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IL CONGO BELGA CUORE DEL CONTINENTE NERO Una scelta avventata 11/07/2015 - Massimo Iacopi (Roma) IL CONGO BELGA CUORE DEL CONTINENTE NERO Donato al Belgio dal re Leopoldo II, sovrano dello Stato indipendente, negli anni ’60 il Congo Belga precipita nel caos. Leopoldo II di Sassonia Coburgo Gotha (1835-1909), che ha regnato sul Belgio dal 1865 al 1909, ha da sempre desiderato possedere una colonia, ma sapeva che il suo progetto risultava impopolare nel suo paese. Egli si impegna pertanto, a finanziare tale impresa ricorrendo alla sua immensa fortuna personale. Il 24 ottobre 1869 il sovrano scrive così al suo capo di gabinetto: “Io prometto solennemente di non chiedere nulla al Ministero delle Finanze … … Il Belgio avrà la sua parte nel movimento africano ed all’apertura di questo continente senza spese per lo Stato”. All’indomani della Conferenza geografica di Bruxelles, riunita nel settembre 1876, il re fonda l’Associazione internazionale per l’esplorazione e la civilizzazione dell’Africa centrale (AIEC). L’anno seguente, Henry Morton Stanley (nato John Rowlands, 1841-1904), che aveva appena attraversato il continente africano da est ad ovest, accetta le offerte del monarca. L’esploratore riparte dal Belgio per il Congo per fondarvi Leopoldville, sulla riva sinistra del fiume di fronte al posto militare stabilito da Pietro Savorgnan de Brazzà (1852-1905), che diventerà poi Brazzaville, la capitale del Congo francese. Nel 1882, Leopoldo 2° fonda l’Associazione internazionale del Congo, prima di essere riconosciuto come re di quello che sarebbe diventato lo Stato indipendente del Congo (EIC). Il parlamento belga lo autorizza ad accettare questo titolo a condizione che esso sia concesso a titolo personale. Per mettere in valore questo immenso territorio dove Stanley aveva moltiplicato i “trattati” conclusi con i capi indigeni, bisognava cominciare a crearvi vie di comunicazione e specialmente una ferroviaria che collegasse l’estuario del Congo (Matadi) alla parte navigabile del fiume: la Compagnia delle ferrovie del Congo viene costituita a tal fine nel 1899. Nel 1890, essendo la fortuna di Leopoldo 2° in via di esaurimento, l’EIC è costretto al fallimento e, contrariamente agli impegni presi, il re si rivolge verso lo Stato belga che gli concede un prestito di 25 milioni di franchi-oro. Nel 1895, il fallimento minaccia di nuovo il Congo e saranno necessari ancora 6 milioni di franchi, che verranno concessi dalla Camera dopo un vivo dibattito. Fino a quel momento il Congo era costato al Belgio ben 31 milioni di franchi-oro. Nel 1898, al termine di 9 anni di sforzi sovrumani, i 390 chilometri della linea ferroviaria Matadi-Leopoldville risultano completati, ma per realizzarla erano morti 1.800 lavoratori neri e 132 dirigenti e impiegati bianchi. Le perdite dei bianchi, se rapportate agli effettivi impegnati nell’opera, risultano 10 volte superiori a quelle dei neri. L’EIC ha dovuto affrontare anche ingenti spese militari, in quanto è stato necessario condurre vere e proprie guerre contro gli schiavisti mussulmani che si opponevano alla colonizzazione, liberatrice degli schiavi. Questa è stata la cosiddetta “campagna araba” che si è sviluppata nell’est del Congo dal 1891 al 1894. Nel 1896, l’avorio, ma soprattutto il caucciù, consentiranno di riequilibrare il bilancio del Congo che negli anni successivi passerà in attivo. Nel 1908, la Camera dei deputati accetta il testamento di Leopoldo 2° nel quale il sovrano fa dono al Belgio dell’EIC, che da quel momento diventa la Colonia belga del Congo. La colonia verrà gestita da tre poteri che si equilibravano: l’amministrazione, le missioni cattoliche (6 mila missionari nel 