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Un tubero di uso comune di cui si conosce poco

L’EPOPEA DELLA PATATA

La Patata nel XVI (16°) Secolo conquista il gusto degli Europei e diventa la Regina della Cucina


08/08/2016 - Massimo Iacopi


(Assisi (Perugia))

L’EPOPEA DELLA PATATA (MASSIMO IACOPI)

La patata, al gratin o rosolata, al forno o  a puré, lessa ad insalata o a spezzatino col pomodoro rallegra le papille gustative degli Europei sin dalla metà del XVI (16°) secolo. La sua epopea è peraltro iniziata circa 9 mila anni fa sulla Cordigliera delle Ande. Quando, nel 1525, Pizarro sbarca sulle coste del Perù, è ossessionato dal mito dell’Eldorado, un favoloso paese ricco di oro, per cui El Conquistador non presta alcuna attenzione alla vita quotidiana degli autoctoni ed ancor meno alla loro alimentazione. Per fortuna alcuni membri della spedizione, più che altro interessati alla loro sopravvivenza, si interessano invece alle papas, ossia a quei curiosi tuberi dalla pasta bianca, gialla o rossa che costituivano la base alimentare della popolazione autoctona. Gli Incas hanno scoperto queste radici nel XIII (13°) secolo, mentre estendevano il loro impero verso gli altipiani della cordigliera delle Ande, dove il tubero cresceva allo stato selvaggio da oltre ottomila anni. Successivamente, essi hanno imparato a coltivarlo ed a cucinarlo. Gli Spagnoli non amano questo tubero che, a dire il vero, trovano farinoso e senza gusto. I navigatori dei primi galeoni che rientrano in patria, a Siviglia, importano il peperoncino, il mais ed i frutti del cacao, ma si guardano bene dall’introdurre in Spagna la cosiddetta “papas” !... La patata giungerà in Spagna molto più tardi, al seguito degli scienziati e dei missionari. Prima di scoprire questo prezioso tubero, il popolo di Spagna apprenderà della sua esistenza solo da qualche scritto. I primi riferimenti risultano nella “Storia Generale delle Indie”, pubblicata nel 1552 da Francisco Lopez de Gomara, cappellano di Cortez. L’anno seguente, un vecchio compagno di Pizarro, Pedro Cieza de Leon, racconta nella sua “Cronaca del Perù”, di aver visto, verso il 1536, degli Indiani Chibcha che si alimentavano con delle radici simili a dei tuberi. Testimonianza corroborata dal gesuita José de Acosta e dal prete avventuriero Juan de Castellanos. Le patate sbarcano quindi in Spagna intorno al 1560, dove assumono il nome di Batatas.

