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LA CONTEA DI PROVENZA DAI BOSONIDI AI VALOIS La Storia secondo Massimo Iacopi 11/07/2015 - Massimo Iacopi (Roma) LA CONTEA DI PROVENZA DAI BOSONIDI AI VALOIS
Dalla fine del 9° secolo al 1481 la contea di Provenza, di origine imperiale, passa dai Bosonidi, ai Catalani, agli Angiò e quindi ai Re di Francia, mentre la capitale della contea passa da Arles ad Aix en Provence. A seguito del crollo dell’Impero carolingio, nell’anno 877, appare il regno di Borgogna, di cui il nuovo re, Bosone (844-887), risulta anche duca di Lione, di Vienne e di Provenza (dall’879). Coinvolta nelle guerre incessanti per il controllo dell’Italia e della corona imperiale, la Provenza, che all’epoca era suddivisa in tre vescovati (Arles, Aix en Provence ed Embrun), finisce per passare, intorno al 950, ad una branca lontana di questa famiglia dei Bosonidi, che dà origine alla prima dinastia dei conti di Provenza. Essi rimangono almeno nominalmente, sotto il controllo dell’imperatore carolingio e la Provenza sarà pertanto, per tutto il Medioevo, considerata come una terra dell’Impero. I conti bosonidi riescono ad imporre circa mezzo secolo di pace, cacciando definitivamente, nel 972, i pirati saraceni che continuavano a infestare la regione dal loro nido d’aquila di Frassineto (La Garde Freisnet). Tuttavia, essi vedranno ben presto la loro autorità contestata dalle aristocrazie locali, derivate dalle unioni fra signori franchi e vecchie grandi famiglie gallo-romane. In effetti, si vengono a creare immensi possedimenti feudali dispersi sul territorio e scoppiano conseguentemente delle guerre fra signori locali. Nel mezzo di questa tormenta, la Chiesa, sotto l’impulso della riforma gregoriana, riesce a staccare l’episcopato dalle dinastie aristocratiche e dagli interessi signorili e col passare del tempo si impone come difensore dei contadini e del popolino contro gli abusi dei grandi signori. Sebbene fallisca nell’obiettivo di spezzare la dipendenza del basso clero rurale dall’aristocrazia, la Chiesa riesce ad imporre il suo ordine e la sua pace alle città che passano sotto dominio religioso, a danno dell’influenza militare. Questa nuova stabilità rilancia il commercio e l’industria e permette alle città di estendersi nuovamente nel periodo intorno all’anno mille. La Chiesa ed il mondo urbano escono in tal modo, rinforzati dall’indebolimento del potere comitale nel corso dell’11° secolo.
I Conti Catalani (1125-1245) Nel 1111, Gerberto di Gevaudan (1055-1111), ultimo bosonide di Provenza (1075-1107), muore senza eredi maschi. Sua figlia, Dolça o Dolce, (1090-1129, figlia di Gerberga di Provenza) sposa il conte di Barcellona, Raimondo Beregario (Berenguer) 3°, il Grande (1082-1131), che, in occasione delle nozze celebrate ad Arles, reclama immediatamente la contea di Provenza. Sarà solo dopo infinite difficoltà che il nuovo conte riuscirà ad imporsi, dal 1113 al 1131, ai signori provenzali, sottomettendo con le armi la regione di Aix en Provence e quella di Saint Maximin. Egli è costretto, inoltre, ad imporsi al conte di Saint Gilles, della casata di Tolosa, che non vede di buon occhio questa espansione catalana e che afferma i suoi diritti – peraltro non senza legittimità – nella successione dei Bosonidi. Un trattato di pace, concluso nel 1125, assicura alla casata di Tolosa una autorità, almeno nominale, sul Contado Venassino, la contea di Forcalquier ed il Delfinato. La dinastia dei conti catalani non potrà, tuttavia, mai abbassare le armi. Periodicamente, la casata di Tolosa, trovando alleanze opportuniste nell’ambito dei ranghi dei grandi signori provenzali, risveglierà la sua guerra di legittimità contro i conti catalani. Queste lotte culminano con l’episodio delle guerre del Baux (guerre baussenques o bauciques, 1144-1162), durante le quali, Raimondo Berengario 4° che assume il nome di Alfonso 2° il Casto (1113-1162), affronta il conte di Saint Gilles e due grandi signori, quelli di Fos e quelli di del Balzo (des Baux), da dove l’episodio trae il suo nome. Il conte catalano finisce per trionfare dopo quattro grandi campagne e solamente dopo aver assediato, preso e raso al suolo la fortezza, fino ad allora inespugnabile, dei Baux. La Provenza è per lungo tempo il pomo della discordia fra le potenze, che sono la