1958) e le grandi società private, come l’Unione mineraria dell’Alto Katanga, la società Forminiere per i diamanti del Kasai, la Geomine per lo stagno, le compagnie ferroviarie o le compagnie agricole. Il ruolo dei coloni in questo campo sarà del tutto marginale. Bogumil Jewsiewicki Koss (1) ha dimostrato a tale riguardo che, durante tutto il periodo coloniale, il suo peso economico è stato nullo, salvo nel Kivu, regione periferica di questo immenso territorio. Il secondo conflitto mondiale consente al Congo belga di andare incontro ad una immensa mutazione, in quanto esso ha rifornito di materie prime le potenze alleate. Da tale situazione ne deriva una grande prosperità ed ambiziosi progetti di sfruttamento intensivo e di sviluppo di infrastrutture stradali, ferroviarie, fluviali e minerarie. Nel dopo guerra, peraltro, fanno la loro comparsa diverse correnti indipendentiste; tutte etnocentriche e riflesso del mosaico umano della “colonia dalle 300 etnie”. Il 4 ed il 7 gennaio 1959 scoppiano delle sommosse a Leopoldville ed il Belgio rimane scosso da questi avvenimenti, peraltro circoscritti alla sola capitale. Nel mese di novembre del 1959 Bruxelles annuncia che l’indipendenza al Congo verrà concessa quattro anni più tardi. I nazionalisti, sorpresi da tale annuncio, assumono immediatamente una posizione massimalista, chiedono l’indipendenza immediata. Tutti i partiti, costituiti su base etnica, risultano favorevoli ad uno stato di tipo federale, ad eccezione dell’MNC (Movimento Nazionale Congolese) di Patrice Lumumba (1925-1961), un Tetela, che aveva un approccio unitario e persino giacobino. I Tetela essendo stati gli ausiliari dell’amministrazione coloniale, risultavano effettivamente presenti in tutto il Congo e specialmente nella provincia orientale ed a Leopoldville. Lo storico congolese Isidoro Ndaywel E Nziem (1944- vivente) (2) ha scritto a proposito che “Lumumba, a causa della sua identità di Tetela, aveva il suo elettorato “naturale” disperso nell’insieme del paese, fatto che l’obbligava a giocare la carta del nazionalismo unitario”. Dal 20 gennaio al 20 febbraio 1960, viene indetta a Bruxelles una tavola rotonda e Patrice Lumumba riesce ad imporre il suo dogma centralizzatore e nella più totale improvvisazione viene fissata l’indipendenza al 30 giugno seguente, decisione che provoca una situazione caotica, dalla quale il paese non ne è più uscito. Una vera “leggenda nera” accompagna ancora oggi la storia del Congo Belga, una colonia, dove lo sfruttamento degli indigeni sarebbe stato particolarmente crudele, ed a solo ed unico vantaggio della metropoli. Contrariamente a questa tenace idea preconcetta, la parte del Congo nell’economia belga è stata tuttavia aneddotica, anche se alcuni Belgi vi hanno potuto realizzare dei guadagni considerevoli. Nel 1908, quando la colonia è passata nelle mani dello Stato belga, il Congo aveva reso 16 milioni di franchi-oro. Una cifra irrisoria, ove si consideri che la sola costruzione del palazzo reale di Laeken fra il 1902 ed il 1908 è costata circa 12 milioni. Il Congo non contava effettivamente molto nell’economia belga. Dal 1908 al 1950 le spese impegnate da Bruxelles nella sua colonia sono state di 259 milioni di franchi-oro e, durante lo stesso periodo, i ricavi della colonia sono stati di 24 milioni, con una evidente sproporzione a favore della colonia. Dal 1908 al 1950 il Congo è costato al Belgio 209 milioni di franchi-oro ovvero 7 miliardi di franchi belgi, somma che rappresenta meno di 1/10 delle spese annuali dello Stato belga. A titolo di paragone, nel 1950, il solo bilancio delle pensioni è stato di poco più di 12 miliardi di franchi belgi, ovverosia quasi due volte di più del costo di 10 anni di presenza nel