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VITTORIO AMEDEO II DI SAVOIA Un momento cruciale per i destini dell’Italia 13/12/2017 - Massimo Iacopi (Assisi PG) Il duca di Savoia, partendo da una disastrosa situazione politica dei suoi possedimenti, riuscirà, con un’accorta e spregiudicata politica di alleanze, a liberarsi dalla tutela dell’amico-nemico Luigi XIV ed a diventare re. In effetti, se Guglielmo III d’Orange Nassau è stato certamente il nemico principale del re Luigi XIV, un altro personaggio, a volte alleato a volte avversario, è stato anch’egli la spina nel fianco del Re Sole: Vittorio Amedeo II, duca di Savoia poi re di Sicilia e quindi re di Sardegna. Il ducato di Savoia occupa un posto particolare nella geopolitica dell’Europa moderna. Aggregatosi nell’XI secolo intorno a Chambery, esso si estende fino al Piemonte, che ne costituirà il cuore pulsante (Torino ne diventa la capitale nel 1563) e fino alle rive del Mediterraneo con le Contee di Nizza e l’enclave ligure di Oneglia. Esso controlla soprattutto le vie comunicazione alpine, che collegano lo spazio italiano, luogo di contese fra le grandi potenze dell’epoca con il Regno di Francia, in piena espansione. In tale contesto, l’alleanza con la Casa di Savoia, indispensabile sotto diversi aspetti, risulta molto ricercata, fatto che i duchi cercano di sfruttare a loro vantaggio per ingrandire il loro territorio in direzione di Milano, possedimento della Corona di Spagna. Sin dal regno del re Luigi XIII, l’influenza francese si fa pesantemente e duramente sentire sulla Savoia, diventata, con il tempo, una specie di satellite della monarchia dei gigli. Il cardinale de Richelieu era riuscito ad ottenere, con la Pace di Cherasco (6 aprile 1631), la fortezza di Pinerolo, posta allo sbocco in pianura della Valle Chisone, di cui farà una testa di ponte avanzata in pieno territorio savoiardo. Questa occupazione simbolizza la sottomissione alla politica della Francia di un ducato e di una dinastia, costretta a schierarsi nella coalizione anti spagnola. Una situazione molto critica Questa è, di fatto, la situazione molto delicata che Vittorio Amedeo II (1675-1732) eredita nel 1675, nel momento in cui succede al padre Carlo Emanuele II (1634-1675). Il potere del ducato, avendo il nuovo duca appena 9 anni, viene affidato a sua madre Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours. La Reggente - proveniente da un ramo cadetto della dinastia dei Savoia e francese per parte di madre (nipote di Cesare de Vendome, bastardo di Enrico IV di Francia) - è una donna avida di potere personale e terrà lontano suo figlio dagli affari, anche quando questi raggiungerà, nel 1680, la maggiore età. Maria Giovanna vuole governare da sola nel mezzo di una corte fastosa, che aiuta a dimenticare che, sotto la sua autorità, il ducato di Savoia, opera esclusivamente nell’orbita della politica francese. La sua politica, deliberatamente francofila, è certamente legata alle sue origini, ma tiene anche conto di un rapporto di forze decisamente favorevole al regno transalpino. A tutto questo si deve aggiungere la convinzione che il suo potere si basa sulla benevolenza del re Sole. Ecco dunque che Vittorio Amedeo II è costretto a condurre il suo primo vero combattimento proprio contro sua madre, contro il suo autoritarismo ed il suo orientamento francofilo. In questa sua lotta, egli godrà del favore e del sostegno di una buona parte dell’aristocrazia del ducato, ostile alla Francia. In un primo tempo, egli dedica tutti i suoi sforzi a far abortire il progetto di matrimonio preparatogli da sua madre. In effetti, Maria Giovanna, che ormai chiamano tutti Madama Reale, desidera maritarlo con la nipote Isabella Luisa, erede del trono del Portogallo. Questo matrimonio presentava per la Reggente il vantaggio di spedire Vittorio Amedeo a Lisbona, da dove non avrebbe potuto più minacciare la posizione ed il potere di Madama Reale. Il giovane duca, da parte sua, moltiplica i pretesti per rinviare la sua partenza, arrivando