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LO SHOCK DEL REFERENDUM GRECO HA PARALIZZATO LA POLITICA Tsipras fa il finto tonto, ma sa bene dove vuole arrivare. Obama invece teme il peggio. 09/07/2015 - (Greccio - Sant'Elena) Il tritacarne della storia d’Europa gira da vari giorni. Uno si aspetta che venga fuori il tritato… e invece nulla. Salvo qualche dichiarazione priva di contenuti da parte dei comizianti “a domicilio” tipo Grillo, Fassina e Vendola, non si sente alcunché di chiarificatore… neanche le dichiarazioni “polically correct” di una volta, anche se la sinistra ormai parla solo inglese (we can…). Il russo era di moda ai tempi delle Frattocchie quando bisognava imparare a leggere i diktat che accompavano le paccate di rubli che venivano elargite dai Padri Fondatori del Paradiso Comunista sedenti al Cremlino. Anche loro, come Martin Luther King, avevano un dream, invadere l’Italia entrando da Trieste e piantare la bandiera rossa sul Vaticano. In questi giorni la Merkel appare smunta, fiacca, delusa, sta peggio di quando doveva incontrare Berlusconi. Hollande ripete alla Merkel “Vai avanti Tu che a me mi viene da ridere…”. Varoufakis, beato lui, naviga ormai in altri mari. Tsipras, da impenitente impunito e faccia tosta qual è, li tiene tutti sulla corda come fanno i domatori di leoni al Circo. In casa nostra invece si recita il teatrino degli smemorati di Collegno. Dopo quindici anni di stupidaggini predicate dagli accademici bocconiani e dai loro sostenitori, quindi giornalisti della sinistra radicale, mezzibusti in cravatta rouge, professori di economia un tanto al chilo, presidenti di ogni ordine e grado, ministri con e senza portafoglio, viceministri, segretari e sottosegretari con poltrona dotata di Attak, persino banchieri d’Italia e d’Europa, dopo lo schiaffo solenne del Referendum greco, non sanno più cosa dire e che pesci pigliare. Fino a qualche settimana fa sembrava che facessero finta di non aver capito che l’adozione dell’Euro come moneta degli Stati membri era stata una manovra truffaldina architettata da grandi paraculos internanational, con l’assistenza di ben noti grancomì italiani, per fottersi la ricchezza degli Stati membri più indebitati e imboscarla in appositi conti cifrati accesi presso Deutesche Bank, Banque de France e Swisse Bank. Adesso che non possono fare più finta, adesso che tutti si sono accorti, anche i più scettici, che il Re prima era nudo e adesso è pure scorticato, si sono ammutoliti, non sanno che pesci pigliare, non sanno cosa farfugliare e quindi si sono ecclisati: spariti dalla circolazione. Il Presidente del Consiglio italiano, complici i suoi Ministri (con Berlusconi si chiamavano nani, saltimbanchi e ballerine, adesso piagnoni, cacasotto e paraculi), approfittando del fatto che la Merkel è volata da Hollande senza avvisarlo (perché mai avrebbe dovuto avvisarlo?) si è nascosto per la vergogna pensando: “Sparisco e lascio sedare le critiche sulla figuraccia che mi hanno fatto fare Merkel e Hollande, i quali, evidentemente, mi considerano come il due di coppe a briscola; così ben nascosto, nessuno può chiedermi come andrà a finire agli Italiani dopo il probabile default greco”. Due piccioni con una fava, quindi. Il panorama dell’informazione subisce le conseguenze delle volatilizzazioni governative, per cui i giornalai di sinistra che se l’erano spassata per quindici anni ad esaltare i prodigi dell’euro, sono impegnati in giravolte ridicole e contorsionismi da fiera. Sulle prime pagine dei quotidiani più accreditati e sui ring dei talkshow televisivi, pongono domande ai pochi volontari del panorama politico-economico e dell’informazione rimasti a galla (in Italia la maggior parte dei politici e dei giornalisti si è defilata: chi al mare, chi in montagna, chi nelle tenute presidenziali di San Rossore). Le buone domande rimangono però senza vere risposte, visto che le risposte sono concordate dietro le quinte e sono sempre le solite: vecchi annunci, auto celebrazioni, nuovi slogan e frasi fatte fritte e rifritte. A salvare la faccia dei giornalisti più avventurosi soccorrono le interviste a personaggi di nazionalità greca che parlano italiano e che vomitano livore sulle istituzioni comunitarie. Cosa molto utile questa, così nessuno del Governo potrà incolparli di aver diffuso notizie