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UNO STATO CHE NON INSEGNA AI CITTADINI LE NORME DI COMPORTAMENTO NON E' UNO STATO LIBERO Siamo un Popolo ostagio di incapaci bugiardi approfittatori dilettanti opportunisti e millantatori 08/08/2015 11/04/2018 - (Roma)
Per governare un paese servono persone che, oltre a possedere nel loro DNA le qualità proprie del buon padre di famiglia e del buon cittadino, abbiano acquisito fin dalla più tenera età le abitudini dell'ordine e della disciplina.. Già... Le abitudini. Si... Perchè la civiltà dell'uomo si fonda sull'educazione, cioè sull'assimilazione di comportamenti condivisi che tutelino le strutture sociali create nel trascorrere dei millenni dal progresso dei popoli sulla base del diritto naturale. E' ovvio che per assimilare dei comportamenti è necessario che questi siano impartiti da altri e che vengano praticati abitualmente, quando per timore di pena, quando per speranza di ricompensa, quando infine per aspirazione propria connaturata nell'individuo. La conservazione delle abitudini nell'intelletto e nella volontà del soggetto dipendono poi da vari fattori quali l'autocontrollo, ossia il controllo di sè stessi ed il controllo di altri soggetti su di noi, soggetti a ciò preposti dall'organizzazione sociale; ma anche il riconoscimento della gerarchia sociale applicata a tutti gli aspetti del vivere, dalla famiglia, al lavoro, all'intrattenimento, quindi l'attitudine al confronto e l'indole personale che è semjpre diversa da individuo a individuo; infine occorre la pratica di soggetti terzi, ugualmente motivati a conservare le stesse nostre abitudini. Lo Stato, prima che le strutture sociali minori, deve farsi carico dell'obbligo primario di obbligare le generazioni che si susseguono a custodire, adottare e trasmettere l'impronta nazionale, il crisma del riconoscimento e dell'appartenenza, la marca delle origini e della cittadinanza, nonché il verbo del comportamento, delle aspirazioni e dell'impegno. Da questo obbligo dello Stato discende che ogni struttura governativa, quelle giunte al tempo presente dal travagliato iter della storia del Paese e quelle nuove che sorgono allo scopo di soddisfare le aspirazioni politiche di chi giunge al Governo del Paese o per la sperimentazione di nuove e più moderne tipologie di gestione amministrativa della cosa pubblica, deve farsi carico di regolamentare e poi di cointrollare che quei regolamenti vengano applicati da tutti: dagli uffici della pubblica amministrazione, dagli organizzatori del lavoro, dai responsabili della salute, della scuola, della giustizia, dagli addetti alla conservazione del patrimonio storico, monumentale, artistico ed ideale e comunque da tutti coloro che hanno ricevuto il mandato di perseguire lo scopo primario dell'educazione dei cittadini ed il compito di fare assimilare ad ognuno di essi, che siano dirigenti o sottoposti o beneficiari esterni o soggeti collaterali cooperanti, i concetti di ordine e disciplina, da applicare in ogni fase e grado dei rapporti con gli altri o con le strutture astratte nella quali o con la quali si realizzano le relazioni umane. Serve quindi gente in grado di programmare il destino del popolo, di formare i quadri dirigenti, di fare buon uso delle risorse, di alimentare la formazione permanente, di far progredire l'economia e l'impresa e di creare nei cittadini condizioni di sicurezza, di fiducia, di chiarezza e di funzionamento razionale e concreto. Si richiede inoltre che coloro che aspirino a governare il Paese abbiano compiuto adeguati studi ed acquisito e assimilato, fin dall’età scolare e nel prosieguo degli studi, i concetti fondamentali di famiglia, di popolo, di cultura, di diritto, di dovere, di libertà, di obbedienza, di lavoro, di sacrificio, di organizzazione, di solidarietà, di bene sociale, di rispetto della persona, di tutela della proprietà privata, di Nazione, di Patria, di rispetto del territorio e dell'ambiente, di Carta Costituzionale, di legge, di Stato, di Governo, di funzione delle imposte, di importanza dei servizi, di correttezza nell'amministrazione dei beni dello Stato, di funzionamento dei servizi, di interesse pubblico. E si potrebbe ancora continuare. A latere, ma con la stessa diligenza, è necessario che i futuri uomini di Governo provengano da famiglie oneste, solidali, ben educate, contrarie alle raccomandazioni, intraprendenti piuttosto che parassite, generose e non sfruttatrici, soprattutto che non abbiano acquisito nel loro DNA difetti atavici trasmessi loro da antenati barbarim selvaggi o criminali. Gente cioè che non abbia già acquisito regole di vita negative come la prepotenza e la sete di dominio e che non abbiano vissuto privazioni, persecuzioni, pestilenze, carestie, malattie incurabili, disperazione, ecc.; ma soprattutto che non tendano ad impostare