Contea di Tolosa ed la Contea di Barcellona, ma anche fra le repubbliche marinare italiane di Genova e di Pisa ed ben presto il Regno d’Aragona, legato per eredità ai Catalani. Infine, anche il Sacro Romano Impero Germanico, in quanto erede del Regno di Borgogna, avanza pretese sulla sovranità provenzale e si assiste, in tal contesto, all’incoronazione dell’imperatore Federico Barbarossa (1122-1190) a Re di Arles nella primaziale di S. Trofimo nel 1178, dove il conte di Provenza si rifiuta di assistere per non prestare omaggio di vassallaggio. Alfonso 1° d’Aragona (1162-1196), quello che viene nominato conte-re, in quanto allo stesso tempo conte di Barcellona e di Provenza e re d’Aragona (con il nome di Alfonso 2°), passerà il suo regno in lotta contro il conte di Tolosa e contro i suoi propri vassalli provenzali. Esso riesce, alla fine, ad imporre un saldo controllo sull’insieme del territorio verso il 1190 ed a firmare un trattato di pace con la casata di Tolosa, mettendo fine, in tal modo, ad una lotta più che secolare. L’autorità della casata di Barcellona sembra a quel punto restaurata, tanto che Alfonso 1° può mettere in evidenza nuove ambizioni. Da un lato, egli pone le basi della Contea di Forcalquier, che fino a quel momento era stato l’alleato tradizionale del conte di Tolosa. Alfonso fa celebrare ad Aix en Provence, nel 1193, le nozze di suo figlio con l’erede del titolo, la nipote del conte Guglielmo 4° di Forcalquier (-1209, figlio di Bertrando 1° d’Urgell) (Trattato d’Aix). Dall’altro, egli cerca di imporre il suo potere su Marsiglia, il cui comune afferma un po’ troppo la sua indipendenza. Tuttavia, la città riuscirà a conservare la sua autonomia ed il figlio di Alfonso 1°, Alfonso 2° Berengario (1195-1209), dovrà lottare per tutto il suo regno per affermare le sue pretese su Forcalquier. E’ tradizionalmente al 1182 che viene fissata l’insediamento dei Conti di Provenza ad Aix en Provence, facendo di tale località la loro nuova capitale, a detrimento dell’antica preminenza di Arles. In questa decisione vengono formalizzate concretamente le preoccupazioni dei conti di allora. La vecchia capitale provenzale di Arles, di cui l’incoronazione di Federico Barbarossa fra le sue mura serve a ricordare il collegamento nominale alla corona imperiale germanica, non costituisce più una sede adeguata per un potere che si vuole indipendente da qualsiasi sovranità. Inoltre, Arles inizia, verso il 1180, sotto la direzione dei suoi consoli (magistratura esistente sin dal 1131), ad erigersi in repubblica sul modello dei comuni italiani. Aix, cittadina media, non risulta agitata come la metropoli del Rodano da lotte politiche fra cavalieri, arcivescovo e patriziato. Inoltre, Aix, quasi all’incrocio delle antiche vie Aureliana (fra Arles e Nizza) e Domiziana (fra Besançon e Nimes), sembra in posizione topografica perfetta per controllare la movimentata città di Marsiglia, pur continuando a mantenere un occhio sulla contea di Forcalquier e poter essere in condizioni di estendere la sua influenza protettrice o di giustizia in direzione di Arles o della Liguria. Per di più, la città si situa al centro di un dominio signorile che va dalla valle dell’Arc e dell’Argens, dominio che appartiene direttamente ai conti ed il cui sostegno economico e strategico risulta indispensabile alla politica di centralizzazione del 12° e 13° secolo. Infine, per questa dinastia catalana - la cui sede rimane nella penisola iberica, regione verso la quale essi non cessano di rientrare, dopo ogni campagna provenzale - installare una nuova capitale in una vecchia città della Provenza, antica sede arcivescovile, rappresenta il segno di un indurimento politico, la ridefinizione, nell’ambito di una stessa linea, di due sfere d’influenza distinte: la penisola iberica e la Provenza. In tal modo, piuttosto che dal 1182, occorrerebbe datare l’inizio di questo insediamento di Aix al 1173, anno della nomina, da parte di Alfonso il Casto di un conte di Provenza distinto dal re, suo fratello Raimondo Berengario 3° (1158-1181, conte dal 1173) o al 1178, anno dei primi atti comitali emessi da Aix. Ma sarà solo con Alfonso 2°, ovvero a partire dalle sue nozze del 1193, quindi dal suo accesso al potere nel 1196, che Aix acquisisce tutta la sua statura di capitale comitale. Il nuovo