allarmanti per l’opinione pubblica italiana: “L’hanno detto i Greci”. Infatti i Greci intervistati ne dicono di tutti i colori contro l’euro, contro la BCE, contro la Troyka e contro la Germania. Che poi, se ciò che dicono fosse vero per la Grecia, perché non dovrebbe esserlo anche per l’Italia? La recente intervista di D’alema che ha fatto il giro del web, circa il “girotondo” o “manfrina” dei prestiti europei concessi agli Stati membri indebitati fino al collo, recita più o meno così: la BCE paga, lo STATO MEMBRO indebitato incassa e porta i soldi a DEUTESCHE BANK” che incassa a sua volta e poi paga gli interessi sui titoli dello Stato Membro indebitato fino al collo agli SPECULATORI che si ingrassano senza rischio alcuno. Ma siccome D’alema è un rottamato, quello che dice lui non vale più e comunque, detto tra noi, tutto questo poteva dirlo prima, se invece lo dice un disoccupato greco, è tutto vero. Questo il commento più dissacrante raccolto sotto il Partenone: “Il debito della Grecia è di 230 miliardi; le resistenze contro Tsipras hanno prodotto il Referendum, l’esito del Referendum ha prodotto una perdita netta delle Borse pari a 243 miliardi; non vi sembra che in questo gioco al massacro ci sia qualcosa di incomprensibile e di scoordinato?“. Da questi giochetti si capisce che chi, nell’organizzazione associativa economico-finanziaria che sta dietro l’euro, stabilisce le strategie, non ha alcun interesse a stabilizzare la moneta unica, né a renderla competitiva rispetto al dollaro, non ha in programma di mettere gli Stati membri al riparo dalle conseguenze nefaste degli spread e tanto meno di mettere gli Stati in posizione di parità tra loro eliminando le supremazie etniche e storiche. L'organizzazione vuole semplicemente impoverire gli Stati, renderli succubi, asserviti, privi di sovranità, allo scopo, ormai non più tanto occulto, di impossessarsi delle loro riserve auree e dei loro gioielli di famiglia che poi saranno rivenduti agli amici Canadesi, Americani, Cinesi e Arabi, se non captati da Stati partners. L'organizzazione vuole cancellare i primati produttivi di questi Stati in campo alimentare e industriale, massimalizzare la cultura, l’arte e la scuola, interferire sull’occupazione e sugli investimenti ed obbligare le nazioni a far regredire i popoli per poi applicare loro il modello cinese che è il più redditizio per gli speculatori di ogni ordine e grado: mano d’opera a basso costo, assistenza sanitaria zero, nessuna garanzia sindacale, congelamento delle regole contrattuali, riduzione delle pensioni fino alla soglia di povertà, tutte meno quelle dei bojardi di Stato. Il disegno strategico prevede anche l’abolizione di alcuni confini territoriali e il rafforzamento di altri, la cancellazione della storia e del linguaggio, il divieto di pensiero, di opinione e di critica ed infine l’archiviazione delle bandiere. C’è forse qualcuno nel Governo italiano che l’ha capito? E se lo ha capito, è capace questo qualcuno di fare qualcosa per impedirlo? Ritengo di no. Vi spiego perché. Se lo zingarello fin da piccolo viene addestrato a borseggiare i turisti alla metro, pensate che da grande andrà a fare il missionario? Se i minori arruolati dall’ISIS vengono addestrati a mozzare le teste ed a sparare nel cranio di poveracci inginocchiati e legati mani e piedi, pensate che da grandi si convertiranno al Cristianesimo e chiederanno di entrare in Seminario? La “formazione” dei giovani che aspirano a diventare politici passa attraverso le famiglie, i club, le sezioni di partito, i congressi, dove si insegna come fare per campare di rendita senza pagare dazio: si spiega loro che l’ente pubblico ha l’obbligo di creare posti di lavoro pubblici, che l’abuso d’ufficio è necessario per mandare avanti l’organizzazione, che il falso ideologico deve essere collegiale se no viene punito penalmente, ma in tal caso si può contare sulla prescrizione, grazie a tre gradi di un processo infinito, che le leggi si applicano per gli avversari e si interpretano per gli amici, che il danaro pubblico serve a finanziare la politica e che la politica sono i politici, che le imposte e le tasse servono innanzitutto a pagare i vitalizi, le magiori cariche istituzionali e i partiti e, se rimane qualcosa, allora si potranno pagare anche gli stipendi degli statali e per i lavori