i rapporti umani e la gestione delle cariche amministrative dello Stato e degli enti pubblici sull'opportunismo e sul compromesso; infine, last but not least, che siano esenti da quella fame atavica, viscerale che li ha ormai resi insaziabili, predatori, traffichini, cleptomani e assetati di potere. Coloro che fin dall'infanzia, piaccia o non piaccia ai pusillanimi della politica atea o qualunquista, vengono preparati a diventare uomini di “governo” appartengono a categorie sociali di nicchia, anche a volte negative e asociali, comunque lontane dal mondo ordinario: I Principi di Casa Reale che si preparano a diventare Re; (2) I Seminaristi che studiano per diventare Sacerdote , Vescovo, Cardinale e Papa; (3) I Figli dei Mafiosi che fin dalla più tenera età vengono addestrati alla violenza, al sopruso, alla prevaricazione, al ricatto, all'estorsione, all'omocidio per poi diventare Capo di Cosa Nostra; (4) ed infine i Figli di Califfi dell'ISIS che fin da adolescenti vengono abituati con la pratica del plagio a scannare gli infedeli come si fa con i capretti, a sparare alla testa di uomini immobilizzati, a decapitare uomini umiliati, a bruciare vivi uomini chiusi in gabbie di ferro, a seppellire vivi uomini, donne e bambini in fosse comuni ed a compiere tante altre orribili pratiche. Il tutto finalizzato a costruire servi criminali obnubilati dall'oppio di una religione costruita a tavolino da un pazzo per sottomettere i popoli e manovrarli all'occorrenza per conseguire il volere di altri pazzi. L'aspirazione dei responsabili del governo dei popoli deve mirare ad ottenere risultati educativi dell'individuo e delle masse simili, per profondità e convincimento, a quelle della categorie che da un punto di vista sociologico astratto definirei, nel bene e nel male, privilegiate. Quindi risultati di sicura pratica, comunque e sempre accompagfnati da un assiduo controllo dei compèortamenti da parte di organi incorruttibili ed a loro volta controllati. Ci si chiede da secoli: Chi controllerà i controllori?... E su questa ridicola boutade si sono ancorate le democrazie, incapaci di sviluppare organismi e figure professionali tali da accompagnare il destino dei popoli su sentieri di rispetto reciproco, di progresso condiviso, di solidarietà e di benessere, in un quadro di giustizia sociale, di riaspettgo della Stato e dei cittadini e di certezza del diritto e della libertà condivisa. Alle tre categorie sociali che perseguono i,principio dell'educazione profonda ed ineludibile dei loro componenti, potremmo ancora aggiungere la Mssosneria, le organizzazioni di polizia politica come ad esampio qualle della Gestapo del Terzo Reich., Sono lontano dal considerare positive e invidiabili dal punto di vista delle opere e dei comportamenti tutte le categorie sopra richiamate (forse escludendo quella religiosa), ma l'esemplificazioine mi serve per spiegare il coincetto: soltantro un Stato serio e motivato, capace di progettare il futuro della sua gente e di portare avanti con profitto e risultati tangibili e positivi quel progetto indipendentgemente da quale fazione politica giunga a governare il Paese, ebbene, quello Stato non può rimanere ancorato ai pregiudizi del passato storico, coi quali poi dividerà il Paese in fazione l'una contro l'altra armata e nell'imperio assoluto che gliene deriverà, distruggere la ricchezza, impoverire la Nazione e paralizzare lo Stato nei rapporti interni e con le altre nazioni. In altre parole, con riferimento al Dopoguerra, forse nessuna delle nazioni belloigeranti nel secondo conflitto mondiale ha ancora abbandonato la classificazione interna dei popoli in gente di destra e gente di sinistra, ossia in comunisti assetati di sangue, di vendetta e di potere e in nazifascisti che meditano la rivincita; si introducono quindi nuove dottrine sociali, si polverizzano i partiti nati nel secolo diciannovesimo, si sperimentano nuovi partiti (una miriade) senza passato, senza storia, senza morale, senza statuto, senza scuola di partito e si tentano soluzioni sovrannazionali alla ricerca della pace, della libertà, dell'uguaglianza. Ma chiunque giunga nelle stranze dei bottoni, magari inventerà nuove definizioni per indicare i rapporti tra gli Stati, magari isolerà nuovi nemici e nuove teorie macroeconomiche, ma in fondo in fondo le aspirazioni rimarranno sempre quelle del 1939-1945: eliminare i fascisti, ora populisti e difendere le economie interne (solo quelle, perchè i popoli sono ormai ubriachi di liberttà e di democrazia e quiindi possono liberamente morire di fame, di disoccupazione, di droga e di aborto... liberi di annientarsi e tutti miseramente uguali di fronte alla distruzione planetaria) a scapito di quelle dei paesi pikù indebitati; con queste modalità ormai generalizzate nell'intero pianeta, senza contare i territori che stanno