persino, nel 1682, a fingersi gravemente ammalato per non salire a bordo della nave che lo attende nel porto di Nizza, con direzione Lisbona. In tale situazione, i Portoghesi, fortemente innervositi da tale atteggiamento, decidono di annullare il progetto di matrimonio ed ecco, come per miracolo, che Vittorio Amedeo ritrova la salute. Questo episodio rivela chiaramente il carattere del giovane duca. Figlio trascurato, umiliato da una madre, allo stesso tempo assente ed autoritaria, egli rivela, molto rapidamente, straordinarie qualità di dissimulazione. Gli intrighi della corte di Torino gli sono serviti per capire che occorre diffidare di tutti, che non bisogna concedere la propria fiducia a nessuno, mentre l’asfissiante pressione politica della Reggente e del suo clan, ha contribuito a sviluppare nel giovane straordinarie capacità di resistenza. Il fallimento del matrimonio portoghese costituisce la sua prima vittoria, ma ben altri combattimenti lo aspettano nel corso della sua vita. L’appoggio di Luigi XIV Quando le truppe francesi occupano, nel settembre 1681, la fortezza di Casale Monferrato, sulla frontiera fra il Piemonte e la Lombardia, una vera pioggia di critiche si abbatte sulla Madama Reale, accusata di trascurare e svendere gli interessi del ducato, sebbene abbia tentato di opporsi all’operazione dei Francesi. Luigi XIV, che sosteneva il matrimonio con l’infanta del Portogallo, spinge per un’altra unione, che contribuirebbe a materializzare ancora maggiormente la sottomissione dei Savoia: il matrimonio di Vittorio Amedeo con la sua nipote Anna d’Orleans, figlia di primo letto di suo fratello Filippo. Il giovane duca capisce rapidamente che queste nozze gli potrebbero far guadagnare l’appoggio del re di Francia, senza il cui aiuto non avrebbe alcuna speranza di successo nella contesa con sua madre. Maria Giovanna, che ha capito il gioco del figlio, farà di tutto per frenare i negoziati in corso, ma sarà il pesante intervento del ministro francese a costringere la Reggente alla resa. Il 28 gennaio 1684 viene finalmente siglato il contratto di matrimonio. Non passano più di tre mesi che Vittorio Amedeo II riesce finalmente ad allontanare la madre dalla Reggenza ed assumere pienamente il potere. Il 7 maggio seguente viene celebrata a Chambery la cerimonia di matrimonio, ma con esso viene anche confermata la posizione di satellite del ducato savoiardo piemontese rispetto alla Francia. Nel marzo 1685, la Francia obbliga Vittorio Amedeo II a sciogliere diversi reggimenti, limitando in tal modo anche le sue capacità militari. Dopo la revocazione dell’Editto di Nantes del 18 ottobre 1685, Luigi XIV effettua pressioni sul duca affinché intervenga sui Valdesi che, insediati nelle Alpi, continuano a mantenere legami e collegamenti con gli Ugonotti del Delfinato. In un primo tempo, il duca fa finta di non capire, certamente non per spirito di tolleranza, ma piuttosto per difendere la sovranità del suo Stato, ma alla fine è costretto a cedere. Il 31 gennaio 1686 egli firma un editto che mette fine alla tolleranza di cui avevano beneficiato fino ad allora i Valdesi, che, da quel momento iniziano ad essere perseguitati dalle sue truppe. La rottura con la Francia La Guerra della Lega di Augusta (Augsburg, 1688-1697) scoppia proprio quando Vittorio Amedeo II non sembra più essere padrone dei suoi possedimenti. Viene costituita una coalizione, che riunisce le Province Unite, l’Inghilterra di Guglielmo III d’Orange Nassau, l’imperatore Leopoldo I, diversi prìncipi tedeschi e la Spagna di Carlo II, contro le pretese egemoniche del Re Sole. La Savoia, alleata di Versailles, fornisce un contingente di duemila uomini, che viene inviato a combattere nelle Fiandre. Vittorio Amedeo si rende conto, a questo punto, che l’esito del conflitto gli potrebbe essere fatale. Di fatto, combattendo a fianco dei Francesi, egli non farebbe altro che confermare la sua posizione di vassallaggio, mentre se dovesse rompere l’alleanza la conseguenza sarebbe quella