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La Geopolitica secondo Massimo Iacopi

INDIA, CINA e PAKISTAN

L’India sorniona intrappolata nella morsa cinopakistana


30/03/2016 - Massimo IACOPI


(Assisi)

“Più dolce del miele, più profondo degli oceani, più alto delle montagne e più duro dell’acciaio”. E’ in questi termini che Muhammad Nawaz Sharif, primo ministro pakistano, in occasione dell’inaugurazione di infrastrutture per il gas di una compagnia cinese nel Sind, qualificava, nell’aprile 2014 le relazioni che univano il suo paese alla Cina. Il presidente cinese Xi Jinping evocava, da parte sua, una relazione “che sta avanzando come un albero che diventa alto e forte”. Uno scambio di frasi poetiche che sottintende un progetto geopolitico.

Al di là dei risvolti lirici, i rapporti privilegiati fra i due paesi risultano tuttora molto concreti. Il presidente cinese ha promesso investimenti massicci in Pakistan: 46 miliardi di dollari nei prossimi 15 anni, con lo scopo di rinforzare quello che è stato fatto già negli anni precedenti. Questo idillio spiace all’India e fa del Pakistan una potenziale pietra di inciampo fra i due giganti asiatici.

Una relazione “dolce come il miele” con la Cina… 

L’intesa cordiale sino-pakistana non è un fatto odierno. I due Stati intrattengono relazioni diplomatiche dal 1950, data in cui Islamabad ha riconosciuto la Repubblica Popolare, come il solo rappresentante politico legittimo della Cina. Il Pakistan è stato il primo paese mussulmano a farlo, interrompendo qualsiasi relazione con i nazionalisti di Ciang Kai Shek (1887-1975) sull’isola di Taiwan. Le relazioni diplomatiche fra Cina e Pakistan iniziano ufficialmente nel 1951 e dal qual momento i due paesi rimangono molto stretti sul piano diplomatico. Il riavvicinamento della Cina con l’Occidente (viaggio di Richard Nixon (1913-1994) a Pechino) è stato realizzato grazie alla mediazione pakistana. Questa intesa si rafforza dopo la guerra sino-indiana del 1962. All’indomani del conflitto, il Pakistan restituisce alla Cina i territori del versante nord del Karakorum, fatto che rende la frontiera più sicura. L’assistenza militare della cina al Pakistan ha inizio nel 1966, La bomba nucleare pakistana nasce da questa collaborazione nel 1987. Negli anni 2000, i due alleati sviluppano congiuntamente veicoli militari come il carro MBT-2000 nel 2001, quindi l’aereo da combattimento JF-17 Thunder nel 2007. La cooperazione economica prende corpo nel corso del 1979 e di intensifica a partire dagli anni 2000 con la costruzione del porto di Gwadar, finanziato dalla Cina. Nella sfera simbolica e religiosa, occorre notare che il Pakistan costituisce la culla del Buddismo mahayana praticato in Cina. La prima statua cinese del Budda è di stile Gandara, regno del 1° millennio che aveva avuto come capitale l’attuale Peshawar nel nord ovest del Pakistan. I primi traduttori in cinese dei testi del buddismo erano dei missionari provenienti dal Gandara.

… ed “amara” con l’India

Le relazioni indo-pakistane sono state, per contro, meno felici. I due paesi intrattengono relazioni diplomatiche dalla loro indipendenza nel 1947. Nonostante la loro storia e cultura comune, essi si nono combattuti in occasione di tre guerre, prima di giungere nel 2003 alla firma di un cessate il fuoco ed all’alleggerimento della presenza militare sulla Linea di Controllo nel Kashmir. Ciò non ha impedito, da quella data, una regolare serie di scaramucce oltre a scambi di colpi di artiglieria ad intervalli irregolari. Le relazioni economiche e commerciali non sono certo migliori. Le rotte commerciali dirette risultano chiuse e gli scambi commerciali fra i due paesi passano attraverso Dubai. Essi ammontano a 4 miliardi di dollari all’anno, contro i 13 miliardi fra il Pakistan e la Cina. Diversi negoziati e discussioni hanno avuto luogo al fine di accrescere queste attività ma la mancanza di fiducia reciproca risulta evidente. Il sostegno dell’India al partito politico-mafioso MQM (Movimento Nazionale Unito, insediato nel Sind), recentemente attivato, non aiuta a migliorare le cose. Nello spirito di alcuni Indiani, il Pakistan è un vicino ostile e minaccioso. Le conclusioni tratte dalla storia aiutano a spiegare tale atteggiamento. Il sub continente è stato invaso numerose volt a partire dal nord-ovest, da passo Khyber e dai suoi dintorni: Alessandro Magno, i Persiani, i Mongoli, … Ma ancora è sufficiente ricordare che il sultano Mahmud di Ghazni (971-1030), ha condotto fra il 1001 ed il 1026, ha condotto ben 17 spedizioni di saccheggio verso l’India, partendo dall’Afghanistan o, in tempi più recenti, la dinastia moghul, fondata da Babur Shah (1483-1530), discendente di Tamerlano (Timur i Lang 1320-1405), anch’essa proveniente dall’Afghanistan. Malgrado tutto, l’India dispone in Pakistan una possibilità che la Cina non ha: una forma di soft power. L’intercomprensione fra le lingue hindi e urdu è quasi totale. Il cinema indiano riscuote un grande successo in Pakistan, tanto più che le famiglie di alcuni più celebri attori di Bollywood vengono proprio dal Pakistan (Shahkrukh Khan, Salman Khan).