peggio, dove si muore ogni giorno per la stoltezza di una guerra infinita, gli Stati sovrani vengono trasformati in succursali del nuovo imperialismo dei banchieri e degli speculatori, nel quadro di una globalizzazione selvaggia che premia soltanto le nazioni i cui popoli sono cresciuti nella miseria e nella schiavitù, senza alcuna garanzia tranne quella di morire, perchè neanche quella di nascere gli fu data. Ormai, archiviate le generazioni formatesi nella prima metà del XX Secolo, la famiglia e la scuola pubblica non svolgono più appieno il ruolo di preparare i giovani ad una vita responsabile di figli obbedienti, padri esemplari, lavoratori opnesti e cittadini modello, tanto meno i partiti e la società post fascista hanno svolto il ruolo di prepararte uomini di governo. . Generalmente le lezioni sono impartite da docenti svogliati, più che altro assillati dal precariato e dalle misere paghe. Tra l'altro insegnanti cui non sono state insegnate le tecniche dell'insegnamento, che procedono a braccio secondo il carattere, curandosi di affermare la loro personalità piuttosto che trasferire le loro conoscenze ai discenti, dei quali misurano col bilancino l'apprendimento di date, terminologie arcaiche, fatti ininfluenti, dottrine marginali, tecnologie sorpassate, mortificando e bocciando i giovani per antipatie malcelate, giovani che nella vita emergeranno ben oltre le aspettative comuni. Il tutto, in aule scolastiche sgangherate e pericolanti. Normalmente i giovani diplomati devono ancora apprendere i fondamentali di ciò che sarà loro richiesto negli ambienti di lavoro (lavoro disponibile nelle percentuali minime offerte da un asfittico mercato). Ci provano, distrattamente, i genitori, nel tempo che rimane loro libero ai padri e alle madri e svogliatamente nelle aule scolastiche, ma i risultati non possono competere con la realtà del paese e del mondo. Da noi è avvenuto qualcosa che nessuno riuscirà mai a spiegare compiutamente. In virtù di questi errori madornali, commessi deliberatamente dai cosiddetti Padri della Costituzione, ma più che in virtù, direi per demerito (anche i Papi sbagliano le Encicliche…), da noi si è affidato troppo spesso il governo del paese a Commissari temporanei, non a nominati dal popolo, che hanno agito indisturbati come se fossero stati eletti. Anzi peggio, perché, per un malinteso costituzionale e legislativo, non dovendo rispondere praticamente a nessuno dei propri atti (invece avrebbero dovuto o dovrebbero rispondere almeno alla Magistratura…), hanno operato a man bassa, quando da dilettanti allo sbaraglio, quando da utili idioti, quando da killer consapevoli, sulla realtà del paese, applicando teorie sperimentali dissepolte dagli archivi universitari dove erano rimaste per decenni ad ammuffire, ed applicate criminologicamente alla carne viva e sofferente del paese. Ritengo che sia folle continuare ad affidare il governo del paese a gente che, pur non avendo alcuna preparazione specifica, si auto propone, per interessi e rendiconti personalistici, e smanetta e sgomita per surclassare avversari della stessa specie, come nell'immagine di cani affamati che si contendono un osso ormai spolpato. Ritengo che i governanti di un paese civile debbano essere scelti e chiamati dal popolo. Non possono auto proporsi, imporsi, insinuarsi, magari poi cambiando casacca a seconda delle convenienze personali. Invece questo è quello che “in pratica” sta avvenendo da alcuni decenni in Italia. Il Presidente della Repubblica in questo paese ha il compito, non il potere, di dare l’incarico di governare il paese a persone scelte dal popolo. Soggetti dotati delle qualità adatte al governo della cosa pubblica non si inventano, non nascono già pronti e non si trovano ad ogni piè sospinto. Questo vale sia per l’Italia che per tutte indistintamente le nazioni. Non è che qualsiasi individuo, rivestito della patente di cittadino repubblicano e democratico, quindi per legge soggetto di diritti tutelati dalla Costituzione, possa vantare il possesso delle qualità necessarie a governare un Paese. Eppure in Italia accade proprio questo, a partire dai candidati ai Consigli comunali, fino ai candidati al Parlamento. Chiunque, assistito da tecnici raccomandati, spesso incentivato da lobbies professionali se non mafiose, forma liste, fa campagna elettorale, promette mari e monti che il popolo si beve nella speranza di cambiare, per la stanchezza, per il desiderio di migliorare il proprio stato. Ma nuovo non sempre vuol dire efficiente, adatto, utile. E’ così che ci ritroviamo ad essere governati a tutti i livelli da principianti allo sbaraglio, da incapaci, pilotati da mani occulte, pagati lautamente, purché firmino, facciano, promuovano ciò che i poteri occulti comandano: delibere, leggi, decreti, facenti parte di un disegno criminoso che talvolta