sovrano, non avendo in feudo che la contea provenzale (Barcellona e l’Aragona sono andati a suo fratello Pietro 2° d’Aragona, 1174-1213), ha tutto l’interesse a marcare la sua presenza effettiva nella regione. Egli si insedia ad Aix e vi attira tutti i grandi trovatori del tempo, che contribuiranno durevolmente ad insediare nell’immaginario collettivo il fasto della corte comitale ed il prestigio del loro signore conte, cavaliere e mecenate. Questa nuova importanza di Aix è peraltro rilevante nel triste privilegio che la città ha di vedere i suoi dintorni devastati ed le sue mura assediate, a partire dal 1199, in occasione delle lotte fra Alfonso 2° con il conte di Forcalquier. Guglielmo 4° ed Alfonso muoiono entrambi nel 1209 ed il figlio di quest’ultimo diventa conte di Provenza e di Forcalquier, con il nome di Raimondo Berengario 4° (1198-1245). Le due contee risultano finalmente riunite e lo saranno per passare quasi subito sotto un’altra dinastia. In effetti, per la concomitanza della crociata contro gli eretici catari, i re capetingi hanno iniziato, a partire dall’inizio del 13° secolo, la loro progressiva annessione del sud, cominciando per rosicchiare la contea di Tolosa. Succederà la stessa cosa con la Provenza che, senza essere annessa in un solo colpo, vedrà i suoi legami con la corona iberica allentarsi progressivamente per essere attirata sempre più decisamente nell’orbita francese. Un contratto matrimoniale ufficializzerà questo scivolamento. Quando, nel 1245, muore Raimondo Berengario 4° egli lascia solo quattro figlie che sono entrate nella leggenda Margherita (1221-1295), Eleonora (1223-1291, Sancha (1225-1261) e Beatrice (1234-1267). La prima diviene, per effetto del suo matrimonio con Luigi 9° (1214-1270), regina di Francia; la seconda regina d’Inghilterra per la sua unione con Enrico 3° (1207-1272); la terza è solo moglie del conte Riccardo di Cornovaglia (1209-1272), ma suo marito manca di poco l’elezione ad imperatore del Sacro Romano Impero Germanico; infine l’ultima, Beatrice, ancora bambina alla morte di suo padre, si vede dotata dell’eredità della contea di Provenza e di Forcalquier. Una tale dote non lascia di certo indifferenti i Capetingi parigini ed il fratello del re di Francia, Carlo (1226-1285), sposa l’ereditiera della contea nel 1246. Poco dopo, Luigi 9° lo nomina conte d’Angiò e del Maine ed ecco dunque una coppia che viene a trovare una propria lista di regali particolarmente ricca. Questa branca cadetta del trono di Francia gli Angiò, non ha però terminato qui la sua straordinaria ascensione.
I conti angioini della 1^ casata d’Angiò (1245-1388) L’insediamento della casata d’Angiò ed, attraverso essa dei Capetingi, in Provenza non avviene tuttavia senza difficoltà. L’ultimo conte di Tolosa, il re d’Aragona, l’imperatore Federico 2° di Hohenstaufen o di Svevia (1194 - 1250) ed anche il re d’Inghilterra fanno tutti obiezione, adducendo diritti sull’eredità, in quanto vedono di cattivo occhio questa incursione capetingia nel mezzogiorno e nel Mediterraneo. Opportunamente, il Papa, in conflitto con Federico 2°, sostiene il re di Francia ed i suoi fratelli. Mentre Alfonso di Poitiers (1120-1271), altro fratello di Luigi 9°, che si impadronisce, anche lui per matrimonio, dell’eredità della contea di Tolosa, nel 1249, alla morte del suo ultimo conte, Carlo marcia sulla Provenza. La situazione in Provenza rimane tuttavia confusa per almeno 18 mesi. I movimenti comunali che, per sbarazzarsi del potere dei vescovi, si esprimono spesso in vere e proprie fiammate di anticlericalismo e la fronda degli aristocratici locali, che, per mantenere la loro indipendenza di fronte ai Francesi fanno riferimento a legittimità straniere (iberiche o imperiali), obbligano Carlo d’Angiò a delle campagne ed a continui negoziati. Egli sarà costretto a domare i focolai di ribellione, uno dopo l’altro nel 1251-1252 ed ancora nel 1262. Per di più, la vita avventurosa e le bellicose ambizioni del nuovo conte di Provenza non contribuiscono ad accelerare il ritorno all’ordine: nel 1248, egli accompagna la crociata di suo fratello in Egitto ed, alla battaglia di Mansurah, nel 1250, viene fatto prigioniero e quindi liberato a seguito del pagamento di un forte riscatto; nel 1253-54 Carlo prende parte alla guerra di successione delle Fiandre; nel 