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Una Ricerca di Massimo Iacopi

LA SOLENNE SCONFITTA OTTOMANA DEL 1683

Sobieski Re di Polonia detto Leone di Lehistan passa alla Storia come l’Eroe di Vienna.


23/06/2017 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

Jan Sobieski, primo ed ultimo monarca di questa famiglia, non è asceso al trono polacco in virtù di lombi opimi o di sangue reale, ma per effetto di una elezione. E’ infatti noto che la Polonia era una monarchia elettiva nella quale l’aristocrazia sceglieva il suo re. I Magnati polacchi si circondavano di una clientela di piccoli nobili decaduti, dalle ridotte possibilità economiche, ma ricchi della loro spada e del loro voto. In tal modo, venivano a crearsi inevitabilmente dei partiti, molto spesso subordinati agli interessi stranieri e facilmente manipolabili. Ad ogni interregno, di fatto, numerosi emissari di principati e regni stranieri percorrono i campi elettorali di Wola (un sobborgo di Varsavia dove si accampavano i signorotti di campagna della provincia venuti nella capitale a vendere al miglior prezzo il loro voto) e con le borse ben fornite di denari e le bocche piene di promesse, perlustrano i bivacchi e le taverne, tentando di comprare voti. Questa é esattamente la situazione che si verifica anche nell’elezione del 1674. I Magnati manovrano per eleggere un re senza autorità, mentre le potenze straniere si sforzano di piazzare sul trono un candidato a loro favorevole. Un fattore imprevedibile contribuisce però a risolvere tutti gli intrighi e i suffragi vengono inaspettatamente indirizzati verso il Grande Atamano (Hetman) della Corona Jan Sobieski, che non era nel lotto dei candidati. Sposato ad una francese, Maria Casimira de la Grande d’Arquien, egli trionfa sul candidato di Luigi (14°) XIV di Francia, il Duca di Neuburg e su quello austriaco, il Duca Carlo (5°) V di Lorena, con il quale si ritroverà ben presto, fianco a fianco, contro il comune nemico turco. La scelta di un polacco costituisce una vera e propria sorpresa, favorita anche dal sentimento nazionale. Sobieski è un “sarmata”, marziale, gioviale e pio, padrone di immensi possedimenti e soprattutto un grande capo militare, che ha guidato numerose campagne contro Turchi, Svedesi e Moscoviti. Egli appare come l’unico uomo in condizione di far fronte alla crescente minaccia ottomana. In effetti, i Polacchi, per effetto dei loro domini nell’attuale Ukraina, posseggono una lunga tradizione di scontri con l’Impero Ottomano. Già nel (15°) XV secolo essi mettono la loro spada al servizio dell’Imperatore e del Re d’Ungheria, in Transilvania o in Valacchia. Nel (16°) XVI secolo, le due potenze si affrontano in Moldavia. Ed ora la Sublime Porta di Felicità ha mire concrete sulle province meridionali della Polonia. Queste, la Volinia e la Podolia (la Zaporoghia), situate fra il Dnieper (Nipro) ed il Dniester (Nistro), costituivano a quel tempo un vero e proprio “Far West” polacco, i “Campi selvaggi”, terre di ogni possibilità e di tutti i pericoli. Questa steppa immensa e vuota, attrae i ribelli e le teste calde del paese. I signori locali dispongono di veri e propri eserciti personali per difendere i loro possedimenti. Intorno alle Stanitsa, piccole guarnigioni composte da qualche decina di cosacchi, la successiva aggregazione di mercanti armeni, di artigiani e di contadini in fuga dalle razzie dei Tartari, viene a determinare la nascita di città che contano oggi diversi milioni di abitanti. Su queste terre, nonostante i ripetuti trattati stipulati, la Turchia e la Polonia si affrontano in una guerra di scaramucce, condotte attraverso bande di irregolari. Ma all’improvviso nel 1672 i Turchi invadono i “Campi Selvaggi”. Una controffensiva riesce infine ad arginare la progressione turca a Cochim nel 1673. Il vincitore della campagna è proprio Jan Sobieski e