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Le Ricerche Storiche di Graffiti

LA MORTE DI PIZARRO EL CONQUISTADOR DEL PERU’

Al culmine della carriera deve fare i conti coi nemici che si è creati specie col Clan degli Almagro


09/06/2017 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

LA MORTE DI PIZARRO EL CONQUISTADOR DEL PERU’

Premessa                                                                                   

Nel 1539, sul punto di ripartire per la penisola Iberica, Hernando Pizarro avverte suo fratello Francisco: “Vedete, Vostra Signoria, che io vado in Spagna e che la sicurezza di tutti noi si basa, dopo Dio, sulla vita di Vostra Signoria. … Vostra Signoria non permetta che più di 10 di quelli del Cile si raggruppino a 50 leghe dal luogo dove si trovi Vostra Signoria, perché se voi li lascerete riunire, essi vi uccideranno … e nessun ricordo rimarrà di Vostra Signoria.” I timori di don Hernando si concretizzeranno due anni più tardi, quando, il 26 giugno 1541, “quelli del Cile” attaccano, a Lima, la casa del Conquistador del Perù e lo uccidono a colpi di pugnale e di spada. Per capire questa fine tragica, occorre evocare le tumultuose relazioni intercorse fra Francisco Pizarro e Diego de Almagro, il capo del gruppo che don Hernando definisce nella sua lettera “quelli del Cile”. Almagro è un veterano, un soldato agguerrito su tutti i fronti. Egli arriva a Panama nel 1515, dove fa la conoscenza di Pizarro e nel 1524 i due conquistadores creano la “Compagnia del Levante”, il cui scopo è l’esplorazione e la conquista del Perù. Piccolo, corpulento e rozzo, Almagro è orbo da quando una freccia gli aveva trapassato un occhio, limitazione che egli dissimula, di norma, sotto una banda. Socievole, ma di temperamento collerico, egli è dotato di notevoli capacità organizzative e sarà l’uomo responsabile della retroguardia in occasione delle tre spedizioni nel Perù, del 1524, 1536 e 1531. Se Pizarro comanda l’esercito che affronta i pericoli sul terreno, Almagro rappresenta l’anima del reclutamento dei soldati e del rifornimento e provvede affinché le navi vengano costruite nel modo e nei tempi dovuti.

Spartizione di un enorme bottino

L’amicizia nata fra Pizarro e Almagro si incrina a seguito alle Capitolazioni di Toledo del 1529, un documento attraverso il quale il re spagnolo Carlo V d’Absburg accorda a Pizarro il permesso di prendere possesso del Perù, concedendogli una serie di titoli - adelantado (funzionario della Corona provvisto di un mandato su un territorio), capitano generale e governatore - relegando in secondo piano Almagro, suo associato. Indignato, quest’ultimo vuole abbandonare l’impresa ed accetta di proseguirla solo in cambio di un governatorato nelle terre conquistate. Almagro si scontra anche con il fratello di Francisco Pizarro, don Hernando, che vede in lui solo un rozzo contadino, sprovvisto di qualsiasi qualità di nobiltà. Questa avversione reciproca fra i due uomini avrà delle conseguenze funeste. La conquista dell’immenso Impero inca, che culmina nel 1533 con la cattura dell’inca Atahualpa, a Cajamarca, consente di rinnovare i legami fra Francisco e Diego. La ripartizione dell’immenso bottino, di terre e di Indiani, supera le attese delle truppe spagnole vittoriose, tranquillizza gli spiriti e consente di ipotizzare una rinnovata collaborazione Ma l’avversione fra Hernando e Diego non sarà mai superata ed evolverà verso uno stadio di odio larvato. Nella primavera del 1535, scoppia un litigio a proposito dei limiti del governatorato che Almagro ha ottenuto a sud delle terre conquistate da Pizarro, fra cui la città di Cuzco. Dopo molteplici trattative, Almagro e Francisco Pizarro concludono un accordo: il primo rinuncia a Cuzco in cambio di una forte somma in monete d’oro, per un importo di 200 mila castellanos, destinati a finanziare la sua grande impresa di conquista del Cile. Ma la spedizione nei nuovi territori non dà i risultati attesi ed Almagro decide, nel 1537, di anticipare il suo rientro. Egli ha saputo che in Perù è scoppiata una ribellione guidata dall’inca Manco Capac che, dopo aver attaccato e raso al suolo numerose enclave spagnole, sta ora assediando Cuzco, difesa da Hernando Pizarro. Almagro riesce ad entrare a Cuzco con i suoi uomini, si impadronisce della città ed imprigiona Hernando, mentre Manco Capac, abbandonato l’assedio, si ritira, rifugiandosi nelle montagne di Vilcabamba. Qualche mese più tardi, arriva un decreto reale che assegna definitivamente Cuzco a Francisco Pizarro ed a questo punto quest’ultimo decide di inviare a suo fratello Hernando - nel frattempo liberato da Almagro - un distaccamento di 800 uomini per assumere il controllo della città. Il 3 aprile 1538, in occasione della battaglia di Las Salinas, una piana nei pressi dell’antica capitale inca, i fautori di Almagro vengono sonoramente sconfitti. Diego de Almagro, che non ha potuto partecipare al combattimento in quanto ammalato, viene catturato e sottoposto a processo speditivo su richiesta di don Hernando, suo nemico giurato. Francisco lascia agire suo fratello: la sentenza è spietata, nonostante le garanzie, fornite a Diego de Almagro, “giovane” detto el Mozo, figlio di Almagro senior, di risparmiare la vita di suo padre. Diego senior viene garrotato nella sua prigione, quindi viene decapitato e la sua testa viene esposta per diversi giorni sulla piazza principale di Cuzco. Caritatevoli, i frati dell’Ordine dei Mercedari gli daranno una sepoltura nella chiesa della Mercede a Cuzco. A partire da questo giorno, i partigiani di Almagro, riuniti intorno a suo figlio meticcio diciottenne, giurano di vendicarsi. Sconfitti, impoveriti ed allontanati da ogni carica, prebenda o distribuzione di terre, essi alimenteranno da quel momento una sorda animosità, che sfocerà, in definitiva, nella cospirazione che metterà fine alla vita del Governatore del Perù.