neanche gli stessi “governanti fantoccio” conoscono o sono in grado di valutare. Questo è l’errore madornale che è stato occultato con estrema leggerezza nelle pieghe dei concetti di libertà e di democrazia posti a base della Carta costituzionale, per limitare alcuni aspetti sostanziali del diritto naturale e soprattutto per superare con l'inganno antagonismi politici. Questo “vizio di fabbricazione” ha inquinato irrimediabilmente gli equilibri della società italiana e minato in modo irreversibile i principi della convivenza civile. Questa gente ha procurato danni incredibili al paese, alle persone, alle imprese, che in altri tempi e/o in altre società, avrebbero provocato sommosse e rivoluzioni cruente. Però nell’Italia di oggi no, non è successo nulla. E il perché non sia successo nulla è molto semplice da spiegare. Quello del 1948 era un popolo stanco della guerra, ferito nell’orgoglio e nell’anima, povero, emarginato politicamente dalle nazioni che avevano costretto la Germania e il Giappone a deporre le armi e trattato da indigente con gli “aiuti” del piano UNRA, quindi costretto dai governanti insediatisi nella stanza dei bottoni con trucchi e trucchetti (non saranno mai chiariti a sufficienza i dubbi sulla regolarità del referendum Monarchia – Repubblica) e con l’aiutino dei confessionali, a ricostruire la Nazione ferita, col capo chino e la schiena spezzata. Oggi nessuno parla ai giovani del Piano UNRRA. Forse neanche gli odierni insegnanti sanno cosa sia. E allora mi sia permessa una digressione. L'United Nations Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA) era un'organizzazione delle Nazioni Unite, con sede a Washington, istituita il 9 novembre del 1943 per assistere economicamente e civilmente i Paesi usciti gravemente danneggiati dalla seconda guerra mondiale e fu sciolta il 3 dicembre 1947. L'organizzazione traeva i suoi fondi da contributi che gli stati che non avevano subito devastazioni versavano per la ricostruzione postbellica. In un secondo momento, la sua opera venne estesa anche ai Paesi sconfitti, tra cui l’Italia, nel senso che gli “aiuti” che ci hanno dato con una piccola ed avara manina, sono stati poi rimborsati dal popolo italiano fino all’ultimo centesimo e con gli interessi, insomma un business, sulla pelle dei bombardati, degli occupati e degli sconfitti. L'Italia venne ammessa a beneficiare del Piano UNRRA nel 1946 a seguito degli “Accordi di Roma”. In particolare in Italia furono istituite l'UNRRA-Tessile, a cui spettava la distribuzione di tessuti di cotone e lana per rivestire un popolo nudo e ridotto in miseria, infestato dalla malaria, dai pidocchi, dalle zanzare e dalle mosche e l'UNRRA-Casa per la ricostruzione delle case distrutte dai bombardamenti americani. Ebbene, il popolo del 1948 era comunque un popolo orgoglioso, onesto, abituato al dovere, lavoratore, disciplinato, ancora capace di fare sacrifici. La famiglia era integra, gli adolescenti e i giovani rispettavano i genitori, gli anziani, i docenti, le donne, l’autorità di polizia, i pubblici ufficiali, i sacerdoti. Veniva impartita ancora un’educazione familiare e civica da fare invidia e ciò avveniva nella famiglia, nella scuola, nell’oratorio, nei posti di lavoro e nelle forze armate, dove i giovani prestavano servizio obbligatorio di leva. Quando si accredita la ricostruzione della nazione, il cosiddetto miracolo economico, ai governanti dell’epoca, cioè a quelli che avevano vissuto gli anni del fascismo tra Svizzera, Francia, Vaticano e Russia, si compie un errore gigantesco. Il merito della ricostruzione e del “miracolo economico” va riconosciuto per intero a quei cittadini, a quel popolo, a quegli Italiani che erano reduci dai campi di battaglia e dai campi di prigionia, a quegli Italiani che, pur rimasti in Patria, avevano ugualmente lottato per ideali che alla fine della guerra erano ormai considerati scomodi, pericolosi e fuori moda. Il merito della ricostruzione e del “miracolo economico” non va pertanto riconosciuto ai governanti dell’epoca, che se ne sono fregiati per anni, i quali non erano affatto diversi dai governanti odierni, figli, sia questi che quelli, della stessa ideologia antifascista e della stessa politica statalista e forniti della spocchia di vincitori delle guerra civile, altrimenti intesa come guerra di liberazione. A ricostruire l’Italia, a far risorgere il Paese, ci ha pensato dunque il Popolo Italiano del Dopoguerra, quello educato nel periodo fascista, quello reduce dalla guerra sbagliata e tuttavia glorioso per aver portato alto il nome della Patria e per aver lasciato sul campo di battaglia migliaia di soldati morti, molti dei quali mandati irresponsabilmente allo sbaraglio, alla ricerca di una gloria effimera e impossibile , e tanti altri traditi da connazionali senza scrupoli incaricati da una regìa