1259 conduce campagna in Italia; nel 1262, infine si vede offrire dal Papa la corona del Regno delle Due Sicilie (Napoli, Italia meridionale e Sicilia), con l’obiettivo, da parte del pontefice di far scomparire la casata degli Hohenstaufen che vi regna. Fra il 1266 ed il 1268, Carlo si impadronisce del regno e sopprime con brutalità gli ultimi Hohenstaufen (fra cui Corradino di Svevia, 1252-1268). La sua influenza in Italia si estende a macchia d’olio e le sue ambizioni lo orientano verso l’Adriatico e l’Impero bizantino. Egli recupera, d’altronde, nel 1277, il titolo di Re di Gerusalemme, prestigioso ma senza alcuna autorità effettiva. Nel 1270 egli entra a far parte dell’ultima crociata di Luigi 9° a Tunisi, nel corso della quale muore il re di Francia. Quando Carlo muore, a sua volta, nel 1285, dopo aver sconvolto il mondo dell’epoca, egli ha quasi completamente perduto la Sicilia, sollevatasi dal 1282 (a seguito dei moti dei Vespri Siciliani) ed è impegnato in una guerra contro gli Aragonesi per il controllo dell’isola. Carlo 1° è nondimeno riuscito ad assicurare il dominio su un impero mediterraneo. In Provenza, i consolati locali vengono tutti aboliti, Marsiglia viene domata e le entrate demaniali e le assemblee delle città risultano controllate da ufficiali comitali. Tuttavia, lo shock culturale e politico di questa messa in riga non è stato così profondo come molti storici del 19° e 20° secolo hanno voluto far credere, in quanto il movimento di centralizzazione angioino in Provenza si inscrive logicamente nella continuità della politica degli ultimi conti catalani. Beatrice è morta nel 1267 e suo figlio, Carlo 2° d’Angiò (1267-1309) eredita allora il titolo di conte di Provenza, prima di ricevere, alla morte di suo padre, i resti dell’impero angioino. Egli accetta comunque la perdita definitiva della Sicilia, di fronte all’Aragona, nel 1296, ma si aggrappa al suo trono di Napoli. Ma gli Angioini non hanno rinunciato alle loro ambizioni mediterranee, poiché Carlo 2° riesce ad insediare il suo nipote sul trono d’Ungheria, nel 1308 ed a far riconoscere il suo potere nell’Italia del nord (Asti in particolare). Roberto 1° il Saggio (1309-1343) si afferma come il più potente sovrano italiano e sembra persino che la penisola possa essere unificata sotto la corona angioina. Se la dinastia cede l’Angiò ed il Maine (passati ai Valois), la Provenza rimane sotto il loro dominio e costituisce un elemento essenziale nel loro gioco mediterraneo. Il conte di Provenza si vede aggiungere, in tale contesto, nel 1306, la contea del Piemonte italiano ed anche se i conti-re (ad eccezione di Carlo 2°) passano la maggior parte del loro tempo nella penisola, la loro capitale comitale rimane ad Aix, a pari condizioni con la capitale reale di Napoli. Il dominio proprio dei conti non cessa, d'altronde, di essere ringrandito e consolidato in Provenza, attraverso acquisti o scambi di territori e castelli per poter migliorare la loro posizione strategica. Nonostante una tendenza monarchica e centralizzatrice molto marcata sotto il regno di Roberto 1°, che dispone che gli affari vengano esaminati alla corte di Napoli, un Consiglio Reale, formato da giureconsulti e da ufficiali principali del paese, siede in permanenza ad Aix ed assiste il Siniscalco, una specie di Vice re in Provenza. Una camera dei conti gli viene aggiunta nel 1288 e comincia ad assumere la sua autonomia fra il 1297 ed il 1315. La dinastia degli Angioini raggiunge il culmine della sua potenza agli inizi del 14° secolo, avendo trovato definitivamente il suo carattere reale. Questa dinastia, può, inoltre, reclamare una discendenza illustre con Luigi 9° di Francia, fratello del fondatore della dinastia e canonizzato santo nel 1297, o con Luigi, figlio di Carlo 2°, diventato frate francescano e quindi vescovo di Tolosa e canonizzato nel 1317 sotto il nome di S. Luigi d’Angiò da Tolosa (1274-97). La pietà degli Angioini viene celebrata e riconosciuta, poiché nel 1279, le ricerche che Carlo 2° fa effettuare “per ispirazione divina”, a Saint Maximin, si concludono con l’invenzione del corpo di Maria Maddalena. Il Papa autentica le sante reliquie, promulga delle lettere di indulgenza per i pellegrini ed accorda al conte il potere di insediare di domenicani nel massiccio della Sainte Baume, sulla grotta di