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L’ELETTRICISTA CHE MISE IN CORTO CIRCUITO L’URSS: LECH WALESA La Storia secondo Massimo Iacopi 11/07/2015 - Massimo Iacopi (Roma) LECH WALESA: L’ELETTRICISTA CHE HA MESSO IN CORTO CIRCUITO L’URSS Anima del sindacato Solidarnosc, premio nobel della pace e vecchio presidente della Repubblica polacca, Walesa incarna agli occhi del mondo quello che ha vinto il comunismo per mezzo di una rivoluzione pacifica. Il 12 giugno 1987, dopo le ore 23.00, il papa Giovanni Paolo 2° (1920-2005) sebbene spossato dal suo viaggio in Polonia, vuole a tutti i costi incontrare Lech Walesa (1943 - ) a Gdansk (Danzica): i due più celebri polacchi condividono la stessa speranza, far cadere la dittatura comunista. Il papa paragona la strada intrapresa da Walesa a quella di Gandhi “Se il mondo vi apprezza, è proprio per il fatto che voi avete rinunciato alla violenza”, gli spiega il pontefice e “Voi dovete tenere e resistere - soggiunge il papa - e tutto andrà bene!”. In effetti Walesa è proprio quello che ha condotto “tappa per tappa”, la Polonia verso il cammino della democrazia. Mai il semplice operaio di Gdansk avrebbe pensato di incontrare il papa, né ricevere il premio Nobel per la Pace nel 1983, né ancora diventare Presidente della Repubblica dal 1990 al 1995. Lech Walesa nasce il 29 settembre 1943 a Popowo, in una famiglia di contadini polacchi. Ben presto, il giovane sviluppa un gusto per il bricolage e può - a suo parere - riparare tutto, dal “semplice cancello alla televisione”. Nel maggio 1967, a 24 anni, egli si insedia a Danzica e diventa elettricista di navi, con la matricola n. 61878, simbolo della enorme dimensione dei cantieri navali “Lenin”. Le condizioni di lavoro sono difficili e molti operai non mangiano a sufficienza: “Una scintilla di rivolta è scattata dentro di me”, ricorda Walesa. E’ ancora a questa epoca egli incontra la sua futura moglie, Danuta, che lo vede allora come una “sorta di strano taciturno”. I due si sposano nel novembre 1969 con un rumore di fondo, il ronzio dell’impero sovietico. Il giovane Walesa diventa uno dei leaders degli scioperi del dicembre 1970, scatenati a Gdansk e Gdynia, dopo un aumento di prezzi. Si tratta di una dolorosa lezione per lui: “Io non avevo alcuna idea su come condurre uno sciopero” si ricorda e nella notte del 15 al 16 dicembre 1970, gli Zomo (miliziani del regime) sparano sugli operai. Walesa viene arrestato e rilasciato dopo aver firmato un foglio: “io non sono uscito con le mani completamente pulite …” confessa nella sua autobiografia. Dopo questo fatto, non si smette di accusarlo di essere stato un agente al soldo del potere, un “collaboratore”, che rispondeva al nome convenzionale in codice di “Agente Bolek”. Tuttavia, egli dimostrerà regolarmente la sua pugnacità e la sua resistenza al potere in vigore. Come prova: dopo il 1970, gli Esbeks, membri dei servizi di sicurezza (Sluba Bezpieczestwa, SB, che Walesa sopranomina i “pots de colle” in francese) non lo lasciano mai senza controllo. Nel 1976, Walesa viene licenziato dai cantieri navali di Gdansk per aver criticato il potere. Egli prosegue, a quel punto, la lotta distribuendo dei volantini. Dopo gli scioperi di Radom e d’Ursus nel giugno 1976, si mette in opera in Polonia una opposizione strutturata con la creazione del KOR, il Comitato di Difesa degli Operai, fondato da Jacek Kuron (1934-2004) ed Adam Michnik (1946- ) storico ed attivista nell’edizione clandestina. La seconda tappa è costituita dalla creazione dei sindacati liberi (WZZ) alla fine dell’aprile 1978, a Gdansk, di cui fa parte anche Lech Walesa, Andrzej (1935-) e Joanna Duda (1939- ) Gwiazda, Bogdan Michal Borusewicz (1949-) ed Anna Walentynowicz (1929-2010). Infine la visita di Giovanni Paolo 2° in Polonia, nel giugno 1979, ha un impatto maggiore sui Polacchi che parlano di “nasz papiez” (il nostro papa). Il sovrano pontefice termina uno dei suoi discorsi con queste parole: “Che discenda il tuo Spirito ! Che possa rinnovare la faccia della terra !”