politica rivoluzionaria a sostituire le munizioni coi sassi e la benzina con l’acqua (Navi e Poltrone di Antonio Trizzino). Tutto legittimo, per carità. Non è che l’esito di quella infelice guerra sarebbe stato diverso. Per comprendere a fondo i motivi del deterioramento morale ed intellettuale della persona, delle istituzioni e della società, è necessario approfondire cosa è successo in Italia dopo la ricostruzione degli anni Cinquanta e Sessanta e dopo il cosiddetto miracolo economico. E’ successo che, venute meno le persone della ricostruzione, sostituite da nuove leve animate da ideologie contrapposte e odio di classe e imbottite di Vangelo e Marxismo. Alcuni anti Italiani coltivavano il sogno di far entrare in Italia i carri armati Russi per realizzare in Italia il Paradiso Sovietico dei Gulag. Per questo, per decenni, ben noti cassieri comunisti hanno incassato ed amministrato pacchi di rubli provenienti dal Cremlino. La classe politica insediatasi al potere nel 1948 non aveva quindi nulla a che spartire con i cittadini italiani formatisi nelle famiglie e nelle scuole fasciaste. Era piuttosto madre e insieme figlia del nuovo paese democratico e liberale, quello costituito dai Padri della Costituzione, i quali non conoscevano il popolo che si apprestavano a governare, infatti avevano vissuto il periodo fascista all'estero, da antagonisti e si erano eclissati per prepararsi a “liberare” l’Italia dal fascismo. Costoro erano innanzitutto i padri del referendum “monarchia-repubblica” e in seguito divennero anche i padri della “legge truffa” che non è mai stata archiviata del tutto e che ogni tanto riaffiora, quando come Porcellum, quando come l'elaborando Italicum. Un truffa che continua a favorire i disegni dei politicanti ed a danneggiare il popolo. Popolo disinformato, che non conosce la vera storia d'Italia, semplicemente perché non gli viene insegnata. Peraltro sono cambiati i metodi di insegnamento, sono cambiate le materie, gli ideali sono diventati ideologie e sono cambiati persino i libri di scuola e gli insegnanti. Per venti anni, i più vituperati venti anni della storia dell’Italia “unita”, la nazione è stata guidata da un Duce. Questo Duce, piaccia o non piaccia, ha unito il paese ed ha cercato di formare un unico popolo di quella moltitudine lacerata e attonita che era sopravvissuta alle cruente manovre che avevano portato all’unità d’Italia e che non era ancora guarita dalle ferite della Prima Guerra mondiale. Ha costruito palazzi istituzionali, dighe, ponti, strade, parti intere di città come Roma, case popolari e case per gli statali, case coloniche, case cantoniere, ospedali, asili per l’infanzia, palestre, bonificato aree paludose, portato l’acqua dove non c’era e creato organismi e regole che sono tuttora vanto della nazione, provvedendo per tutti gli Italiani, dai nascituri, agli adolescenti, ai giovani, alle donne, agli agricoltori ed ai metalmeccanici. Fu il Duce che nel 1934 creò gli Ordini professionali che i democratici e i repubblicani si sono guardati bene, fino ai nostri giorni, dal modificare. Poi, accadimenti gravissimi nella condotta finale di questo Duce, ne hanno determinato la caduta e l’infausta fine. Ebbene, dopo cinque logoranti anni di un atroce e ingiustificabile conflitto, di bombardamenti, occupazioni, invasioni, stragi, la popolazione sperava che a dirigere le sorti dalla nazione giungessero finalmente soggetti lungimiranti, altruisti, disinteressati, maestri di etica, sottili interpreti della volontà popolare e costruttori di benessere. Ad esaminare i risultati, questo non è accaduto. Il popolo si è accorto di essere stato governato da una pletora di altri duci e ducetti che manifestano la loro tracotanza non più contro il “nemico” che non c’è, ma contro il cittadino, contro il corpo costitutivo della nazione, quello che si impegna a far vivere e progredire il paese. Gli Italiani del Dopoguerra onoravano i debiti e pagava le tasse, infatti il miracolo economico è stato il frutto dell’adozione su larga scala della cambiale. Tasse sostenibili, che venivano concordate de visu con gli assessori nei Comuni. Tasse sostenibili e sufficienti a ricostruire il paese ed a mandarlo decorosamente avanti. Rispettavano le leggi, amavano lo Stato, si appassionavano alla politica. Come mai tutto ciò è cambiato? A cosa è dovuta questa enorme, irreparabile caduta di stile della politica e dei suoi rappresentanti? Assaporata l’ebbrezza del potere, il corpaccione dei nuovi politici e dei nuovi governanti e pubblici amministratori, si è talmente ingrassato che, per mantenere il nuovo status (da popolano comune a membro di una casta) si è adoperato astutamente (come avviene in un’associazione per delinquere) per mantenere il più a lungo possibile le posizioni di potere acquisite. Ormai la politica è diventata un mestiere e