Una alimentazione di sopravvivenza per i protestanti esiliati

Le prime piante importate fioriscono nel monastero di Siviglia. Ci si interessa inizialmente ai loro piccoli fiori violetti. Ma i monaci dell’Ospedale del Sangre decidono di coltivare questo tubero, meno oneroso dei legumi nobili, per nutrire i loro malati. Alcuni gli attribuiscono persino delle virtù curative. Il re di Spagna Filippo II (2°), convinto della bontà di questo tubero, ne invia una certa quantità al papa Pio IV (4°), perché possano aiutarlo ad alleviare le sue crisi di gotta !... La patata prende successivamente la strada dell’Italia verso il 1575, attraverso gli ordini religiosi itineranti. Denominati Taratuffli (piccoli tartufi), i tuberi arrivano in Piemonte, dove vengono apprezzati e parallelamente li vediamo crescere nel nord quando il legato del papa nella regione dell’Hainaut offre qualche tubero a Philippe de Sivry, Governatore della città di Mons, nel Belgio spagnolo, che li fa coltivare. Nel 1588, Sivry preleva due esemplari di tubero dalla sua raccolta e li invia a Charles de l’Ecluse o Clusius, botanico originario di Arras nel nord della Francia. Dieci anni più tardi questi si decide, finalmente, ad esaminare la pianta; egli la descrive e la battezza Arachidna Theop. Forté, Papas peruanorum, nel suo trattato, Rariorum plantarum historia, pubblicato nel 1601. Nel 1588, a Basilea, due fratelli, Giovanni e Gaspare Bauhin, si interessano a loro volta del tubero. Figli di un medico protestante di Amiens, costretto a fuggire dalla Piccardia a seguito delle persecuzioni religiose, essi si sono procurati delle piantine, grazie a dei protestanti esiliato come loro. La pianta diventa in breve un alimento di sopravvivenza per queste comunità di esiliati. Gaspare Bauhin si affretta a riprodurle e di darne una descrizione precisa nel suo “Fhytopinax”, pubblicato nel 1596, attribuendogli il nome di Solanum tuberosum. Alla fine del XVI (16°) secolo, gli Inglesi scoprono a loro volta la patata. Essa è la conseguenza inattesa di una campagna del corsaro Francis Drake contro i possedimenti spagnoli. Nel 1584, il corsaro fa scalo in Virginia, colonia inglese fondata da Sir Walter Raleigh. La situazione vi risulta critica a causa della scarsezza di derrate alimentari. Drake ha nelle sue stive una certa quantità di papas, che distribuisce ai coloni, che, oltre a mangiarne, iniziano a coltivarle con successo. Due anni più tardi, gli abitanti della Virginia ed i loro tuberi vengono rimpatriati in Inghilterra dalla flotta di Sir Raleigh, a cui viene l’idea di piantarne sulle sue terre d’Irlanda, dove si acclimatano perfettamente. Nel 1589, il matematico Thomas Herriot, compagno di spedizione di Raleigh, pubblica un raccolta di viaggi, nel quale il tubero viene designato con il termine di openawk. Nel 1597, il botanico britannico John Gerard fornisce, a sua volta, una descrizione della pianta che denomina Potato of Virginia, nel suo “Herbal or General History of Plants”: i suoi fiori sono violacei ed i suoi tuberi giallastri, al contrario delle piante spagnole che sono rosse. Infine, un secolo e mezzo più tardi, Linneo dà la preferenza a Gaspare Bauhin, accettando la denominazione di Solanum tuberosum nella sua classificazione. Al di fuori dell’Irlanda, dove la patata prospera, questa pianta che viene ora chiamata tartuffoli in Italia, tartuffel nella Svizzera tedesca, kartoffel in Germania, cartoufle nell’est del regno di Francia, viene utilizzata essenzialmente per l’alimentazione degli animali e dei poveri. Mail tubero verrà ad acquisire una nuova immagine, durante la Guerra dei 30 anni, attraverso la quale una coalizione cattolica Austro-spagnola si oppone alla Germania protestante, a partire dal 1618. Grazie ai soldati venuti dalla Spagna e dall’Italia, il tubero si espande in Westphalia, in Sassonia, nel Wurtemberg, nel Mecklemburgo, in Baviera, in Boemia e nel Brandeburgo. Persino in Prussia, dove i sovrani, Federico Guglielmo I (1°) e quindi Federico II (2°), renderanno la sua coltura obbligatoria. In Francia la situazione della patata è più ambigua. Grazie all’occupazione spagnola, determinate regioni, come la Lorena, la Borgogna o la Franca Contea, l’hanno adottata a partire dal XVI (16°) secolo. Essa giunge successivamente nelle terre dai suoli poveri o montagnosi delle Cevennes, del Vivarais, del Rouerge e della zona di Albi; ed ancora si espande nei Pirenei, nelle alpi ed in una parte del Limousin. In particolare, nel Vivarais, l’agronomo Olivier de Serres la fa coltivare nel suo feudo di Pradel. Nel 1600, nel suo trattato “Theatre de l’agricolture”, egli precisa che la “cartoufle è arrivata dalla Svizzera da qualche tempo”.