Congo (3). Dal 1918 al 1960, il bilancio del Ministero delle Colonie è stato come media annuale di 1.400 mila franchi-oro, cioè appena lo 0,10% del bilancio nazionale berla e circa l’1% del bilancio del Congo. La ragione della bassa importanza di queste cifre è dovuta al fatto che la Colonia si autofinanziava e che i gruppi capitalisti privati, invece di ridistribuire i guadagni, li reinvestivano nelle infrastrutture e nei progetti di sfruttamento di nuove risorse. Questo caso a dir poco unico contraddice qualsiasi postulato di colpevolezza coloniale. Il Belgio non ha, pertanto costruito la sua ricchezza sul Congo, ma questa colonia è stata una di quelle in cui i profitti privati e quelli dei consorzi sono stati i più rilevanti. Occorre su questo aspetto distinguere due periodi. Prima del 1908, il re Leopoldo 2° ha attinto alle risorse del Congo per lanciare in Belgio una politica di grandi lavori (4). Egli ha creato a tal fine la Fondazione della Corona alla quale ha attribuito circa 1/10 della superficie di tutto il territorio e che ha ricevuto i ricavi provenienti delle concessioni. Questo è stato un periodo oscuro con una autentica politica di sfruttamento basata sul lavoro forzato e denunciata nel 1969 dallo scrittore anglo-polacco Joseph Conrad (Teodor Józef Konrad Korzeniowski del clan Nalecz, 1857-1924) nel suo libro Heart of Darkness (5) o più recentemente dall’americano Adam Hochschild (1942-vivente) (6). Ma questa è stata una parentesi di qualche anno che, per di più, ha riguardato solo una parte del Congo. Dal 1908, le risorse del Congo sono servite solamente per la sua valorizzazione. In effetti, la colonia ha finanziato gli investimenti necessari allo sviluppo delle sue infrastrutture, a partire dalle entrate provenienti dalle imposte sulle grandi società. Sola eccezione, lo Stato belga viene costretto ad agire durante la crisi degli “anni 30”, creando la Lotteria Coloniale, che porterà alle casse dello stato 58 milioni di franchi-oro ed intervenendo per circa 104 milioni di franchi-oro nel periodo 1933-1940. A partire dal 1956-1957, gli imprenditori iniziano a preoccuparsi per le prospettive della decolonizzazione ed i progetti di nazionalizzazione e di spoliazione, formulati dai capi indipendentisti. Da quel momento essi smetteranno di reinvestire i loro ricavi nel Congo. L’abisso finanziario, che a quel punto minacciava di aprirsi, spiega bene la precipitazione con cui il Belgio desiderava sbarazzarsi al più presto di una colonia che, fino a quel momento, non gli era costata molto, ma che rischiava di diventare rapidamente un peso insopportabile. E’ stato rimproverato al Belgio di non aver formato le classi dirigenti locali: è vero che, al momento dell’indipendenza, solo 30 Congolesi risultavano titolari di un diploma universitario. Un rimprovero largamente ingiustificato poiché, a differenza di tutte le altre potenze coloniali, il Belgio è stato il solo ad aver stabilito un piano coerente di sviluppo per tappe della sua colonia. La prima priorità dell’amministrazione belga è stata quella di dare una certa unità al conglomerato congolese ed è per questo che lo sforzo principale è stato orientato principalmente nel settore delle vie di comunicazione. Il successo in questo settore è stato notevole nel campo fluviale, dell’equipaggiamento ferroviario e portuario, senza dimenticare la realizzazione di numerosi aeroporti. La rete stradale era abbastanza completa con piste ben curate, che consentivano di attraversare il paese in tutte le stagioni, ma che saranno per la gran parte “mangiate” dalla boscaglia e dalla foresta dopo l’indipendenza. La seconda priorità belga è stata quella di trovare dei mezzi finanziari che consentissero la rottura dell’isolamento