in tale contesto è prevalsa la teoria del “profitto”. Profitto realizzato con ruberie sofisticate, con trucchi e trabocchetti parlamentari sempre più specializzati, con accordi sottobanco, con favoritismi e privilegi, con opportunistici cambi di casacca, che hanno dato luogo a progressivi aumenti della pressione fiscale e che hanno prodotto un debito pubblico enorme che continua ad aumnentare e che sarà impossibile sanare, costringendo i cittadini ad evadere le tasse per sopravvivere e provocando una stagnazione in tutti i settori del mondo lavorativo, ad eccezione del mondo bancario che viaggia incontrollato e pressocchè autonomo, traendo profitto dai capitali, lasciando a sè stesse le imprese e turlupinando i risparmiatori. Un mestiere quindi da svolgere senza controlli di sorta, da “esercitare” il più a lungo possibile attraverso promesse allettanti durante le campagne elettorali e l’impegno di compensare i cosiddetti “grandi elettori” (ossia quelli che convincono la gente a votare il candidato prescelto) con incarichi ben pagati, con appalti di lavori pubblici strapagati e con assunzioni nell’impiego pubblico. A margine, vale ricordarlo, che fu Fanfani a teorizzare che “lo Stato deve essere il principale creatore di posti di lavoro mediante assunzioni negli enti pubblici”. Quello stesso Fanfani che da ministro dell'agricoltura faceva spostare le mucche da regione a regione per ingannare gli Ispettori della Comunità Europea; quello stesso Fanfani che a tempo perso dipingeva delle strane Madonne che poi rivendeva a caro prezzo (tutto regolare?...). Con la creazione delle Regioni, delle municipalizzate e delle Spa a capitale pubblico, i posti di lavoro da “elargire” quale compenso per le campagne elettorali vinte, si dilatarono a dismisura e non si accenna tuttora a bloccare il fenomeno di malcostume. Con i risultati di malfunzionamento e di indebitamento ormai noti alla stragrande maggioranza dei cittadini. Ci hanno insegnato che “il pesce puzza dalla testa”. Un insegnamento vacuo e approssimativo che va radicalmente rivisto. Nel caso italiano, il “pesce” metaforico che sta ad indicare la nazione nel suo insieme ha da sempre, dal 1948, una testa imbellettata, profumata, persino illibata e irreprensibile. Parliamo di Presidente della Repubblica, di membri della Corte Costituzionale e di Magistratura. Infatti, che necessità avrebbe un Presidente della Repubblica di appropriarsi illegittimamente dei soldi dello Stato, dalla sua posizione invidiabile, dotato com’è di un appannaggio più che regale, del quale per legge non è tenuto neanche a rendere conto? Lo stesso vale per i membri della Corte costituzionale, dotati del massimo supporto stipendiale possibile, rimpinzati di appannaggi pensionistici e liquidazioni astronomiche già prima di accedere agli alti scranni. Tutti indistintamente con la certezza di diventare Presidenti della Corte stessa, con ciò che comporta economicamente tale certezza. Di conseguenza, “il pesce italiano”, non potendo puzzare dalla testa, si è specializzato nel puzzare dalla “pancia”, ossia da quel luogo nauseabondo ove sono ubicati tutti gli organi di direzione e comando, ossia i “visceri” necessari alla prosecuzione della vita (cuore, polmoni, fegato, pancreas, milza, reni, budella), senza i quali la stessa “testa” morirebbe esangue, intossicata e denutrita. A partire dal 1948 e con la Costituzione fresca di stampa, la classe politica e dirigente dello Stato si è adoperata per osannare e rendere intoccabile la testa del corpaccione italico e per occupare “manu militari” la pancia della nazione. L’occupazione cominciò infatti con le armi in pugno, come in tutte le rivoluzioni, con la deposizione dei dirigenti fascisti, con l’insediamento dei partigiani armati e con le fucilazioni di rito. La pancia italica si è infatti andata costituendo con ministeri e relative poltrone, enti pubblici e relativi amministratori, sindacati intoccabili e incontrollati e partiti sommersi ciclicamente di rubli, di dollari, di bustarelle e di finanziamenti statali per far condurre una vita da nababbi ai rappresentanti dei lavori e del popolo, alla faccia degli Italiani. Tra alterne vicende, e per enucleare dal corpo legislativo preesistente (quello costruito alacremente e cum granu salis dal regime fascista) tutti i residui legislativi che si opponevano alla “libera gestione” della Cosa Pubblica, vennero eliminati quasi tutti i pali e i paletti e i controlli incrociati, si votò l’abolizione del giuramento, l’abolizione dei segretari comunali dipendenti dai Prefetti e fu realizzata la incauta cessione ai dirigenti degli enti pubblici della gestione economica in cambio della mano libera ai politici nelle “strategie” di indirizzo della spesa. Leggasi consulenze e appalti. Ebbene, questa “pancia italica” che doveva nutrire e tenere in buona