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I Normanni nella storia e nella cultura italiana

GLI ALTAVILLA E BEOMONDO DI TARANTO

Analisi della presenza normanna in Italia e di un principato che durerà più di due secoli


10/05/2016 - Massimo Iacopi


(Assisi (Perugia))

I NORMANNI IN ITALIA

Intelligente ed astuto, il figlio di Roberto il Guiscardo, partecipa alla prima Crociata per concretizzare le sue enormi ambizioni. L’uomo proviene da una schiatta di Normanni, gli Altavilla, che hanno già messo radici abbastanza solide nel sud della penisola.

Per i principati e le città dell’Italia del Sud, l’anno mille risulta un periodo di grandi agitazioni. In guerra, gli uni contro gli altri, essi vivono sotto la minaccia permanente di una riconquista da parte dei Bizantini, che rivendicano la sovranità sulla regione e delle razzie da parte degli Arabi, già padroni della Sicilia. In un contesto come questo, i mercenari risultano personaggi assai graditi ed alcuni Normanni, attirati dall’odore del bottino, fanno la loro comparsa nell’area. L’epopea normanna nella penisola ha inizio con una leggenda, che ci viene ricordata da Aimario o Amato (1010-1090), un monaco dell’abbazia di Monte Cassino, autore della Historia Normannorum, una cronaca in latino sulle vicende dei Normanni in Italia meridionale. Nel 999, quaranta cavalieri normanni, di ritorno da Gerusalemme, fanno scalo a Salerno, capitale di un principato longobardo, proprio nel momento in cui alcuni pirati mussulmani si apprestano a metterla a sacco. Senza esitare, i pii pellegrini si organizzano e nel corso di una carica irresistibile, massacrano gli invasori, completamente sorpresi dalla inattesa ed insolita resistenza. A quel punto, i Salernitani, attraverso il loro principe Guaimario V (1013-1052), propongono ai loro valorosi salvatori di rimanere in zona. Questi ultimi preferiscono ritornare in Normandia e se ne vanno, promettendo però di parlare presso di loro di questa loro “terra prodiga di latte e di miele”. Ed è proprio a seguito di questa promessa che alcuni gruppi di cavalieri iniziano ad affluire nella penisola, in cerca di avventure, di terre e di ricchezze. Se il racconto sembra troppo bello per essere vero, esso si rivela, comunque, pieno di insegnamenti.