penitenza della santa a partire dal 1295. I Papi, che erano fuggiti nel 1304 dall’agitazione politica di Roma, in preda ad una lotta fra casate locali, si insediano, a partire dal 1316, ad Avignone, vale a dire in una città vicina ai loro possedimenti (il Contado Venassino era stato ceduto ai pontefici nel 1274), ma in terra angioina. Questa situazione privilegiata pone il Papato sotto la doppia protezione degli Angioini, che, dal 13° secolo, si riconoscono come fedeli vassalli del Pontefice e del re di Francia, il cui regno ha inizio immediatamente dall’altro lato del Reno. Facendo Avignone un grande metropoli ed il cuore del cristianesimo occidentale, i papi contribuiscono a rimettere la Provenza nel cuore dello scacchiere europeo.
Il crepuscolo degli Angioini (1343-1388) e la seconda dinastia degli Angiò-Valois (1388-1481) Roberto si era impadronito del potere a danno e disprezzo dei diritti di suo nipote, Caroberto d’Ungheria (1288-1342), ma egli è costretto ad assistere alla morte dei suoi eredi maschi. Al fine di evitare delle contestazioni circa la successione di sua nipote Giovanna d’Angiò, egli provvede a sposarla, a 8 anni, a suo cugino Andrea d’Ungheria (1327-1345), figlio di Caroberto. Ma Giovanna 1^ d’Angiò (1326-1382) dirige maldestramente il regno e fa dividere la corte di Napoli in due fazioni rivali. Il misterioso assassinio di Andrea, strangolato nel 1345, provoca la crisi. Giovanna viene accusata di avervi preso parte, tanto più che la donna si affretta a sposare il presunto assassino l’anno seguente. Il re d’Ungheria, fratello d’Andrea, attacca immediatamente il regno di Napoli e Giovanna è costretta a fuggire in Provenza nel 1348. Accolta calorosamente dai suoi sudditi marsigliesi, la regina ha la sorpresa di essere trattata diversamente nella sua capitale di Aix: appena arrivata, sebbene circondata da un rispetto formale la donna viene trattenuta prigioniera. Il suo seguito, specialmente quello italiano, viene arrestato. In effetti, i grandi baroni provenzali e gli abitanti di Aix vogliono ottenere dalla donna l’assicurazione che non installerà funzionari napoletani nei posti di responsabilità e che manterrà la Provenza indipendente. La regina verrà liberata nel giro di due mesi, dopo aver ricevuto il suo giuramento. Giovanna si reca, a quel punto, ad Avignone, dove il Papa accetta di discolparla dell’assassinio del marito, in cambio del possesso pieno ed intero di Avignone, che viene acquistato per 80 mila fiorini. Vendendo ai Provenzali diritti e privilegi, Giovanna riesce, a quel punto, a finanziare una ripresa della guerra contro gli Ungheresi che si conclude alla fine con un trattato di pace nel 1352, ma, in ogni caso, il potere reale uscirà molto indebolito da questo episodio. In tale contesto i disordini del regno non si arrestano. Nel 1357 avviene la rivolta des Baux (del Balzo) e l’invasione delle grandi compagnie di ventura, che impongono dei riscatti alle città. Nel 1368, per opporsi alle ambizioni dei principi inglesi che rivendicano la contea di Provenza in nome della loro antenata Eleonora di Provenza, sorella di Beatrice, Luigi d’Angiò Valois (1377-1417), fratello del re di Francia, fa valere anch’egli i suoi diritti in quanto discendente di un’altra sorella Margherita. Riunendo intorno a lui le grandi compagnie, che in tal modo allontana dal regno di Francia, egli entra in Provenza e devasta il paese. Tarascona viene conquistata, mentre Aix ed Aigues Mortes vengono assediate. Luigi viene alla fine respinto da una reazione generale delle città provenzali, ma questa reazione mette in evidenza anche quanto il paese è abbandonato a sé stesso. Dopo questi avvenimenti, Giovanna può vivere pacificamente a Napoli qualche anno e, nonostante due altri matrimoni, la donna non riesce a dare un erede al regno. Il grande scisma d’occidente, nel 1378, costituisce l’occasione per riprendere le ostilità. Mentre Giovanna sostiene il papa di Avignone, Clemente 6° (1291-1352), il papa di Roma, Urbano 6° (1318-1389), aizza contro di lei una coalizione ed un concorrente nella persona di Carlo di Durazzo o Carlo 3° di Napoli (1345-1386), nipote di Giovanna, che la donna aveva imprudentemente designato come suo erede, prima di litigare con lui. Giovanna a quel punto effettua un volta faccia ed adotta, nel 1380, Luigi