Una messa ad alto rischio

Da parte sua, Francisco Pizarro trascorre giorni tranquilli nella città dei Re, l’attuale Lima, che egli ha fondato e dove passa gli ultimi e più felici anni della sua vita. Egli vive, dal 1538, in concubinato, con donna Angelina, la figlia dell’inca Huayna Capac, compagna fedele e madre dei suoi due ultimi figli: Francisco junior, nato a Cuzco nel 1539 e Juan, nato a Lima nel 1540. Ormai sessantenne, il “marchese”, come viene chiamato a seguito del titolo concesso da Carlo V, effettua delle lunghe passeggiate nella città, osservando il progresso dei lavori di costruzione della futura cattedrale e come l’impianto a scacchiera delle strade della città che lui stesso ha disegnato, contribuisca ad  attribuire a Lima l’aspetto di una città della Castiglia. Il mattino della domenica 26 giugno 1541, Pizarro si alza alle 5,30, come ogni giorno, prima dell’alba. Le cronache riportano che la notte era “passata sotto l’acqua” e che una densa nebbia, fenomeno abbastanza frequente, ricopriva al mattino le strade e gli edifici bagnati. Da qualche giorno circolavano insistenti delle voci riguardanti i piani di “quelli del Cile” per assassinare il Governatore del Perù ed inoltre correvano voci che i congiurati avessero pianificato la loro azione proprio nel corso della domenica, quando il Governatore assiste abitualmente alla messa. Ma Pizarro, che le voci hanno messo sul chi vive, non si reca  quel giorno in chiesa, facendo finta di essere malato. Le voci non erano infondate, Un gruppo di partigiani di Almagro, guidati da Juan de Rada, un veterano dei conquistadores, risultava in attesa, nei pressi della chiesa, per l’arrivo di Pizarro. Resisi conto del suo mancato arrivo e temendo che la loro congiura possa essere stata scoperta, essi decidono di dirigersi, in tutta fretta, verso la casa del Governatore. Quest’ultimo, da parte sua, ha invitato a pranzo una quindicina di amici, fra i quali Juan Blazquez, suo fratello Martin de Alcantara, il capitano Francisco de Chavez ed il suo elemosiniere Garcia Diaz. Subito dopo il pranzo, nel primo pomeriggio, un giovane domestico, di nome Tordoya, entra nella stanza del convivio, gridando: “Allarmi, allarmi ! Gli uomini del Cile stanno arrivando per uccidere il marchese, Monsignore !”. Venti uomini guidati da Juan de Rada fanno irruzione nel vestibolo della casa, spada alla mano. E’ verosimile che essi abbiano beneficiato di aiuto dall’interno, poiché la porta di ingresso del palazzo risultava ancora aperta. Pizarro invia Chavez a chiudere la porta degli appartamenti, mentre egli provvede ad armarsi. Ma Chavez, ingenuo, invece di bloccare la porta tenta di parlamentare e gli assalitori ne approfittano per trafiggerlo con una stoccata. Quando Pizarro ritorna nella sala da pranzo per organizzare la difesa, domestici ed invitati sono scomparsi, gli uni sono fuggiti, saltando nel giardino attraverso le finestre, gli altri si sono nascosti nell’armeria e sotto i letti delle camere vicine. Rimangono disposizione solamente Martin de Alcantara, il suo fratellastro per parte di madre, Gomez de Luna, suo amico e due paggi coraggiosi, Tordoya e Vargas. Trincerati nella camera del governatore, essi hanno avuto appena il tempo di aggiustarsi le loro corazze e di sguainare le loro spade.