salute il popolo è ora infestata da tumori di ogni genere che hanno contagiato l’intero “corpo nazionale”, ossia gli stessi cittadini italiani, le imprese, i dipendenti pubblici, le organizzazioni no-profit, la scuola, la sanità, le professioni ed hanno contaminato persino parti di quella “testa” che sarebbe dovuta rimanere libera e indipendente. Una “pancia” molliccia, puzzolente, nauseabonda che dal 1948 si è impadronita dell’Italia e non accenna a mollarla. Così l’Italia oggi è dotata di un “corpo” di cittadini geneticamente modificati che tendono, nessuno escluso, ad evadere le tasse ed a godere di favori e raccomandazioni in tutti i settori, specie in quelli pubblici. Un “corpo” di cittadini ormai condizionato da “visceri” dirigenti impazziti che legiferano irrazionalmente adattando gli articoli e i commi alle esigenze rappresentate dagli amici, che aumentano a dismisura la pressione fiscale, che non si curano degli effetti della cancrena da loro stessi prodotta in tutti i settori delle realtà sociali, economiche, culturali, educative e che continuano sfacciatamente a spendere e spandere senza ritegno i soldi pubblici, continuando ad indebitare lo Stato, incuranti degli effetti nefasti della loro folle gestione. Anzi, assistono impassibili, divertendosi anche, allo sfacelo generale, come nella lugubre immagine del Titanic che va a fondo. Occorre ritornare alle origini storiche, riportando i costi delle cariche pubbliche rappresentative costituzionali ai livelli del 1961, cioè riducendo progressivamente l’incidenza sul bilancio pubblico di tali costi. Occorre ricondurre i mandati parlamentari e locali al ruolo di “missione” non retribuita, semmai rimborsando sobriamente il necessario, cancellando le spese di tutto l’apparato statalista, limitando i mandati ad una sola legislatura, inibendo l’esercizio del mandato, non solo ai condannati ed ai rinviati a giudizio, ma anche a tutti coloro che svolgono ruoli in conflitto d’interesse con la legislazione che dà origine alla spesa o che possa in qualche modo agevolare o penalizzare una qualsiasi categoria rappresentativa a livello nazionale: professionisti, titolari di aziende, titolari di società di comunicazione e di trasporto, banchieri, titolari di società di assicurazione, sindacalisti, magistrati, appartenenti alle forze e ai corpi armati dello Stato, ministri del culto e assimilati di qualsiasi religione, soggetti dediti a pratiche equivoche e amorali, stranieri la cui famiglia di origine non sia italiana, ecc. Ogni opinione, ogni editoriale, dovrebbe concludersi con un auspicio, con una raccomandazione, o almeno con una previsione, che in questo caso sarebbe nefasta. Mi viene in mente una considerazione evangelica: che le parole diventino seme, che il seme trovi terra fertile per germogliare e che i germogli diano vita a sentimenti generalizzati di riscatto del popolo, della Nazione, dei prossimi governanti, nel contesto nazionale ed in quello autorevole dei rapporti con le altre nazioni. Non si può affidare il governo di un paese a chi si autopropone per interessi e rendiconto personali e smanetta e sgomita per surclassare gli avversari. I governanti devono essere chiamati dal popolo, non possono auto proporsi, imporsi, insinuarsi, magari poi cambiando casacca a seconda delle convenienze personali. Invece questo è quello che “in pratica” sta avvenendo da alcuni decenni in Italia. Il Presidente della Repubblica in questo paese ha il compito, non il potere, di dare l’incarico di governare il paese a persone scelte dal popolo. I governi tecnici sono una soluzione momentanea che protratta nel tempo diventa pericolosa. Infatti ha già fato danni irreparabili. Un paese viene per brevissimo tempo “commissariato” perché il popolo ha sbagliato i calcoli e non è riuscito ad eleggere i suoi governanti. Ma questo fatto non autorizza il Capo dello Stato a dare vita ad una lunghissima supplenza scegliendo i governanti a suo piacimento, cambiandoli ogni tanto, infischiandosene della volontà popolare e della Costituzione. In qualsiasi paese democratico un simile comportamento sarebbe un attentato alla Costituzione. In Italia no. Chi lo fa è anzi considerato un salvatore della Patria (da alcuni). Inoltre i commissari “supplenti” nominati dal Capo dello Stato devono attendere alle operazioni di ordinarissima amministrazione, intendendo che non possono legiferare, non possono abrogare o modificare leggi, non possono imporre tasse, e così via discorrendo. Un governo composto da commissari supplenti, che impone tasse, tributi e imposte, che modifica leggi, che introduce principi strampalati suggeriti da potenze straniere che coltivano interessi nazionalistici (Stati Membri della Comunità Europea), che tassa il risparmio della povera gente erodendo i piccoli capitali perché i miseri interessi corrisposti dai