d’Angiò, predetto, per farne il suo protettore. Tuttavia Luigi non ha nemmeno il tempo di mettersi in marcia che Carlo di Durazzo ha già investito il regno di Napoli, nel 1381, facendo giustiziare Giovanna l’anno seguente. Il bilancio disastroso del regno della ultima angioina rende tanto più incredibile la leggenda, tutta provenzale della “buona regina Giovanna”, associata d’altronde, spesso anacronisticamente al “buon re Renato”. Il numero di costruzioni falsamente attribuite a Giovanna in Provenza deriva indubbiamente dal suo esilio fra il 1348 ed il 1352. La sua vita romanzesca, le sue disgrazie, l’indignazione che ha suscitato il suo assassinio, un vago sentimento anti francese contro Luigi della casa di Valois, contribuiscono senza dubbio a fare di questa ultima rappresentante della 1^ casata d’Angiò un personaggio idoneo a perdere la sua realtà a beneficio di una immagine leggendaria. Mentre la notizia della sua morte non è ancora giunta in Provenza, vi viene formata una lega per la regina e la patria, l’Unione di Aix, ma una volta conosciuto il decesso, la Provenza si divide fra partigiani di Luigi di Valois, sostenuto da Apt e Marsiglia e partigiani di Carlo di Durazzo, nel cui campo si schiera paradossalmente l’Unione d’Aix, insieme a Nizza e Tarascona. Questa adesione ai Durazzo è dovuta in gran parte all’ostilità che provano queste città per Luigi, il nemico di ieri. I partigiani di Luigi, aiutati dal re di Francia, assediano Aix. Ma nel 1384, Luigi di Valois, che guida allora una campagna dalle parti di Napoli, muore improvvisamente. Sua moglie, Maria di Blois (1345-1404), arriva con il suo erede Luigi o Ludovico 2° d’Angiò Valois (1384-1417), ad Avignone, da dove continua la guerra. La donna ottiene progressivamente l’adesione delle città provenzali e la morte di Carlo di Durazzo, nel 1386, accelera tale processo. Aix apre, a quel punto, le sue porte a Luigi 2° nel 1387, mentre Nizza, rimasta da sola nella lotta a sostenere i Durazzo, si affida nel 1388 al Conte di Savoia. L’insediamento di Luigi 2° non fa cessare i disordini e la reggente Maria di Blois, è costretta a condurre contro un capitano di ventura, Raimondo di Turenna (morto nel 1399), le spossanti guerre del Valentinois dal 1386 al 1400 e la Provenza viene nuovamente messa a sacco. Un po’ più tardi, i tentativi della nuova casa d’Angiò di riprendere il trono di Napoli, sotto Luigi 2° (1384-1417) e Luigi 3° (1417-1434) provocano una guerra navale durevole con il re d’Aragona, che rovina il commercio marittimo provenzale. Questo episodio culmina con il colpo di mano di una flotta catalana, nel 1423, che riesce a forzare il porto di Marsiglia, mettendo a sacco la città, per tre giorni e tre notti. Testimonianza di tale evento sono le catene di ferro che chiudevano l’entrata del vecchio porto, riportate indietro come trofeo e tuttora visibili nella cattedrale di Valencia, in Spagna. Queste agitazioni, quasi incessanti per circa mezzo secolo, alimentate da quelli che regnano in Francia durante la guerra dei 100 anni (1337-1453), risultano tanto più dolorose proprio per il fatto che, nello stesso momento, l’Europa viene colpita dalla Peste Nera che elimina quasi la metà della popolazione. La Provenza viene spazzata dal flagello fra il 1346 ed il 1351, flagello che si ripresenterà regolarmente fino alla fine del 15° secolo. Il paese che aveva già mostrato segni di stagnazione demografica ed un indebolimento della sua influenza sotto il regno degli ultimi Angioini, esce esausto da questo lungo periodo di disordini. Più del 40% delle località provenzali che esistevano agli inizi del 14° secolo risultano scomparse alla fine del 15° secolo. Senza una immigrazione costante verso le città come Aix ed Arles, nel corso del 15° secolo, di origine inizialmente provenzale, venute dall’Alta Provenza o dal Var, quindi di provenienza italiana, le città avrebbero conosciuto un totale sfinimento. Malgrado tutto la ripresa demografica non si farà sentire prima degli inizi del 16° secolo ed essa sarà favorita dalle attività commerciali di Jacques Coeur (1395-1456), grande argentiere del re di Francia. E’ alla fine di questo periodo di disordini che Renato d’Angiò Valois (1434-1480) accede al trono, colui che la leggenda ha denominato “il buon re Renato”. Nei fatti, questo regno risulta politicamente molto discutibile, anche se darà alla Provenza l’occasione di rioccupare un ruolo eminente nella politica degli Stati occidentali poco prima di diventare francese. Di lui Shakespeare dirà nel suo Enrico 6°: “Re misero, senza sudditi, senza fortuna e senza corona” che “porta il titolo di re di Napoli, delle Due Sicilie e di Gerusalemme, sebbene che sia più povero di un contadino inglese”.