. Più tardi, Walesa spiegherà che “Solidarnosc è nata dalle parole pronunciate dal papa”. Il licenziamento di Anna Walentynowicz, congedata senza diritto alla pensione per le sue attività d’opposizione, scatena lo sciopero dell’agosto del 1980: 18 giorni che scuoteranno il mondo. Il 14 agosto, lo sciopero viene lanciato nei cantieri di Gdansk. Secondo il biografo Roger Boyes (1952-), Walesa “ha riscritto la sua storia diminuendo il ruolo svolto dagli altri”. In effetti, nulla sarebbe successo senza l’azione della coppia Gwiadza, di Anna Walentynowicz, di Bogdan Borusewicz e di tanti altri. Ma il tribuno Walesa galvanizza le folle e diventa ben presto, agli occhi del mondo intero, il leader del movimento di contestazione. Secondo Bogdan “Nei fatti, la sua autorità nei cantieri era illimitata” e nessuno era ormai in condizioni di rimuoverlo. Il 16 agosto lo sciopero si estende a tutte le imprese della regione: 21 rivendicazioni comuni vengono redatte dal Comitato di sciopero inter-impresa (MKS), da poco costituito. La richiesta principale é costituita dalla creazione di sindacati liberi ed indipendenti dal partito. Non si tratta più di uno sciopero operaio ma piuttosto di uno sciopero politico a livello nazionale: “noi sognavamo uno stato libero”, ricorda Walesa. Ben presto, tutti i componenti della società civile si mobilitano e l’arrivo di intellettuali come Tadeusz Mazowiecki (1927-2013) e Bronislaw Geremek (1932-2008) rinforza il movimento di fronte ad un potere che vacilla. Davanti alle camere da ripresa del mondo intero, Walesa porta sulle spalle la speranza dei suoi compatrioti in occasione dei negoziati con il vice primo ministro Mieczyslaw Jagielski (1924-1997). Quest’ultimo cede il 31 agosto: “Accetto e firmo !”. Gli accordi di Gdansk sono storici, in quanto suonano come una prima vittoria contro il Comunismo. Il 10 novembre 1980, NSZZ Solidarnosc viene registrato in Polonia come sindacato legale. “Lo sciopero mi ha trasformato” ricorda Walesa ed in quel momento l’uomo prende la misura delle sue responsabilità e calmando i più radicali del suo schieramento, continua senza sosta a cercare il compromesso ed il negoziato. La sua sposa deve sopportare di veder sfilare a casa sua il “carnevale di Solidarnosc”, sotto la stretta sorveglianza degli Esbeks. Il 13 gennaio 1981, a 38 anni, Walesa viaggia per la prima volta della sua vita all’estero, in occasione della sua visita in Vaticano. Egli ora viene regolarmente minacciato da un potere con il fiatone che cerca di vendicarsi e subirà numerosi tentativi di avvelenamento. La sua “assicurazione sulla vita” si basa sul sostegno di circa 9 milioni di Polacchi sindacalizzati. Ma il 13 dicembre 1981, il generale Jaruzelski, dichiara lo stato d’assedio. Solidarnosc viene interdetto, Walesa viene arrestato ed internato fino alla sua liberazione (il 12 novembre 1982) senza aver ceduto al ricatto delle autorità. “Se i comunisti fossero riusciti a far piegare Lech, noi saremmo stati tutti gettati nella polvere” si ricorda un militante. Il 5 ottobre 1983, il sindacalista si trova a raccogliere i funghi, quando apprende di aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace per la “via pacifica” che egli ha scelto nella sua azione. Sarà sua moglie che andrà a ritirare il suo premio ad Oslo. Il sindacato prosegue la sua azione clandestina nonostante il sequestro ed il sordido assassinio di padre Jerzy Popieluszko (1947-1984), il 19 ottobre 1984, da parte degli sbirri del regimi. Continua