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LA SORTITA DI ERDOGAN E LE DICHIARAZIONI DI PUTIN Il pianeta è giunto al giro di boa della storia ma i capi occidentali non sembra se ne siano accorti 28/07/2015 - (Milano Expo 2015) Le notizie di politica estera che circolano in questi ultimi giorni vanno proprio nella direzione da me anticipata nei miei ultimi editoriali, quanto all’affidabilità della Turchia quale alleato NATO ed alle mire espansionistiche della Russia di Putin, non tanto territoriali, quanto di partneriato mediterraneo ed europeistico. Oggi Erdogan si accorge di essersi troppo sbilanciato… di avere cioè esagerato nello spingere la Turchia verso l'islamizzazione antistorica e improbabile. Ormai sono evidenti i pericoli che provengono dal rafforzamento dello Stato Islamico che alla lunga diventerà l’obiettivo privilegiato delle forze armate occidentali e quindi una presenza destabilizzante anche per i territori ad esso limitrofi. Penso inoltre che sul repentino cambiamento di rotta di Erdogan abbia anche pesato l’accordo sul nucleare siglato dalla Persia, dal quale è stato escluso proprio per quell’aura di de-europeizzazione ostentata da lui stesso negli ultimi anni. L’occasione ufficiale per fare dietro-front non c’era, quindi l’episodio cruento dell’attentato al raduno socialista avvenuto a Suruc, al confine con la Siria, durante una riunione di giovani Curdi e Turchi in partenza per Kobane per portare aiuti, gli è andata proprio a fagiolo. Infatti, a poche ore di distanza dal fatto di sangue, Erdogan ha chiesto la convocazione di una riunione straordinaria NATO. Probabilmente una mossa politica per tentare di contrastare il forte calo di consensi, alla vigilia del voto, ma anche una sorta di alibi per giustificare la riapertura ufficiale dei contrasti con il Pkk curdo, che da circa due anni erano stati sospesi. Il Pkk curdo accusa infatti Erdogan di aver organizzato lui stesso l’attentato ai volontari turco-curdi, al solo scopo di riaprire il conflitto contro i ribelli del Pkk, accusati di attentare all’unità nazionale. Ma i vari attentati in cui sono rimasti uccisi militari e poliziotti, firmati dal Pkk che accusa il governo di aver collaborato con i jihadisti nella strage dei volontari e la successiva esplosione al confine tra Iran e Turchia, che ha bloccato i rifornimenti del gasdotto, sembrano però dargli ragione. In effetti, ad essere minacciato è il confine Nato alla frontiera turca. Improvvisamente Erdogan ha concesso l'uso della base di Incirlik per lo schieramento dei cacciabombardieri USA e chiesto alla NATO una riunione d'urgenza. Ciò nondimeno, come ha voluto precisare il segretario generale dell'Alleanza atlantica Jens Stoltenberg al termine dei lavori, Erdogan non ha chiesto il coinvolgimento di truppe alleate. L'accordo contribuirà quindi ad aumentare i raid dei caccia americani in “territorio” ISIS. Contemporaneamente ha interrotto l'armistizio con i guerriglieri curdi del Pkk. Indubbiamente si tratta di una politica improvvisata che comunque dovrebbe fare piacere all’Occidente, anche perché indebolisce il personaggio e modera la sua comprovata inaffidabilità. Tuttavia la Turchia, che rimane impegnata nei raid aerei anti-ISIS nel nord della Siria insieme alle forze della coalizione, ha chiesto la collaborazione degli Usa per creare una “free-zone”, un'area cuscinetto nel nord della Siria, libera dal terrorismo islamico del califfato, al confine con la Turchia. Quello che da osservatore noto è che l’inaffidabile Califfo Erdogan, temendo una sconfitta elettorale che archivierebbe definitivamente la sua folle politica isolazionista e islamizzante, si stia dando da fare per riconquistare il consenso perduto e anzi, gioca contemporaneamente con più mazzi di carte per impedire ai Curdi di costituire un stato indipendente, per impadronirsi dei territori siriani confinanti con la Turchia, per