La sfida dei corridoi

Il corridoio economico Cina-Pakistan mira a far uscire dalla sua continentalità lo Xingiang cinese, assicurandogli un accesso rapido e sicuro all’Oceano Indiano ed alle risorse energetiche del Medio Oriente e dell’Africa, nonché facilitando le esportazioni verso l’Europa. Xi Jinping ha definito i quattro assi più importanti di questo corridoio: il porto di Gwadar, che completa la “collana di perle”, il trasporto, l’energia e la cooperazione industriale. Gli investimenti cinesi hanno anche per scopo la normalizzazione della situazione di sicurezza pakistana, che influisce sull’Afghanistan, l’Asia centrale e la stessa Cina. Il Movimento islamico del Turkestan orientale, organizzazione terroristica uigur, risulta presente nelle zone tribali pakistane a partire dal 2009 e vi si addestra con altri gruppi di jihadisti e tutto questo aveva spinto l’esercito pakistano a condurre una operazione nel Nord Waziristan nel maggio 2014. Nel periodo successivo, militanti dell’organizzazione sono partiti per combattere nella zona siro-irakena, ma questi personaggi rischiano di rientrare nel loro paese per condurre attacchi terroristici nello Xingiang, servendosi delle mal controllate regioni montagnose nord pakistane come basi d’appoggio logistico. La sicurezza ed il rendimento economico del corridoio dipendono dalla stabilità del Pakistan, che in numerose province risulta ben lungi dall’essere stata acquisita. Il centro del potere si trova nel Punjab, di cui è originario Muhammad Nawaz Sharif (1949- ) e dove il suo partito, la Lega Mussulmana, ottiene il migliori risultati elettorali. Esso è circondato da province, sia ribelli, che instabili. Si tratta in primo luogo del Kashmir pakistano, del Gilgit-Baltistan e dell’Azad e Kashmir, rivendicati dall’India, dove la Cina costruisce delle infrastrutture. Per il premier indiano Narendra Modi (1950 - ) tutto questo è “inaccettabile”. La tensione intorno a queste province disputate non porteranno ad uno scontro diretto fra Pakistan ed India, ma Pechino potrebbe strumentalizzare la questione del Kashmir in caso di offensiva diplomatica indiana sulla questione tibetana. Questa manovra dovrebbe nondimeno rimanere limitata: Pechino risulta piuttosto fredda quando si tratta di appoggiare apertamente separatismi che potrebbero sconvolgere l’integrità territoriale degli Stati, come lo si è potuto constatare nella vicenda ukraina. E’ la regione del Belucistan che minaccia di più la sicurezza degli investimenti cinesi, in quanto il porto di Gwadar si trova proprio sul litorale beluci e diverse strade che portano al nord del paese ed alla Cina attraversano la provincia. Il Belucistan, la più grande regione del Pakistan, cumula da sola tutte le tare esistenti nel paese: gruppi armati separatisti, sottosviluppo, traffici di tutti i generi, ecc.. L’India potrebbe appoggiarsi sui gruppi Baluci per danneggiare Pechino ed Islamabad ha già accusato Nuova Delhi di sostenerli. Il “Baluci o Beloch Liberation Front” aveva rivendicato un attentato contro ingegneri cinesi a Gwadar nel 2004. Il suo dirigente, Dott. Allah Nizar (o Nazar) Beloch (1968 -), ha dichiarato alla stampa indiana nel febbraio 2015 che “la Cina, essendo uno stretto alleato del Pakistan, essi la combatteranno”. Inoltre, nel 2007, alcune imprese cinesi avevano lasciato la provincia, a seguito di esplicite minacce da parte del movimento. Nel Sind, una delle più grandi imprese cinesi di carbone ha dovuto annullare un contratto di 19 miliardi di dollari, per timore di attacchi terroristici. Il movimento indipendentista sindhi non risulta particolarmente violento ma costituisce un fattore di disturbo supplementare per la Cina. Infine, la configurazione finale del corridoio costituisce oggetto di dibattiti animati nella società pakistana, in particolare nella provincia del Khyber-Pashtunkhwa. L’itinerario orientale proposto da Islamabad manterrebbe queste due regioni isolate dalle ricadute positive economiche. Militanti del partito pashtun ANP di Peshwar parlano con ironia di “corridoio economico Cina-Punjab” e rivendicano con forza che un itinerario che passi per la provincia pashtun ed il Belucistan risulterebbe meno costoso e comporterebbe meno spostamenti di popolazione rispetto a quello che attraverserebbe il Punjab, provincia, tra l’altro, la più densamente popolata del paese. Nuova Delhi potrebbe trarre profitto da questo scontento locale. Il rinforzo della presenza cinese nel Pakistan consente a Pechino anche di contrastare e bloccare l’influenza di Washington nell’Asia del Sud. Gli USA rimangono un partner degli Americani ed uno dei principali sostegni finanziari, anche se, dopo l’operazione commando contro Usama Bin Laden (1957-2011), nel 2011, molti ad Islamabad non si fidano. Inoltre, la diffidenza del popolo pakistano e di una frangia dei dirigenti del paese, nei confronti degli Stati Uniti, è aumentata negli ultimi tempi e la percentuale di opinione pubblica favorevole agli USA risulterebbe intorno al 14%, contro un 78% nei confronti della Cina.