Renato d’Angiò Valois Secondo figlio di Luigi 2° (1384-1417), Renato d’Angiò Valois (1409-1480) è inizialmente un semplice erede della contea di Guisa, ma sua madre, l’intraprendente Yolanda o Violante d’Aragona (1384-1443), così influente alla corte di Francia, gli fa ottenere in eredità il ducato di Bar nel 1420 e la Lorena per mezzo del suo matrimonio con Isabella di Lorena, nel 1431. Ma le sue diverse eredità risultano contestate. Dal 1424 al 1431, egli conduce della campagne per assicurasi dei suoi domini, ma, fatto prigioniero dal duca di Borgogna, egli è costretto a pagare un forte riscatto che appesantisce notevolmente le sue finanze. Il riscatto è tanto più pesante per il fatto che Renato, alla morte di suo fratello, Luigi 3° d’Angiò Valois (1403- 1417-1434), diventa conte di Provenza e d’Angiò e quindi re di Napoli nel 1435. Egli può raggiungere, solo nel 1438, il suo trono a Napoli, che la sua sposa Isabella tiene con grande difficoltà in sua assenza. Nonostante qualche vittoria, egli è costretto ad abbandonare Napoli di fronte al re d’Aragona nel 1442, pur continuando a mantenere il titolo di “re di Gerusalemme e di Sicilia”. Dal 1443 al 1446, egli sostiene suo cognato, il Carlo 7° di Francia, in occasione della riconquista della Francia contro gli Inglesi e riesce a quel punto a cancellare il suo enorme debito. E’ a partire dal 1447 che Renato, che aveva fatto solo qualche soggiorno nel paese fra due successive campagne, decide di fare della Provenza il suo paese d’elezione. Nel 1448, inserendosi nel solco dei primi Angioini, fa precedere a Saintes Maries de la Mer, nella chiesa di Notre Dame de la Mer, all’elevazione (2) delle reliquie di Maria Jacobé e Sarah, le sante donne ed il loro seguito che avevano accompagnato, secondo la leggenda provenzale, Maria Maddalena. Questa volontà di continuare a definire la Provenza secondo una geografia sacra dimostra ampiamente l’interesse del conte per la regione. E’ pur vero che, esausto finanziariamente dalle guerre di Napoli e le spese suntuarie, i suoi altri feudi risultavano o indebitati o rovinati dalla guerra contro l’Inghilterra, sia occupati dagli Inglesi. Solo la Provenza rimane l’unico territorio da cui trarre delle entrate. In effetti, Renato ha bisogno di denaro per poter pagare i debiti delle sue guerre, sia anche per continuare ad apparire ciò che deve essere: un principe del suo tempo, prodigo e cortese. Egli si insedia a Tarascona e vi celebra un magnifico torneo, nel 1449, denominato “il passo della Pastora (Bergere)”. Nel frattempo, nel 1453, Renato perde sua moglie, Isabella di Lorena ed affida l’eredità del ducato di Lorena a suo figlio Giovanni, nel momento stesso in cui la situazione politica in Italia rianima le ambizioni napoletane. Tuttavia egli non riuscirà, né a riprendere il trono di Napoli, né il trono d’Aragona, che gli viene proposto nel 1458. Renato, con la sua seconda moglie, Giovanna di Laval, risiede sia in Angiò che in Provenza, i soli feudi che gli rimangono di sua proprietà. Ma i soggiorni in Provenza sono sempre più lunghi e finalmente, la coppia si insedia definitivamente ad Aix nel 1472, dove fa trasferire le sue collezioni d’Angiò e dove manterrà una corte brillante, che farà la sua reputazione di “buon re”. Tuttavia la tassazione si accresce sotto il regno di Renato, la cui politica, diplomazia e rappresentazione del potere costano molto cari. La tassazione imposta in funzione della popolazione non risulta sufficiente a fronteggiare le spese e nel 1441 egli è costretto ad imporre un diritto di dogana (del 6,66%) sulle importazioni ed esportazioni. La tassa risulta così impopolare che il conte accetta, l’anno seguente, di revocarla in cambio di una tassa “una tantum” da parte delle città. Anche la comunità ebrea, da sempre protetta dagli Angioini, certamente per ragioni finanziarie, viene sottoposta ad una “taglia” speciale ed a frequenti richieste di “doni”.