liberarsi delle migliaia di profughi siriani la cui presenza in territorio turco gli ha fatto perdere consenso, per isolare fuori dal suo territorio le cellule jihadiste finora ospitate e sostenute senza tanti complimenti, alla faccia dell’alleanza atlantica, e infine per fare l’occhiolino agli USA nel tentativo di far dimenticare in una sola mossa gli anni di sordo antiamericanismo coltivato ed esibito, senza tanti misteri. La Turchia di Erdogan è diventata in effetti una porta aperta verso l’Europa, molto di più che la Bosnia e il Kosovo, a beneficio delle cellule del terrorismo filo ISIS. In tutto questo bailamme gli stati membri della Comunità europea stanno a guardare senza individuare un loro ruolo, senza prendere iniziative e, cosa ancor più grave, voltando le spalle all’invasione nordafricana e mediorientale che in atto interessa le coste italiane, ma che in un futuro prossimo venturo interesserà senza meno tutta l’area europea. Bene quindi ha fatto Obama ad approfittare della ghiotta occasione offertagli da un Erdogan, al momento in confusione e in crisi. Forse una delle poche mosse strategiche di politica internazionale di Obama, meritevole di considerazione, che rafforza l’immagine dell’Occidente agli occhi sia degli Alleati che degli Stati Arabi e soprattutto del califfato. E’ infatti evidente che da ora in avanti Erdogan non potrà impedire che i Curdi possano contare su una effettiva protezione nel disegno di indipendenza, oltre che su un più concreto appoggio nella conduzione dei combattimenti contro il califfato, per la liberazione dei territori occupati. La partita però non è semplice per i Curdi. La Turchia, chiunque vincerà le prossime elezioni presidenziali, non acconsentirà mai a cedere parti di territorio agli indipendentisti curdi. D’altro canto ad Erdogan, in questa fase abbastanza critica, interessa di portare a casa quanto più capitoli possibile del complicato piano che si è proposto di realizzare. E' evidente che un teatro così fluido e articolato non poteva non attrarre l'atenzione di Mosca, il cui vice ministro degli Esteri Oleg Siromolotov, a quanto pare, piuttosto che la tiepida opposizione all'ISIS guidata dagli Stati Uniti, che ritiene insufficiente e pericolosa, vedrebbe di buon occhio la creazione di una coalizione internazionale in funzione anti ISIS sotto l'egida dell'ONU, nella quale la Russia tenderebbe a ricoprire un ruolo di preminenza. Ma tornando alla Russia e a Putin, proprio oggi la stampa quotidiana occidentale, nel trattare la cronaca delle Festa della Marina Militare Russa, dà conto delle precise ed inequivocabili dichiarazioni di Putin circa il diritto della Russia di solcare i mari occidentali, il Mare del Nord, il Mediterraneo e l’Atlantico, alla stregua di tutte le altre potenze, preconizzando una espansione più accentuata nei mari del Nord, con la previsione di dotare la marina russa di nuove e più potenti navi rompighiaccio. Si tratta di una notizia non del tutto inattesa, almeno per quanto mi riguarda, visto che già parecchi mesi fa avevo teorizzato l’interesse della Russia di espandere le sue rotte almeno fino al Mediterraneo, là dove è più caldo ed evidente lo scontro tra la civiltà occidentale e l’inciviltà islamica ed africana. Con riferimento alle migliaia di sedicenti profughi che quotidianamente si riversano sulle coste italiane. Personalmente ritengo, e non mi stancherò di ripeterlo, che le potenze europee e gli USA non possono prescindere dall’esistenza della Federazione Russa, non possono continuare a pensare che il Muro di Berlino, definitivamente archiviato da oltre venti anni, sia ancora lo spettro dell’Occidente e infine non possono fare a meno di un alleato potente e astuto dal profilo altamente europeistico, da avvicinare, piuttosto che da allontanare e gettare nelle braccia della Cina, del Brasile e dell’India.
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