Una radice giudicata tossica ed utilizzata dalle streghe

Purtroppo, i pregiudizi hanno la caratteristica di essere tenaci: si crede che questa radice grossolana possieda il malocchio, in quanto essa appartiene alla famiglia delle Solanacee, come la belladonna, la mandragora, il giusquiame, specie ritenute tossiche ed utilizzate dalle streghe. La voce popolare ne amplifica i malefici accusandola di veicolare persino la lebbra !! In questo periodo di dubbio i giudizi differiscono da regione a regione: alcuni parlamenti di province la vietano, altri arrivano persino a trarne profitto assoggettandola alla decima !!! Nel suo Trattato della coltivazione della terra”, l’agronomo Duhamel du Monceau esorta i coltivatori a non trascurare questo prezioso tubero, specie in caso di carestia … A questo agronomo che spetta d’altronde, l’adozione definitiva del termine “pomme de terre” (la patata in francese) per definire la pianta in questione. Ella realtà, Duhamel si accontenta di riprendere una denominazione caduta nell’oblio, attribuita a Frezier, ingegnere del re nella sua “Relazione del viaggio per mare a sud delle coste del Cile e del Peru”, pubblicata nel 1716. Tutto questo no risulta sufficiente ad eliminare le reticenze residue. Nel 1765, “l’Enciclopedia” di Diderot la descrive come una radice senza sapore, farinosa e carminativa ed in questa atmosfera la Francia continua a disprezzare la patata, nonostante le iniziative come quelle del vescovo di Castries, monsignor de Barral, che distribuisce delle piante a tutti i preti della sua diocesi, o ancora quella del curato di Saint Roch, a Parigi, che la distribuisce agli indigenti della sua parrocchia sotto forma di zuppa a partire dal 1869. Ma ormai è in arrivo il momento del cambiamento: nel 1771, a seguito di una terribile serie di carestie, l’Accademia di Besançon crea un premio per ricompensare il migliore studio che risponda alla domanda: “Quali sono i vegetali che potrebbero sostituire in tempo di carestia quelli che vengono impiegati comunemente per l’alimentazione degli uomini e quale dovrebbe essere la loro preparazione”. La memoria premiata nell’anno seguente è quella di un giovane scienziato di 35 anni, un certo Antoine Augustin Parmentier, originario di Montdidier, in Piccardia, farmacista capo presso l’Ospedale Reale degli Invalidi, che raccomanda senza giri di parole la coltivazione ed il consumo della patata. Egli ne aveva fatto personalmente l’esperienza durante la Guerra dei Sette Anni. Arruolato nel servizio di sanità dell’esercito di Luigi XV (15°), viene fatto prigioniero dai Prussiani. Imprigionato, egli riceve come pasto giornaliero una bollita di patate. Questo regime dura due settimane senza che peraltro la sua salute ne risenta minimamente. Sulla base di queste esperienza egli ne deduce che le patate posseggono delle reali qualità nutritive. Al suo ritorno dalla prigionia, il giovane farmacista si pone come compito quello di rimediare ai cattivi raccolti di cereali per mezzo della coltura della patata, in modo da far adeguatamente fronte alle ripetute carestie che indeboliscono il regno. Il premio dell’Accademia di Besançon gli apre le porte della comunità scientifica e Luigi XVI (16°) gli accorda il privilegio di diventare ospite de re presso gli Invalidi. Antoine Augustin Parmentier lavora senza sosta sulla patata. A partire dal 1775, egli sperimenta una sessantina di varietà ed alla fine ne conserva solamente 12. I suoi trattati ricevono gli elogi della Facoltà di Medicina. Ma Parmentier si augura prima di tutto di convincere i suoi confratelli della Società di Agricoltura ed alcune celebrità, come Lavoisier o l’americano Benjamin Franklin. A tal fine, egli li invita presso di lui a delle cene interamente a base di patate. Egli si lancia parallelamente in una campagna di volgarizzazione popolare del prodotto. Il 15 maggio 1876, con il sostegno di Luigi XVI (16°), che gli concede il terreno di esercitazioni dei Sablons a Neuilly, Parmentier fa piantare due arpenti di patate (tanto per cominciare …). I Parigini si schierano rapidamente al fianco di questo “folle” scienziato che ha la pretesa di far crescere delle piante in una terra sterile. Ma, con l’aiuto della pioggia, egli riuscirà a raccogliere un primo mazzetto di fiori di patata il 24 agosto seguente e subito dopo prende la strada di Versailles con l’intenzione di offrirlo al re.