superprotetti istituti di credito sono insufficienti a pagare la tassa imposta su conti correnti e libretti di risparmio, che abroga normative consolidate e sopprime diritti acquisiti, è un governo criminale e chi ha il potere di impedire che ciò accada ed invece lo permette, è ancora più criminale dei commissari disonesti. Per governare un paese servono uomini che abbiano acquisito e maturato un insieme di esperienze nella famiglia di origine nei primissimi anni di vita. L’esperienza maturata da un individuo nella prima infanzia è fondamentale nella formazione del cittadino futuro. La famiglia è di solito un contenitore di insegnamenti, osservazioni, imposizioni anche, condizionamenti, vittorie e sconfitte, che forgiano l’individuo, lo preparano alla vita, lo temprano, lo preparano ad affrontare le sconfitte, a reagire positivamente e ne fanno un soggetto che nella vita, fatte salve le imprescindibili eccezioni, si comporterà come gli è stato insegnato. Se gli insegnamenti sono stati negativi, i comportamenti del soggetto saranno negativi; se diversamente gli insegnamenti saranno stati positivi, completi, equilibrati, orientati cioè ai principi di lealtà, onestà, senso dell’onore e dell’amor proprio, senso di responsabilità, i comportamenti futuri del soggetto saranno sicuramente positivi. Il governo di una nazione deve essere affidato, non ad arrivisti impreparati che si auto propongono perchè affascinati dal mito del facile guadagno, piuttosto che dal sacrificio di servire il popolo. Occorre quindi individuare soggetti che nella loro vita, quindi nella famiglia, nel lavoro, nei rapporti umani, nei propositi, nelle determinazioni, nei desideri, nelle inclinazioni, nei bisogni, esprimeranno profili riconducibili alla categoria degli uomini di governo. Generalmente, senza avventurarsi in percentuali dal sapore stantio e scolastico, nel caleidoscopio di una popolazione troveremo gente che ama la famiglia e gente inadatta a condurre a termine un rapporto coniugale; gente che adora il lavoro e gente che lo odia perché nato fannullone, sfruttatore e vagabondo; gente capace di sacrificare forze, tempo, denaro, risorse, per conseguire importanti risultati e gente amorfa, priva di iniziativa, limitata nella visone d’insieme dell’esistenza umana, che aspetta che gli altri gli ottengano non solo ciò di cui necessita. ma anche il superfluo. Si troveranno certamente anche soggetti disposti a delinquere, pur di ottenere benefici e conseguire risultati, pur di acquisire beni senza fatica e sfruttare le situazioni. Si troveranno tra l’altro anche soggetti incapaci di valutare le conseguenze dei loro stessi comportamenti. E’ quindi utopistico immaginare, prefigurare, pensare, che chiunque dei cittadini di un paese, evidentemente composto dalle più varie realtà morali, intellettive, economiche, caratteriali, possa essere idoneo a governare un paese per ilo solo fatto che la Costituzione lo considera cittadino italiano soggetto di diritti. Questo è un enorme errore, un malinteso ideologico della democrazia. La maggior parte dei cittadini non è in grado di comprendere, di gestire, di amministrare fruttuosamente una carica pubblica. La maggior parte dei cittadini non è in grado di condurre a termine gli scopi per cui la carica che va immeritatamente a ricoprire è stata istituita, ossia gli scopi di curare l’interesse dei cittadini e del territorio e le esigenze di coloro che si aspettano la soluzione dei problemi che interessano l’individuo, la famiglia, l’impresa, l’industria, insomma la collettività. In mancanza di soggetti adeguati, ciò non si realizzerebbe neanche se si riuscisse a trovare docenti idonei a spiegare, ad insegnare, quali sono i compiti da svolge, le modalità con le quali svolgerli, la quantità di risorse umane ed economiche necessarie, i limiti entro cui esercitare i poteri/compiti/doveri del ruolo e quali doti deve possedere un uomo di governo quanto a spirito, morale, sentimento, dedizione, altruismo, condotta, onestà, rispetto delle regole, rispetto dei limiti entro cui eseguire il compito. Uomini di governo in parte si nasce, purché provvisti di un DNA adeguato. In qualche misura uomini di governo si diventa, allorché si riceve un’educazione appropriata cui si sovrapponga poi una formazione specifica. Tra l'essere figlio di un papà che ha fatto il bello e il cattivo tempo nella politica e negli enti pubblici, dalla Circoscrizione al Parlamento e pretendere di ripercorrere la strada tracciata da quel “magnifico” papà, facendo strame delle aspettative dei cittadini ed adoperandosi per trarre il maggior profitto personale dalle cariche istituzionali ricoperte, ce ne passa veramente. E' ora di finirla con le carriere fulminanti dei figli di papà e col malgoverno generalizzato che ne consegue.
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