Eccellenti prospettive d’avvenire

I Normanni dell’XI secolo continuano a percorrere il mondo. A volte come pellegrini, spesso come mercenari. Sono pertanto numerosi quelli che tentano la sorte in Italia, o in Oriente, dove viene particolarmente apprezzato il loro valore militare. Tutto questo a ragione, in quanto essi non temono nessuno e sono seguiti dalla fama di avere sempre un costante successo in combattimento. Nella realtà, tutto ha inizio dall’arrivo in Puglia, dopo il 1010, del primo gruppo di circa 250 guerrieri normanni che vi si insedia stabilmente. Essi sono guidati da un certo Gilberto o Gisleberto Drengot Quarrell (985-1018), detto Buatere, che entra al servizio di Melo da Bari (970-1020), capo della prima rivolta anti bizantina di Bari. Sconfitti nella battaglia di Canne del 1018, dove Gilberto trova la morte, il gruppo dei Normanni passa sotto la guida del fratello di Gilberto, Rainulfo Drengot (+1045), che, entrato al servizio del principe longobardo Pandolfo IV di Capua (+ 1050 circa), nel 1030 riuscirà a diventare Conte di Aversa. L’Italia meridionale offre eccellenti prospettive d’avvenire per i cadetti della famiglie nobili del nord Europa, come lo dimostra l’esempio della famiglia degli Altavilla. Tancredi d’Altavilla (990 circa-1041) è un piccolo signore della penisola del Cotentin, in Normandia, che discende forse da un compagno d’armi duca di Normandia Rollone (850 circa-932). Sposato due volte, egli risulta il padre di una numerosa prole, che risulta difficilmente da accasare in patria ed è per questo motivo che la maggior parte dei suoi 12 figli, che raggiungeranno la maggiore età, tenterà la fortuna lontano dal feudo paterno. Nel corso del decennio 1030, Guglielmo (1009 circa-1046) e Drogone (1010 circa-1051) arrivano, in tal modo, in Italia, dove si pongono, di volta in volta, al servizio di potentati locali e dell’impero bizantino. Essi partecipano al tentativo di un generale greco di riconquistare la Sicilia (1038-1040) ed è proprio nel corso di questa campagna che Guglielmo ha l’occasione di infilzare con la propria lancia un capo arabo - fatto che gli varrà il soprannome di “Braccio di Ferro”. Ma i Normanni, considerandosi mal pagati per i loro servizi, partecipano ben presto ad una rivolta nelle Puglie contro l’autorità bizantina. Di fatto, essi approfittano della confusione generale per conquistare la regione, che riorganizzano, in maniera feudale, su 12 contee. I Normanni, nonostante le loro rivalità, arrivano a mettersi d’accordo per nominare alla loro guida Guglielmo d’Altavilla, che assume il titolo comitale nel 1042. Alla sua morte, nel 1046, sarà suo fratello Drogone a succedergli, a sua volta sostituito nel potere nel 1051 da un terzo fratello, Onfroi o Umfredo (1011 circa-1057). La preponderanza degli Altavilla nel campo normanno del sud Italia si afferma proprio in questi anni. Nel frattempo, iniziano ad arrivare nell’Italia del Sud i figli di secondo letto di Tancredi, fra i quali il maggiore, un certo Roberto (1015-1085). Quest’ultimo, molto male accolto dai suoi fratellastri, viene inizialmente costretto ad una vita errabonda e di brigantaggio nella Calabria bizantina. La sua incredibile audacia e le sue macchinazioni gli valgono ben preso il soprannome di Guiscardo (l’Astuto). Il personaggio, diventato Capo dei Normanni nel 1059, si vedrà concedere il titolo di Duca delle Puglie e di Calabria, come anche di Sicilia, che dovrà riconquistare. Per quanto riguarda gli Italiani, essi prendono rapidamente coscienza - forse un po’ tardi - che i vecchi mercenari sono ormai diventati dei conquistatori. “Ho visto, esclama papa Leone IX (1002-1054), questo popolo indisciplinato, con una rabbia incredibile ed una empietà che supera largamente quella dei pagani, devastare in diversi luoghi le chiese di Dio, perseguitare i cristiani, spesso persino di farli morire fra orribili tormenti e sconosciuti persino a sé stessi. Essi non risparmiano né i bambini, né gli anziani, né le donne, non distinguono il sacro dal profano e saccheggiano le chiese dei santi, che poi bruciano o radono al suolo”. La coalizione, penosamente organizzata dal sovrano pontefice viene nettamente sconfitta dai Normanni a Civitate il 17 giugno 1053. Leone IX, fatto prigioniero, viene costretto a ricercare un accordo con i suoi nemici.

Nominato Duca … “della Sicilia da conquistare”!...

Questo fallimento romano, segna paradossalmente l’inizio di una alleanza fruttuosa fra il Papato ed i Normanni, che si concretizza nel Sinodo di Melfi del 1059. In cambio della loro protezione militare, i papi successivi accordano agli invasori la loro … benedizione e l’investitura delle loro conquiste recenti o a venire. In queste condizioni, Roberto il Guiscardo, diventato a sua volta capo dei Normanni nel 1059, si vede concedere il titolo di “Duca delle Puglie e di Calabria”, come anche quello della Sicilia … da conquistare. Tutto un programma.