La cessione alla Francia Nel 1474, essendo nel frattempo morto suo figlio Giovanni, Renato redige il suo testamento, che attribuisce la Provenza e l’Angiò a suo nipote Carlo 5° del Maine (1436-1481, figlio di suo fratello Carlo 4° Angiò Maine, 1414-1472) ed il ducato di Bar al figlio di sua figlia Iolanda (1428-1483) e di Federico 2°, conte de Vaudémont (1420 – 1480), Renato 2° di Angiò duca Lorena Vaudemont (1451-1508). Il re di Francia, Luigi 11° (1423-1483), che può pretendere all’eredità dell’Angiò per parte di madre, è furioso e confisca l’Angiò. Dopo trattative diplomatiche, Renato glielo cede a condizioni che Carlo erediti la Provenza. Il buon re Renato d’Angiò Valois muore nel 1480 ed il suo corpo viene portato, secondo le sue volontà ad Angers, nella sua antica capitale. I cittadini di Aix si opporranno a questa decisione, ma il trasporto della salma viene effettuato ugualmente di notte nascosto in un cassone per vestiti ed in questo modo il “buon re Renato” esce per l’ultima volta dalla sua capitale provenzale. L’accessione alla contea di Provenza da parte di Carlo 5° d’Angiò Maine, ovvero Carlo 3° di Provenza (1480-1481) avviene con difficoltà, in quanto Renato 2° di Angiò Lorena-Vaudemont contesta tale diritto. Luigi 11° di Francia arbitra intelligentemente il conflitto: egli decide in favore di Carlo 3° … cagionevole di salute e che per di più non ha eredi. Luigi di Francia prepara, in tal modo, la strada per la sua futura successione. In effetti, Carlo 3° muore l’anno seguente, l’11 dicembre 1481, dopo aver nominato il re di Francia suo erede. Gli Stati di Provenza, riuniti ad Aix il 15 gennaio 1482 ricorderanno al rappresentante del re che egli vanta dei diritti sul paese solamente in virtù del titolo di “conte di Provenza” e che deve, per ricevere la garanzia di fedeltà dei suoi sudditi, confermare tutti i privilegi concessi dai vecchi conti, come anche le istituzioni ed il sistema giudiziario. Da ultimo egli deve promettere che le cariche verranno conservati ai Provenzali. Una volta siglato questo accordo, impropriamente denominato “costituzione provenzale”, la Provenza può diventare uno Stato del regno di Francia.
NOTE (1) Invenzione. In senso religioso, l’invenzione delle reliquie (inventio reliquarum), vale a dire la scoperta, spesso miracolosa, di reliquie sante; (2) Elevazione. A complemento dell’invenzione delle reliquie, l’elevazione è piuttosto una valorizzazione in una scatola o in un reliquiario e l’autenticazione ufficiale delle reliquie già conosciute, ma di cui si erano dimenticate la localizzazione esatta in un luogo santo.
BIBLIOGRAFIA Aurell M., Boyer J. P., Coulet N., “La Provence au Moyen Age”, Aix en Provence, Université de Provence, 2005; Coulet N., Planche A., Robin F., “Le roi René. Le prince, le mecène, l’ecrivain, le mythe.”, Aix en Provence, Edisud, 1982; Robin F., “La Cour d’Anjou-Provence, la vie artistique sous le regne de René”, Paris, Picard, 1985.
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