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FIRENZE AGLI INIZI DEL 1400 Una città stato potente, ricca ed effervescente che la Famiglia Medici rende più importante e bella 23/11/2016 - Massimo Iacopi (Assisi (Perugia)) LA CITTA’ DI FIRENZE E LA FAMIGLIA MEDICI AGLI INIZI DEL 1400 Agli inizi del 1400 tutto sembra andare per il meglio nella più fiorente repubblica d’Italia. Giovanni di Paolo Rucellai (1403-1481), un patrizio fiorentino, può scrivere, in ricordo degli anni appena trascorsi: “Firenze era in pace, le spese militari erano deboli ed il Comune imponeva poche tasse; in tal modo il paese diventava ricco e c’era una abbondanza di denaro”. Un periodo di respiro tanto più apprezzabile perché giunto dopo un periodo di catastrofi: la peste nera (1348), il tumulto popolare dei Ciompi (1378) e numerose guerre esterne che avevano determinato la rovina della città. La relativa tranquillità, di cui Firenze viene a godere nel periodo successivo, consente il suo recupero economico finanziario: la città che nel 1420 conta 72 compagnie bancarie, appare non solo una delle più prospere d’Occidente, ma anche una delle più belle (è infatti a questa epoca che viene eretta la cupola di Filippo Brunelleschi (1377-1446). E’ proprio nel 1421 che la repubblica acquista dai Genovesi la città costiera di Livorno per 100 mila fiorini (circa 350 tonnellate di oro fino !). L’affare non ha nulla di anodino. Fino agli inizi del XV secolo Firenze aveva dominato uno spazio abbastanza modesto, ma da quel momento emerge evidente la volontà di creare un vero e proprio stato territoriale: in una ventina d’anni Firenze si impadronisce di città periferiche, quali Arezzo o Pisa e si costituisce una importante facciata a mare. Con undici mila metri quadrati di territorio la Repubblica di Firenze è ormai diventata una fra le maggiori potenze della penisola italiana. Ma in cosa consiste effettivamente questa repubblica?... Nel vocabolario politico del tempo, questo termine designa in effetti uno stato diretto attraverso dei consigli, i cui membri sono eletti per un breve mandato (in genere qualche mese). Il potere esecutivo appartiene ad un Collegio di otto Priori presieduto dal Gonfaloniere di Giustizia (il primo magistrato della città). Ma in realtà, una piccola frazione della popolazione possiede il diritto di votare e di essere eletta. Questa oligarchia si compone di mercanti, artigiani e di banchieri; poche famiglie, come gli Albizi, i Ricci o i Pazzi, tengono nelle loro mani le redini del potere. Tuttavia, nel 1421, la carica, molto onorifica, di Gonfaloniere di Giustizia viene attribuita ad un personaggio proveniente da una nuova famiglia: Giovanni di Averardo di Bicci de’ Medici (1360-1429). Originari della campagna toscana, i Medici appaiono timidamente sulla scena politica fiorentina nel XIII secolo ed è proprio Giovanni che fonda la loro fortuna. Cominciando inizialmente come impiegato di una banca, egli percorre tutti i gradini della gerarchia sociale e si arricchisce considerevolmente al servizio del Papato. Nel 1402 egli crea una compagnia commerciale a Firenze ed impianta delle succursali a Roma, Venezia, Napoli e Gaeta. La sua banca, una delle più importanti di Firenze, comincia ben presto ad espandersi in tutta l’Europa. Giovanni de’ Medici partecipa peraltro al governo della città: egli viene eletto in tutti i Consigli. La carica di Gonfaloniere di Giustizia viene pertanto a costituire l’apogeo della sua carriera politica, in quanto egli preferisce ritirarsi a poco a poco dagli affari e lasciare campo libero ai suoi figli. Nel 1434 il suo figlio maggiore, Cosimo il Vecchio (1389-1429), riesce a compiere un colpo di mano che porrà i Medici alla guida di Firenze fino al XVIII secolo. Curiosamente, i Medici non cercheranno di acquisire un titolo principesco prima del XVI secolo. Essi preferiscono governare la città, attraverso distribuzioni