Agli inizi del IX secolo, la Sicilia era stata invasa dagli Arabi, che ne avevano massacrato e deportato quasi tutta la popolazione greca. I Bizantini avevano fallito di recente nel tentativo di riconquistarla, ma l’isola si trovava a quel tempo in un periodo di anarchia conseguente a guerre intestine dei qaids arabi e berberi. Tanto è che quando uno di essi, nel 1060, viene ad implorare l’aiuto di Roberto il Guiscardo contro i suoi correligionari, quest’ultimo coglie l’occasione per intervenire in Sicilia. Assecondato dal suo fratello più giovane, l’intrepido Ruggero II d’Altavilla (1095-1154). Roberto sbarca nei pressi di Messina, di cui si impadronisce rapidamente nel 1061 ed i Normanni, nel corso del 1063, distruggono un grande esercito arabo a Cerami. Ma la conquista dell’isola successivamente tenderà ad impantanarsi, per i fatto che i Normanni dispongono di forze derisorie - appena qualche centinaio di cavalieri - e perché sono costretti ad affrontare nello stesso tempo il nemico mussulmano della Sicilia e reprimere le continue rivolte sul continente; e, fra due combattimenti, i due fratelli passano il loro tempo a litigare, fatto che non facilita in alcun modo le cose !!! Dopo la conquista di Palermo, avvenuta nel 1072, al termine di un assedio da terra e dal mare durato diversi mesi, Ruggero prosegue la sua conquista, che si concluderà solo nel 1091. Roberto il Guiscardo, il guerriero normanno continua a nutrire senza sosta progetti sempre più ambiziosi. Poiché quasi tutta l’Italia del sud è ormai caduta sotto il suo potere, egli rivolge il suo sguardo verso l’Oriente. Egli nutre un grande disprezzo per i Greci, che giudica deboli ed effeminati. Nel 1081 lancia una prima incursione attraverso i Balcani, con la segreta speranza di impadronirsi di Costantinopoli. Dopo qualche successo, egli deve ritornare precipitosamente in Puglia, dove è scoppiata una ennesima rivolta. Con l’idea di ritornare appena possibile, si mette nuovamente in viaggio per i Balcani, ma muore sull’isola di Cefalonia nel 1085, proprio nel momento in cui progettava di portare l’assalto all’Impero bizantino. I Greci avranno così il tempo di riprendere … il respiro.

Beomondo di Taranto, principe d’Antiochia

Beomondo (1058 circa-1111), il cui vero nome era Marco, nasce, dunque, fra il 1052 ed il 1058, da Roberto il Guiscardo (di cui è il figlio maggiore) e dalla sua prima moglie di origine normanna, Alberada di Gerardo di Buonalbergo (1033-1122). Egli assiste suo padre nel campo militare, specialmente nelle sue imprese contro l’Impero bizantino. Alla morte del padre, nel 1085, il giovane, quasi trentenne, viene privato della successione, che passa al fratellastro Ruggero Borsa (1060-1111) ed è costretto ad accontentarsi delle sue terre nel sud della Puglia: Taranto, Otranto, Oria, Gallipoli e la contea di Conversano. Ma il principe di Taranto è un uomo grande e forte (fatto che gli vale il suo soprannome, derivato dal leggendario gigante Boamundus/Behemunt), nato per l’azione. Egli riesce a trattenere appena la sua indole negli stati normanni d’Italia, dove non può esprimere tutta la misura delle sue capacità. Il richiamo alla Crociata, lanciato da papa Urbano II (1042-1099), nel 1095, gli offre l’occasione di lanciarsi in una nuova avventura.