Parmentier spiega alle dame i mille modi di cucinare la patata

Davanti ai cortigiani stupefatti, Luigi XVI (16°) mette i fiori alla bottoniera del suo panciotto, prima di metterne qualcuno nella parrucca della regina e qualche tempo dopo la patata fa la sua comparsa sulla tavola reale. Il delfino si diverte a coltivarla ed il piccolo fiore violetto con successo gli abiti delle dame. Nel 1788, il cattivo raccolto dei cereali, seguito da un inverno polare, obbliga gli agricoltori a piantare dei tuberi nel terreno a maggese. Parmentier, da parte sua, pensa alle donne che non sanno cucinare la patata Egli moltiplica gli articoli nella stampa ed insegna loro a prepararle in mille modi diversi: in insalata, a palline, rosolate o cotte sotto la cenere. Sotto la Rivoluzione, la convenzione chiede a Parmentier di redigere un “Trattato sulla coltura e l’impiego della patata”, destinato agli agricoltori. Nel 1795, i suoi sforzi sono affiancati dal libro della “Cucina Repubblicana”, primi libro di cucina francese che propone 32 ricette a base di patate. Quando Parmentier scompare nel 1813, la patata è ormai definitivamente integrata nel pasto quotidiano dell’esercito napoleonico. Nel 1803, la produzione di patate raggiunge già circa 1,5 milioni di tonnellate ed a partire dagli anni 1830 essa compare su tutte le tavole del regno, specialmente grazie al “macinato Parmentier”, che associa la patata sotto la forma di una purea, ai resti di carne della casa. Nel 1865, la produzione di patate in Francia superava gli 11 milioni di tonnellate e continua ad aumentare regolarmente, per culminare a più di 16 milioni nel 1938. Negli anni 1950, la patata raggiunge ancora i 14 milioni di tonnellate, prima di declinare ai 7 milioni del 1970 e quindi risalire agli 8 milioni del 2011 (secondo (2°) produttore europeo dopo la Germania con 11,8 milioni di tonnellate). Le abitudini, in Francia, che resta un buon consumatore di patate (dai 60 Kg. pro capite dal sud ovest ai 120 del nord), ed in buona parte del resto dell’Europa del XXI (21°) secolo, sono cambiate e la popolazione ne consuma molto di meno. In ogni caso il totale dei consumi rimane ancora impressionante ed è stato, nel 2011, pari a 374 milioni di tonnellate, provenienti da 19,5 milioni di ettari di coltivazioni, un terzo delle quali provengono dalla Cina e dell’India. Per quanto attiene alle varietà di patate, oggi ne risultano censite nel mondo più di 3 mila e nella sola Francia se contano almeno 150 tipi, delle quali solo una quindicina regolarmente utilizzate. Per quanto attiene all’Italia possiamo ricordare fra quelle più diffuse in commercio: la patata a pasta bianca, di forma tonda, che può provenire da Napoli, da Como o da Genova (Quarantina): si tratta di una specie di patata piuttosto farinosa, molto adatta alla preparazione di puré, sformati e qualunque piatto che ne preveda la frantumazione. la patata a pasta gialla, più soda e compatta, abbastanza versatile; per la particolare composizione e consistenza della polpa, che trattiene in maniera significativa l'umidità, le patate a buccia gialla sono ideali per la cottura al forno ed in padella, arrosto o lessate. Tra le più diffuse in Italia sono i tipi Adora, Almera, Lady Christl, Lady Claire, Lady Felicia, Monalisa, Spunta, Primura, Agata, Liseta, Lutetai, Juliette, Marine, Aida ed Arsy. La patata a buccia rossa e pasta gialla, infine, dal gusto saporito e consistente, adatta ad ogni tipo di preparazione, e particolarmente indicata, sia se saltata in padella, sia se gustata al forno. Tra le più diffuse in Italia troviamo quella di Colfiorito, la Lady Rosetta, l’Asterix, la Kuroda e la Cherie. Per quanto attiene alla produzione l’Italia ne produce intorno a 2 milioni di tonnellate. In Italia, pur registrandosi un consumo pro capite di 40 Kg., la produzione annua di patate comuni si aggira attorno ad 1.500.000 tonnellate, ottenute su una superficie di circa 60.000 ettari. Il 45% dell'intero raccolto nazionale proviene da tre sole regioni: Campania (22%), Emilia-Romagna (12%) ed Abruzzo (11%), mentre altre aree importanti per questa coltura si trovano in Lazio, Veneto e Calabria. Per quanto riguarda, invece, la patata cosiddetta “precoce”, la produzione italiana si attesta sulle 600.000 tonnellate, ottenute su una superficie di circa 30.000 ettari, diffusa soprattutto nelle regioni meridionali: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. Le varietà prodotte più diffuse sono Monalisa, Spunta, Primura, Arsy, Sirco, Agata, per quanto riguarda le patate da consumo; Aminca, Alcmaria, Spunta e Nicola per ciò che concerne le patate novelle. Per le patate da industria, infine, troviamo soprattutto Hermes al Nord, Agria al Centro, Lady Rosetta al Sud.


 

 

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