di denaro, ma anche organizzando feste ed abbellendo la loro città. Giovanni de Medici, promotore di questa costosa politica di evergetismo, si rivolge agli artisti ed agli intellettuali più innovatori, in modo da associare la gloria del suo nome a quella della sua città. Questa abile politica, che raggiunge l’apice sotto il governo di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico (1469-1492), farà del XV secolo fiorentino il “secolo dei Medici”. Già dall’epoca di Giovanni de’ Medici, Firenze appare come un importante centro di cultura. Il movimento dell’Umanesimo, lanciato nel secolo precedente da Francesco Petrarca (1304-1374) e da Giovanni Boccaccio (1313-1375), si accentua agli inizi del XV secolo con Coluccio Salutati (1331-1406) e Leonardo Bruni (1370-1444), che furono entrambi cancellieri di Firenze. Questi personaggi dedicano un vero culto per l’antichità, che essi cercano nuovamente di vivificare: essi collezionano manoscritti, editano e commentano testi dimenticati. Nel 1396 Salutati invita l’intellettuale bizantino Emanuele Chrysoloras (1350-1415), a cui dà l’incarico di insegnare il greco della letteratura. Questi arriva a Firenze con un bel numero di manoscritti. In effetti, a causa della imminente invasione turca, v’è urgenza di salvare tutto quello che è possibile salvare, prima che le ultime biblioteche greche vengano bruciate dai barbari. Grazie a Chrysoloras, lo studio del greco entrerà ormai a far parte della formazione intellettuale delle elites fiorentine ed italiane. Leonardo Bruni, allievo del Chrysoloras, rappresenta l’esempio significativo di questa nuova generazione di intellettuali: egli traduce Platone ed Aristotele, poi scrive una monumentale Storia di Firenze, che gli varrà la carica di Cancelliere. Lo studio degli Antichi non è in realtà una pura esercitazione intellettuale ed il modello della città, teorizzato da Platone, Aristotele o Cicerone, si sposa perfettamente con gli ideali politici di Firenze, che come l’Atene di Pericle o la Roma repubblicana, è una città stato governata da una oligarchia. La filosofia antica giunge pertanto a proposito per confortare il potere dell’aristocrazia fiorentina. Firenze, la “Nuova Atene”, si pone, in tal modo, come protettrice delle arti. L’interesse per la cultura antica spinge gli artisti a rompere con le norme del gotico ancora in vigore in Europa. Scultori ed architetti si mettono a studiare le vestigia antiche ed è in questo modo che ha inizio il movimento artistico del Rinascimento. A Firenze, scultori celebri come Lorenzo Ghiberti (1378-1455), il suo allievo Donatello (1386-1466) o Nanni di Banco (1380-1421), ad imitazione della statuaria romana, danno la prova di un naturalismo sempre più spinto. Le loro opere, che adornano in particolare il battistero e la cattedrale di Firenze, si pongono come modello per tutti i loro successori fino a Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Nel 1421, alla morte di Nanni di Banco, la scultura fiorentina ha già prodotto i primi capolavori ed il nuovo movimento artistico influenza anche la pittura. Masaccio (1401-1428) si lancia nella decorazione della Cappella Brancacci nella Chiesa di S. Maria del Carmine di Firenze: l’artista dipinge, con audacia, la nudità, la disperazione ed anche la bruttezza di Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso; una volontà naturalista che si oppone totalmente agli ideali estetici della precedente generazione. Masaccio è anche uno dei primi pittori ad integrare nella sua arte la prospettiva lineare, teorizzata dal Brunelleschi. A partire dal 1423 Firenze conoscerà nuovamente un lungo periodo di guerra e di crisi politica, che porterà al colpo di mano di Cosimo de’ Medici, ma il Rinascimento fiorentino, che è appena sbocciato, continuerà ad espandersi ed a fornire dei modelli per il resto dell’Europa.
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