Le spie vengono uccise ed arrostite

Senza dubbio, egli era a conoscenza che una delle colonne crociate proveniva, come i suoi antenati, dalla Normandia, sotto la guida del duca Roberto II Cortacoscia  (Courte Heuse; 1051-1134), figlio di Guglielmo il Normanno (1028-1087). Questi ha deciso di recarsi in Terra Santa, passando per l’Italia del Sud e di svernare presso i suoi “cugini” normanni (1096-97). Ma Beomondo non l’attende e nel settembre del 1096 egli partecipa all’assedio di Amalfi, in compagnia di suo zio Ruggero I d’Altavilla (1031-1101), il “Gran Conte” della Sicilia. Nel mese di novembre 1096 decide di partire con suo cugino Riccardo di Salerno e suo nipote Tancredi d’Altavilla o di Sicilia (1138-1194), figlio di sua sorella Emma di Accardo II dei conti Lecce e di Ruggero III di Puglia (1118-1148), “il buon marchese”. Numerosi altri signori normanni si schierano sotto le sue insegne ad attraversano l’Adriatico insieme a lui per raggiungere l’Impero bizantino, mentre l’esercito normanno arriva a Costantinopoli agli inizi dell’aprile 1097. Poco dopo, Beomondo viene invitato a recarsi presso l’imperatore Alessio I Comneno (1056-1118). Questa è l’occasione per i due personaggi di conoscersi di persona, dopo che si erano combattuti sulla costa illirica (a Durazzo), in Macedonia ed in Grecia (1081-1085). Il normanno accetta di prestare giuramento di vassallaggio, fatto che rifiutano tutti gli altri capi crociati che arrivano nello stesso periodo: Goffredo di Buglione (1060-1100) e suo fratello Baldovino di Boulogne (1065-1118), Raimondo IV di Tolosa (1045-1105), Roberto Cortacoscia e Roberto II di Fiandra (1065-1111). Beomondo appare, a quel punto, come uno dei principali capi crociati, ma è costretto a mettersi d’accordo con altre forti personalità, come Raimondo di Tolosa o Baldovino, futuro re di Gerusalemme. Nel giugno 1097, i Crociati riconquistano la città di Nicea, prima di iniziare l’attraversamento dell’Anatolia sotto un implacabile sole estivo. A Dorileo, i Turchi tentano di bloccarli, ma alla fine vengono battuti (1° luglio), grazie all’azione di Beomondo. Qualche mese più tardi. I Franchi riescono ad arrivare nei pressi della grande città di Antiochia ed il suo assedio durerà ben sette mesi (dl 9 ottobre 11097 al 3 giugno 1098). L’assedio risulta molto faticoso per gli attaccanti, che vanno incontro a gravi difficoltà di rifornimento. Il principe normanno impiega metodi crudeli per spaventare i suoi avversari: un giorno, egli fa uccidere ed arrostire dei prigionieri, per scoraggiare e mettere in fuga le spie che pullulavano nel campo cristiano ! Dopo numerosi tentativi infruttuosi, Beomondo riesce a penetrare nella città con l’astuzia, con l’aiuto di un cristiano convertito all’islam. Diventato padrone della città, egli riesce a farsela concedere, non senza problemi dagli altri capi crociati. Nel periodo che segue la situazione si inverte: i Cristiani vengono a loro volta assediati dalle truppe del sultano (atabey) turco di Mossul, Kerbogha (+ 1102). Il 28 giugno 1091, l’esercito franco opera una sortita e vince la battaglia che ne segue ed anche questa volta grazie al genio militare di Beomondo. Il principe normanno, diventato principe di Antiochia, si trova a disporre di un vasto territorio di cui è il solo capo: egli, di fatto, si rifiuta di onorare il giuramento che aveva prestato all’imperatore e non gli riconosce alcuna sovranità sulle sue conquiste. Il Normanno vuole consacrarsi al consolidamento del suo potere ancora fragile: egli decide, pertanto, di restare ad Antiochia e lascia continuare gli altri Crociati verso Gerusalemme, compreso suo nipote Tancredi. Questi comanda appena un centinaio di cavalieri, ma si fa notare per la sua bravura, il suo coraggio e la sua grandezza d’animo nei numerosi combattimenti ai quali partecipa. Egli si illustra nuovamente nella conquista di Gerusalemme (13-14 luglio 1099). Tancredi sarà, in effetti, uno dei rari crociati a tentare di impedire i massacri che macchieranno la pressa della Città Santa. Tancredi si lancia in seguito alla conquista della Galilea e viene ricompensato da Goffredo di Buglione, “difensore del Santo Sepolcro”, che gli accorda il titolo di Principe di Tiberiade. Ma poco dopo Tancredi viene richiamato ad Antiochia, in quanto Beomondo è stato fatto prigioniero dall’emiro di Siwas in Cappadocia ed in tale contesto, eserciterà con successo la reggenza, contribuendo alla liberazione dello zio, per mezzo di un enorme riscatto di ben 100 mila bisanti d’oro.