questo spiega, in qualche modo, il voto entusiasta che l’anno dopo lo porta sul trono polacco. Non appena eletto re, il 21 maggio 1674, egli lancia una campagna contro i Turchi, recuperando i due terzi dei territori perduti. La pace siglata a conclusione della campagna è però precaria. Cosciente del pericolo, la Polonia e l’Austria firmano il 1° di aprile del 1683 un Trattato di Alleanza: ciascuno combatterà separatamente il turco sul proprio territorio, ma in caso di minaccia diretta ad una delle capitali, Vienna o Cracovia, i contraenti saranno obbligati ad intervenire in soccorso. Questa alleanza ha lo scopo di equilibrare l’enorme potenza della Turchia. Il Sultano regna su 30 milioni di sudditi, mentre lo stato europeo più popoloso dell’epoca, la Francia, ne ha solamente 20 milioni. L’esercito turco, dispone di (125) centoventicinquemila Spahis (cavalieri), ai quali vanno aggiunti 65 mila Giannizzeri (Janiçeri), la fanteria scelta. Gli artiglieri ottomani, addestrati da istruttori inviati dal Re di Francia, sono circa 10 mila contro i (2) duemila dell’esercito austriaco. Nel 1682, otto anni dopo l’elezione di Sobieski, tutto l’apparato militare ottomano si mette in marcia per sferrare il colpo decisivo all’Impero degli Asburgo, ultimo bastione a difesa dell’Europa. A Belgrado 24 mila Tartari di Crimea e 20 mila ribelli ungheresi si aggiungono ai 160 mila soldati e cavalieri del Gran Vizir Kara Mustafà, che sogna la grande impresa con la conquista di Vienna. Il 29 giugno 1683 le forze ottomane superano le frontiere dell’Impero ed, impadronendosi della Slovacchia, si dirigono verso la capitale danubiana, che l’aveva già abbandonato dal 7 luglio. Una settimana più tardi i Turchi montano un accampamento di (25) venticinquemila tende e 112 cannoni ed i genieri ottomani iniziano le operazioni per l’assedio di Vienna. La città è solidamente protetta da un sistema di fortificazioni e da numerosi pezzi di artiglieria, ma la guarnigione conta solamente 11 mila fanti, rinforzati da una milizia cittadina di circa 5 mila uomini. Per soccorrere la città, Sobieski ordina la mobilitazione del proprio esercito, conformemente alle clausola de Trattato austro polacco e senza por tempo in mezzo, invia in avanguardia il Corpo dell’Atamano Lubomirski, che si getta nel vivo della battaglia in rinforzo alle truppe di Carlo Duca di Lorena. Il 31 agosto 1683 un corpo di spedizione polacco di (27) ventisettemila uomini effettua la (giunzione) il congiungimento con l’Esercito imperiale a Nikolsberg sul Danubio ed il Consiglio di Guerra dei Coalizzati affida al Re di Polonia il comando supremo. Il 9 settembre, tutte le forze della coalizione sono riunite e oltre ai Polacchi e gli Imperiali, gli alleati contano anche un contingente di 29 mila soldati guidati dai principi tedeschi. Secondo il piano elaborato dal Sobieski, una colonna guidata dal (d) Duca di Lorena avanza lungo il Danubio attraverso l’unica strada carrozzabile, mentre un’altra, alla guida del Re di Polonia, procede simultaneamente attraverso le colline del Bosco di Vienna, terreno giudicato impraticabile, in modo da prendere il nemico di sorpresa. Appena l’esercito riesce ad uscire dal bosco con i suoi carriaggi ed i suoi cannoni, esso viene a trovarsi sul Kahlemberg e sulle altre colline che dominano la piana che circonda Vienna. Il 12 settembre l’ala sinistra che marcia sul Danubio agli ordini di Carlo di Lorena respinge le forze ottomane, mentre le forze coalizzate tedesco polacche scendono dalle colline verso la piana. L’obiettivo della sorpresa è conseguito e gli alleati alle ore 17 della stessa giornata sono disposti a semicerchio di fronte alla città assediata. A questo punto Sobieski, valutando che rimandare l’attacco all’indomani, come previsto, avrebbe potuto fornire a Kara Mustafà la possibilità di riorganizzare il proprio schieramento, decide