La cornucopia dell’Afghanistan

Le relazioni sino-indiane nel Pakistan sono connesse alla situazione in Afghanistan. Questo paese rappresenta da solo una grande posta in gioco. Le risorse del sottosuolo afghano sono state stimate dagli Americani a mille miliardi di dollari. Esse suscitano la concupiscenza o la brama sia della Cina che dell’India che hanno bisogno di queste risorse per la loro industria. Il presidente afghano Ashraf Ghani (1949 - ) risulta meno pro indiano del suo predecessore e più conciliante con i dirigenti pakistani, mentre i servizi di informazione afghani e pakistani hanno firmato accordi di cooperazione. In conseguenza, l’India si è disimpegnata dal contratto di sfruttamento della miniera di ferro di Hajigak al centro dell’Afghanistan. L’annuncio, senza trucchi, della morte del Mullah Omar Mohamed (1955 circa - 2013) nel Pakistan arriva a confermare la volontà di Kabul di scrivere una nuova pagina della storia delle sue relazioni con Islamabad. La Cina ne trarrà un vantaggio dal miglioramento di queste relazioni, mentre l’India, in qualche modo ne patirà: tutto questo rende più difficile l’accesso all’Asia centrale. La fine delle sanzioni contro l’Iran arriva dunque al momento giusto e contribuirà ad accelerare lo sviluppo del porto di Shalabar, rivale di Gwadar e finanziato da Nuova Delhi. L’Afghanistan è importante per l’accesso della Cina alle risorse di gas centro asiatiche. Per di più, la lotta di Pechino con i militanti uigur e per la sicurezza dei suoi investimenti nella regione dovrà essere fatta da entrambi i lati della Linea Durand (del 1893 ed l’attuale frontiera afghano-pakistana), che risulta un interfaccia di scambio fra gruppi terroristi. Oltre ai contratti di sfruttamento minerario firmati con Kabul (Mes Aynak), i Cinesi evidenziano una volontà diplomatica crescente nei confronti di questo paese e capi talebani si sono arresi a Pechino nella fine del 2014. Un incontro fra ufficiali afghani ed ex dirigenti talebani ha avuto luogo nel maggio 2015 a Urumchi, capitale dello Xingiang cinese.

India e Cina cercano di superare le loro divergenze

Nonostante queste divergenze e la loro rivalità economica, l’India e la Cina sono ottimi partner commerciali ed è poco probabile che un conflitto armato, con il Pakistan come tela di fondo possa intervenir fra i due paesi. L’India ha maggiore peso del Pakistan sulla scena internazionale. Essa fa parte del BRICS e non soffre dell’insicurezza interna che, da una decina di anni, affanna il suo vicino. L’India rappresenta un mercato più sicuro e più vasto ed è anche un dei membri della Banca asiatica di investimenti per le infrastrutture, lanciata da Pechino per appoggiare il suo progetto di “Nuova rotta della seta”. Per di più, India e Cina condividono le stesse vedute si diverse questioni internazionali, come l’Ukraina e la Siria. Comunque, non è nell’interesse della Cina, voltare le spalle ad un attore economico e politico di questo peso. Pechino non vuole opporsi frontalmente a Nuova Delhi sulla questione pakistana. La decisione cinese di non partecipare direttamente al finanziamento della diga di Diamer Basha nel Kashmir pakistano costituisce un segno di buona volontà inviato a Nuova Delhi. Inoltre, India e Pakistan sono entrati a far parte dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai nel giugno 2015, sotto l’egida della Russia e della Cina. Pechino e Mosca desiderano un abbassamento delle tensioni fra l’India ed il Pakistan che vorrebbero associare al loro spazio euroasiatico. Per tutti, il vero problema è Washington, che si vorrebbe tenere al di fuori del continente asiatico.


 

 

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