Finito con un colpo di brocca

Martin si precipita contro gli assalitori che riesce a bloccare davanti alla porta e tenta a  forza di farli indietreggiare, mentre Francisco finisce di sistemare la sua armatura. Al grido di “morte al traditore” ed altre imprecazioni, i difensori riescono, per qualche tempo  a contenere gli assalti dei congiurati, impedendo loro di entrare negli appartamenti. Ma gli aggressori sono troppo numerosi ed, alla fine, una stoccata riesce a trafiggere il petto di Martin. Poco dopo, Tordoya e Vargas vengono mortalmente feriti e Gomez de Luna e Pizarro, nonostante il loro evidente svantaggio, continuano a resistere gagliardamente sulla soglia della camera. Ma, alla fine, Pizarro, ormai respinto nella sua camera, viene a trovarsi da solo alla mercé dei suoi nemici dove, sebbene non abbia più scampo,  riesce ancora, nonostante tutto, a ferire altri due avversari. Francisco riceve molti colpi, di cui due mortali: uno gli trafigge un polmone e l’altro la gola. In ginocchio e sentendo ormai la sua prossima fine, Francisco Pizarro bagna le sue dita nel sangue che gli sgorga copioso dal collo e traccia una croce sul suolo; la bacia, balbettando il nome di Cristo e chiede di confessarsi: come risposta, uno dei congiurati, prende un’enorme brocca piena d’acqua e gliela rompe violentemente sul cranio. Una volta morto il Governatore, il panico ed il caos si impadroniscono di Lima. Diversi fautori di Almagro vogliono profanare pubblicamente il corpo dei due fratelli Pizarro, ma il coraggio di due donne, Ines Munoz, vedova di Martin de Alcantara e Maria Lezcano, moglie del soldato Juan de Barbaran, entrambi assassinati dagli almagristi, impedisce quest’ultima umiliazione. Esse rivestono Francisco Pizarro dell’abito dell’Ordine di Santiago, mettendogli un falcione (spada a lama curva in uso a quel tempo) fra le mani, speroni e lo vegliano, nascondendo il suo cadavere nel convento della Mercede. Il Conquistador sarà inumato l’indomani mattina in una tomba improvvisata nella Cattedrale, ancora incompiuta, accompagnato da uno sparuto e triste corteo (i resti di Pizarro, fra cui il suo teschio, verranno ritrovati per caso, nel corso degli anni 1970, durante dei lavori di manutenzione nella cripta della Cattedrale, perché accompagnati da uno scritto indicativo e le sue spoglie verranno inumate definitivamente in una cappella della navata destra della stessa Cattedrale). Dopo la morte del governatore, una ondata di vendette e di denunce scuote il Perù ed in occasione dello scontro decisivo di Chupas, del 16 settembre 1542, nei pressi di Huamanga (Ayacucho), gli Almagristi saranno definitivamente sconfitti dal nuovo Governatore, Cristobal Vaca de Castro. Almagro junior sarà giustiziato sulla stessa piazza di Cuzco come suo padre, quindi sepolto al suo fianco nella chiesa della Mercede. Curiosamente, sarà proprio in questo posto, quattro anni più tardi, nel 1548, che verrà sepolto anche il governatore di Quito, Gonzalo Pizarro, fratello cadetto del conquistador, giustiziato per aver capeggiato la fallita Gran Ribellione degli Encomenderos contro la Corona. Da ultimo, Hernando Pizarro, per aver fatto giustiziare Diego de Almagro, sarà  imprigionato per ordine di Carlo V e ritroverà la libertà solo nel 1561.

BIBLIOGRAFIA

Del Busto Duthurburu José Antonio, “Diccionario Histórico Biográfico de los Conquistadores del Perú”. Tomo I. Lima, Editorial Arica S.A., 1973.

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