Muore amareggiato e scoraggiato

Nel periodo seguente, Beomondo si reca in Occidente per chiedere aiuti, specialmente presso il re Filippo I di Francia (1060-1108). Il personaggio gode in quel momento di una straordinaria popolarità ed il sovrano gli dà in moglie sua figlia Costanza (1078-1126). La cerimonia ha luogo a Chartres nel 1106 e dopo il matrimonio il cavaliere riparte, dopo aver ottenuto per Tancredi la mano di un'altra figlia del re, Cecilia (1097-1145). Beomondo ritorna in Puglia, con il pensiero di attaccare il suo vecchio nemico, l’imperatore Alessio, senza peraltro rendersi conto che quest’ultimo ha considerevolmente rinforzato il suo potere organizzando un potente esercito, che infliggerà una pesante sconfitta al principe normanno fra il 1107 ed il 1108. Il principe di Antiochia viene in tal modo costretto a riconoscersi vassallo dell’imperatore ed ammettere sulle sue terre la sovranità di Bisanzio. Situazione che aveva ostinatamente rifiutato fino a quel momento. Beomondo muore qualche anno dopo, nel 1111, amareggiato e scoraggiato, seguito, l’anno dopo, anche dal suo alter ego Tancredi. Il normanno viene sepolto in un mausoleo a forma di chiesa bizantina, attaccato alla cattedrale di Canosa di Puglia, Un figlio, Beomondo II d’Antiochia (1108-1130), nato dal matrimonio reale, continuerà a reggere il Principato d’Antiochia, che durerà fino al 1268. Beomondo e Tancredi, questi due eroi normanni d’Italia, hanno giocato un ruolo essenziale nel corso della 1^ Crociata, di cui sono stati delle figure di spicco ed hanno contribuito ad espandere le gesta e la fama dei Normanni fino in terra d’Oriente.

Le Chansons de Geste entrano coi Normanni nel folclore locale

Nel 1085, alla morte di Roberto il Guiscardo ed alla morte di Beomondo, l’avvenire di questa “epopea normanna in Italia” risultava ancora abbastanza incerto, principalmente per il fatto che i discendenti degli Altavilla non riescono ad andare molto d’accordo fra di loro. Sarà, in fin dei conti, proprio uno dei figli di Roberto il Guiscardo, Ruggero II d’Altavilla poi Ruggero II di Sicilia (1095-1154), che riuscirà ad unificare in uno stesso regno tutta l’Italia del Sud e la Sicilia nel 1130. Paradossalmente, questi mercenari normanni, che i Greci, gli Italiani e gli Arabi consideravano come “terribili barbari”, riusciranno a creare da una miriade di potentati uno stato solido - che durerà fino al 1861 - ed a sviluppare una cultura originale, nella quale si mescolano brillantemente tradizioni orientali ed occidentali. Se, alla corte a Palermo, si continua a leggere testi in greco ed in arabo, allo stesso tempo si apprezzano le Chansons de Geste occitane, che impregnano ancora oggi il folclore siciliano.

BIBLIOGRAFIA

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