di passare subito all’azione. In effetti, l’obiettivo della campagna non è solamente quello di liberare Vienna, ma anche quello di annientare l’esercito turco. Il re polacco decide, dunque, di attaccare immediatamente, in un momento veramente topico, proprio mentre il Gran Vizir sta lanciando le sue truppe all’attacco della città e che i suoi pionieri si apprestano a far saltare le loro cariche sotto i bastioni. Egli fa predisporre in prima linea gli Ussari polacchi della Wunderwaffe. Questi, malgrado la loro omonimia non hanno nulla a che vedere con gli Ussari ungheresi. Si tratta, in effetti, di una cavalleria pesante, una unità scelta, costituita da rampolli della aristocrazia agiata ed i suoi componenti si riconoscono per le ali fisse poste sulle loro spalle e destinate a proteggerli dai “lazos” dei tartari. Durante la carica, il rumore delle piume al vento produce un rimbombo che terrorizza il nemico e l’assalto di questi “panzer ante litteram” del (17°) XVII secolo è in grado di spezzare qualsiasi linea di fanteria. La Cavalleria leggera e la fanteria, dopo la carica degli Ussari, non devono far altro che infiltrarsi nella breccia creata, per mettere in fuga il nemico ed eliminare i sopravvissuti. Il metodo è infallibile: il panico si impadronisce a tal punto dell’Esercito ottomano che lo stesso Gran Vizir, terrorizzato inforca un cavallo e si dà alla fuga. Solamente i Giannizzeri resistono e si fanno uccidere tutti sul posto. Il campo di Kara Mustafà cade nelle mani dei coalizzati, con cavalli, armi, tessuti, gioielli, ecc.. Vienna accoglie Jan Sobieski da liberatore ed i suoi pasticceri fanno cuocere dei piccoli pani a forma di crescente (mezzaluna) per prendersi gioco dei Turchi in rotta, dando così inizio alla tradizione italiana del “cornetto”. Solo una battuta: non è dato sapere se a quel tempo fosse già di moda almeno il caffellate; sicuramente non c’era ancora il cappuccino del bar, ma c’erano i “religiosi francescani” che venivano chiamati cappuccini. Se per gli Austriaci l’obbiettivo principale è conseguito, Sobieski desidera continuare la campagna per conseguire la sconfitta definitiva dei Turchi. Questi ultimi, nonostante i rovesci subiti, il 9 ottobre 1683 accettano il combattimento in campo aperto a Parkany, sulla riva destra del Danubio ed in tal modo l’esercito della Sublime Porta viene completamente annientato ed i suoi resti disfatti lasciano le terre dell’Impero, raggruppandosi a Belgrado. Il Gran Vizir Kara Mustafà pagherà con la vita questo disastro: Il Sultano gli invierà un allusivo cordone di seta, esplicito invito al suicidio. Con l’approssimarsi dell’inverno, l’esercito polacco rientra in Patria e nel Natale 1683, allorché Sobieski giunge a Cracovia, viene acclamato da eroe da parte di tutte le Corti europee ed in segno di gratitudine il Papa fa esporre nella Basilica di S. Pietro il suo stemma ed invia, al “Salvatore della Cristianità”, la Rosa d’Oro. Nel tripudio generale e sulla scia dell’entusiasmo popolare, Cristina di Svezia arriverà persino a dire, con non poca esagerazione, che Sobieski “è degno di regnare sul mondo”. La battaglia di Vienna segna la fine dell’espansione ottomana in Europa. Il patto militare austro polacco si trasforma in una coalizione più ampia, alla quale si aggiungono Venezia e la Russia. Durante i (13) tredici anni che gli restano da vivere, Sobieski confermerà la sua reputazione di vincitore dei Turchi attraverso numerose vittoriose spedizioni in Ucraina ed in Moldavia. Muore il 17 giugno 1696 qualche anno prima del Trattato di Karlowitz (1699), che marcherà ufficialmente la fine dell’espansione turca, costretta ormai ad abbandonare gran parte delle sue conquiste europee. Ma occorreranno ancora due secoli per ricacciare la Turchia quasi totalmente dall’Europa verso l’Asia.


 

 

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