il delicato “spolpamento” del molosso comunista Nel 1988 scoppiano diversi scioperi in tutto il paese e Walesa capisce che sta per arrivare una nuova tappa nella vicenda, quella della lotta politica contro un potere in agonia. Lo stesso Mikhail Gorbacev (1931- ), in un “dialogo indiretto” con Walesa, sostiene l’apertura di negoziati con il potere polacco, conosciuto sotto il nome di “Processo della Tavola Rotonda”. Essi iniziano nel febbraio 1989 e si concludono nell’aprile seguente con accordi molto criticati: molti non capiscono il compromesso, laddove i radicali del movimento volevano la libertà in blocco. Ma Walesa difende la sua politica dei “piccoli passi”. Solidarnosc legalizzato di nuovo ed elezioni libere Il 17 aprile 1989 viene nuovamente legalizzato ed il 4 giungo seguente vengono organizzate “elezioni libere”, nelle quali il potere si riserva il 65% dei seggi della Dieta. Ma si tratta di una vittoria schiacciante dell’opposizione, che ottiene la totalità del 35% dei seggi rimanenti ed il 99% dei seggi al Senato. Il potere in vigore comincia a presentare delle vistose crepe. Walesa, che pensa alla presidenza della repubblica, spinge Mazowiecki in primo piano sulla scena. Questi diventa primo ministro, il 24 agosto 1989, inaugurando la transizione democratica in Polonia, che si completerà veramente con le prime elezioni parlamentari libere il 27 novembre 1991. Walesa viene eletto il 9 dicembre 1990 Presidente della Repubblica della Polonia, riportando il 74,30% dei suffragi. Per molti, l’icona di Solidarnosc è stata deludente durante la sua presidenza e viene accusato di aver diviso il sindacato e di aver mostrato “tendenze autoritarie” e gli si rimprovera soprattutto di non aver fatto nulla per contrastare la situazione economica dei più poveri. In realtà, il suo statuto di presidente gli lascia pochi poteri. D’altra parte, la transizione economica verso il capitalismo non si realizza senza ferite e soprattutto dopo un periodo di economia pianificata. La cosa di cui egli è più fiero è che, il 17 settembre 1993, “l’ultimo soldato russo è rientrato a casa sua”, dopo mezzo secolo di presenza sul suolo polacco; e due giorni più tardi, ironia suprema della sorte, i post comunisti vincono le elezioni legislative. Il presidente Walesa è anche l’uomo che ha preparato l’entrata della Polonia nella NATO e nell’Unione Europea. Nel corso del suo mandato, egli è diventato, secondo sua moglie, sempre più “nervoso ed impulsivo”, sapendo che egli sarebbe stato considerato come l’unico responsabile dei problemi economici del paese. Nel 1995, egli perde le elezioni presidenziali contro il candidato post comunista Aleksander Kwasniewski (1954- ) ed a quel punto rientra a Gdansk, “completamente abbattuto”, ricorda sua moglie. Il Times ha posto Walesa fra le cento personalità più importanti del 20° secolo. Walesa rimane ancora oggi, nonostante il suo ritiro dalla vita politica, l’ambasciatore più conosciuto della Polonia nel mondo. Alla testa della sua fondazione, egli porta il suo sostegno ovunque i diritti dell’uomo risultino minacciati. La Polonia è oggi una democrazia solida ed il merito di questo va riconosciuto in gran parte a Walesa. Per lui, non c’è alcun dubbio che gli avvenimenti dell’agosto 1980 “sono stati l’inizio della fine del sistema comunista”, mentre agli occhi del mondo, è la caduta del muro di Berlino che ne rimane il simbolo spettacolare. In occasione dell’uscita del film di Wajda, l’Uomo del popolo, il cineasta ha dichiarato dichiara “Se noi oggi viviamo in un paese libero, è grazie all’immaginazione ed al senso politico di Lech Walesa. Eppure nessuno si ricorda più che è stato lui che ci ha condotto verso questa libertà”.
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