di manutenzione delle opere pubbliche o per la costruzione di nuove opere, bisogna sempre rimandare al prossimo esercizio finanziario, che l’evasione fiscale è un male necessario, che il Sud e le Regioni a Statuto Speciale possono fare quello che più aggrada al ducetto di turno, che le gare di appalto per i lavori sollecitati dagli “amici” le devono vincere le imprese amiche, che il danaro che le imprese amiche regalano ai politici prima o dopo aver vinto le gare di appalto non è frutto di corruzione e di concussione, ma è il giusto compenso per i rischi che corre un politico a fare il politico, che i contatti preelettorali con i capibastone locali non sono reati di appoggio esterno ad una organizzazione mafiosa, né accordi preventivi per il “voto di scambio”, ma predisposizioni necessarie, come di rito, per ottenere i voti occorrenti a vincere le elezioni ed esercitare il mandato politico. Ebbene, se la formazione dei giovani destinati dai partiti o dalle famiglie (certe famiglie) ad entrare in politica è questa, cosa volete che facciano questi giovani una volta che è giunto il loro turno di candidarsi alle elezioni comunali, regionali nazionali ed europee? Pensate che si trasformino in rappresentanti della Caritas o della Fate Bene Fratelli? Dunque, cosa possiamo aspettarci da questa classe politica? Nulla invero. Nulla che somigli alle decisioni di uno statista. Questi non sono statisti, ma statalisti. Di conseguenza, ormai tutti pendono dalle labbra di quel presunto fesso di Tsipras: giornalisti di sinistra, governanti per grazia ricevuta, sindacalisti di vecchia scuola, industriali con l’hobby di inquinare l’ambiente, banchieri e industriali sull'orlo del fallimento, bocconiani e professori dei vari atenei. Nel frattempo i salvatori della Patria, maldestramente selezionati ed eletti da elettori condizionati da capi-partito irresponsabili, sono spariti. E si sono eclissati pure gli Amato, i Tremonti, i Monti, i Prodi, le Fornero e tutti i professori che si sono succeduti al governo del Paese devastando, indisturbati, la struttura stessa dello Stato e sostituendola attraverso atti legislativi approssimativi e criminogeni, frutto di esperimenti cattedratici, verosimilmente attinti alle tesi dei dottorandi come usa nelle università italiane. Si sono liquefatti anche i Mastrapasqua e i Bassanini e i bojardi di Stato del loro calibro, ben protetti dall’intellighenzia, lautamente finanziati e premiati per avere accelerato il fallimento della nazione. Come se ne esce? Soltanto a tavolino, applicando l’algoritmo del Commesso Viaggiatore, efficace nella risoluzione dei problemi di ottimizzazione. Tra l’altro le relative operazioni algebriche ci riportano dritti a Pitagora ed ai matematici Greci e quindi alla Grecia, come nel gioco dell’oca. Tutto quindi ritorna, a dispetto delle teorie sballate che circolano sull’euro e delle posizioni antagoniste a prescindere, manifestate dagli USA. La storia dell’Europa, piaccia o non piaccia, continuerà ad identificarsi con quella della Grecia (Atene), con quella dell’Impero Romano d’Occidente (Roma) e con quella di ciò che è sopravvissuto dell’Impero Romano d’Oriente, ossia la Russia di Putin, nazione questa fondamentalmente europeista per tradizioni, religione e aspirazioni, ma tenuta in disparte e punita da USA e Unione Europea, perché, a dire il vero, Putin fa paura. Alla luce degli avvenimenti che incalzano in Medio Oriente, guarda caso, la storia sembra ripetersi. L’Impero Romano di Oriente, detto di Bisanzio, la cui capitale fu Costantinopoli, l’odierna Istanbul, nel 1453 cessò di esistere per mano di Maometto II e buona parte dei suoi territori divennero Impero Ottomano, cancellando, con l’introduzione della fede coranica, storia, tradizioni e lingua che furono dei Romani. Oggi, dopo circa 600 anni, su Istanbul e sui territori che costituirono l’Impero Ottomano pesa di nuovo il fiato grosso dei califfi. Qualcuno negli USA, prima o poi, dovrà mettere in conto il pericolo costituito dall’avanzata delle bande del nuovo califfato e farsi una ragione del fatto che Mosca non solo non può essere esclusa dal processo di costituzione dello Stato Europeo, ma deve essere coinvolta nelle iniziative di contrasto al processo di islamizzazione portato avanti dall’ISIS.
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