e l’acquisto di attrezzature per la colonia. E’ per questo che sono stati favoriti i grandi progetti di sfruttamento capitalista in modo da generare delle imposte il cui ammontare veniva completamente reinvestito nel paese. La terza priorità è stata quella di nutrire le popolazioni. Le colture obbligatorie imposte dall’amministrazione, come il riso o la manioca, hanno permesso l’autosufficienza alimentare e contrastato le carestie. La quarta priorità è stata quella di curare i congolesi, dando loro la possibilità di accesso alle cure, grazie ad una rete di dispensari, la cui efficacia è stata unica in Africa e che oggi è appena un lontano ricordo. A partire dal 1934, vengono create numerose scuole primarie e, nel 1954, i Gesuiti fondano l’Università di Lovanium, che dipendeva da quella omonima della madrepatria ed al momento dell’indipendenza, vi erano iscritti 345 studenti africani e 140 europei. Nel 1933, il Belgio crea l’INEAC (Istituto Nazionale di Studi Agronomici del Congo) e, nel 1947, l’IRSAC (Istituto per la Ricerca Scientifica dell’Africa Centrale). In questi centri di ricerca, vengono assicurati corsi di formazione di alto livello nel campo della medicina tropicale, come anche nella medicina veterinaria e nelle scienze della terra; geologia, climatologia, pedologia … . Per conseguire gli obiettivi stabiliti, occorreva certamente un certo periodo di tempo, il percorso iniziato in questo modo è stato interrotto dall’indipendenza, quando invece occorrevano almeno due decenni supplementari che condurli a buon fine. Nel 1955, Joseph Van Bilsen (1913-1996), professore all’università di Lovanio, presenta un “piano di 30 anni per l’emancipazione dell’Africa belga” (7), ma sarà respinto naturalmente respinto dai nazionalisti congolesi. Le condizioni nelle quali verrà concessa 5 anni più tardi l’indipendenza, comprometteranno qualsiasi speranza di costruzione di uno Stato affidabile, mentre questo immenso territorio appariva particolarmente promettente di risorse naturali. NOTE (1) Bogumil Jewsiewicki, “il colonato agricolo europeo nel Congo belga, 1910-1960”, in Journal African History, 1979; (2) Isidore Ndaywel E Nziem, “Histoire du Zaire de l’heritage ancien à l’age contemporain”. Louvain la Neuve, 1997; (3) Jean Stengers (1922-2002), “Combien le Congo a-t-il couté à la Belgique ?”, in Academie Royale de Sciences Coloniales, 1957; (4) In tale contesto è stato realizzata l’Arcade del Cinquantenario (costo: 6 milioni di franchi-oro), l’estensione del Palazzo reale di Laeken (12,5 milioni), il Museo di Tervuren (8 milioni). In totale 30 milioni di franchi-oro fino al 1908, anno della soppressione della Fondazione della Corona e dell’assunzione del Congo da parte dello Stato belga; (5) Joseph Conrad, Heart of Darkness o Au coeur des Tenebres, Flammarion, 1993; (6) Adam Hochschild, King Leopold's Ghost: A Story of Greed, Terror and Heroism in Colonial Africa, 1998; (7) Joseph Van Bilsen, riprende queste idee in un libro intitolato Verso l’Indipendenza del Congo e del Ruanda Urundi, Bruxelles, 1959. BIBLIOGRAFIA Conrad Joseph, Heart of Darkness o Au coeur des Tenebres, Flammarion, 1993; Hochschild Adam, King Leopold's Ghost: A Story of Greed, Terror and Heroism in Colonial Africa, 1998; Jewsiewicki Bogumil, ed., “A Congo Chronicle: Patrice Lumumba in Urban Art”, 1999; Ndaywel E Nziem Isidore, “L'Histoire générale du Congo : De l'héritage ancien à la République Démocratique”, De Boeck & Larcier – Département Duculot, Bruxelles, 1998; Ndaywel E Nziem Isidore, “Nouvelle histoire du Congo”, le Cri, Bruxelles, 2009; Van Bilsen Antoine Joseph, “L'Indépendance du Congo” e “Kongo 1945-1965: Het Einde van een Kolonie”, 1993.
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