasi epoca, il pensiero fisso di chiunque stia al Governo, è soltanto quello dell’eliminazione dell’avversario politico, con metodi spiccioli e sbrigativi, specie se l'avversario vincente ha caratteristiche socialiste. Persino Renzi, etichettato in fretta come restauratore della Balena Bianca, non si è sottratto all’esercizio di quella forza dirompente che è data dalla sete sfrenata di potere. Infatti è riuscito ad eliminare l’avversario politico del momento, Berlusconi (per la verità un simulacro ormai di avversario politico), con il “giochino” del Nazzareno. Ma il suo colpo grosso è stato che prima di sedersi a Palazzo Chigi ha addirittura eliminato in un sol colpo due avversari all’interno al suo stesso partito: prima Bersani dalla Segreteria del partito e poi Letta dal Governo, con un’operazione ineguagliabile che rimarrà impressa nella memoria dei partiti e dei governi italiani di tutti i tempi, riassunta dalla vulgata nell'hastag #enricostaisereno.
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