di vedere invaso il suo Stato da parte dei Transalpini. Di fronte a queste due opzioni, entrambi critiche, il duca sceglie la seconda soluzione, quella di rompere l’alleanza con i Francesi. Agli inizi del mese di giugno del 1690, egli sigla un’alleanza con la Spagna e l’Impero al fine di recuperare Pinerolo e Casale Monferrato. Guglielmo III d’Inghilterra si aspetta molto dalla partecipazione del ducato di Savoia, perché consentirebbe di aprire un fastidioso fronte sul fianco sud est della Francia. In tale contesto, il re d’Inghilterra preme perché Vittorio Amedeo II effettui un’azione decisa in direzione della Provenza, per prendere sul rovescio i Francesi, progetto che non incontra il favore dell’interessato, mentre Leopoldo I pensa che possa essere giunto il momento buono per conquistare il Milanese, un territorio concupito, però, anche dal … duca di Savoia !! Insomma, altrettante occasioni di frizioni con i nuovi alleati, mentre il pensiero principale del duca è, per il momento, quello di liberarsi dalla tutela della Francia. In effetti, appena firmata l’alleanza con Spagnoli, Imperiali ed Inglesi, le truppe francesi, secondo copione, invadono la Savoia, sconfiggendo i Savoiardi il 18 agosto 1690 nella Battaglia della Staffarda e riescono a conquistare la città di Susa, devastando i territori circostanti. L’anno dopo, cade la città di Nizza e solo la priorità accordata dal Re Sole al fronte olandese salva il Piemonte da una invasione completa. Il tentativo di Vittorio Amedeo II di recuperare Pinerolo fallisce, prima che il suo esercito subisca una nuova sconfitta, il 4 ottobre 1693) a Marsaglia, nel sud del Piemonte. Nuovamente alleato con il Re Sole Dopo aver incassato questi pesanti colpi, Vittorio Amedeo II diventa molto più sensibile alle offerte segrete di negoziati indirizzategli da Luigi XIV, tanto più che il duca risulta notevolmente preoccupato delle mire di Leopoldo I su Casale Monferrato, ancora occupata dalla truppe francesi. Il 6 dicembre 1693, viene firmata una tregua con la Francia e vengono iniziati negoziati fra il conte di Tessé ed il marchese di San Tommaso. Le discussioni riguardano essenzialmente Pinerolo, che il duca vuole assolutamente recuperare, soprattutto dopo che ha rimesso le mani sulla fortezza di Casale, evacuata dai Francesi il 9 luglio 1695. In cambio di Pinerolo, Luigi XIV spera di ottenere Nizza o Bercellonetta, ma alla fine accetta di restituire la cittadella di Pinerolo, a condizioni che la fortificazione venga rasa al suolo. Da parte sua, Vittorio Amedeo promette di cedere la Savoia alla Francia se Versailles lo sostiene nelle sue rivendicazioni sul Milanese, nel momento in cui si aprirà, alla morte del malaticcio Carlo II, la successione di Spagna. La richiesta del duca è un segno forte della sua politica, cioè quello di affermare chiaramente la vocazione, ormai italiana, del suo Stato. Il trattato viene firmato a Torino il 29 giugno 1696 e la Francia abbandona Pinerolo ed evacua tutti i territori conquistati. Vittorio Amedeo II, in tal modo, diventa nuovamente l’alleato del Re Sole. Il matrimonio fra sua figlia Maria Adelaide ed il duca di Borgogna, nipote del Re sole, celebrato il 7 dicembre 1697 arriva a completare la Pace di Ryswick, del 20-21 settembre 1697. E’ noto a tutti che la principessa sabauda illuminerà gli ultimi anni del regno del Re Sole e darà al padre la soddisfazione di sapere che sua figlia diventerà regina di Francia. Vittorio Amedeo II ne avrà ben bisogno, in quanto le sue manovre diplomatiche, se da un lato dimostrano la sua abilità, dall’altro lo hanno fatto relegare ai margini dell’Europa. Per questo motivo Vittorio Amedeo sarà tenuto con molta cura fuori dalla successione al trono spagnolo, il grande affare internazionale della fine del XVII secolo. In effetti, quando nel 1700 Luigi XIV accetta l’idea che suo nipote diventi il re di Spagna con il nome di Filippo V, la decisione provoca una nuova coalizione contro la Francia, che sfocia nella guerra di Successione di Spagna, “il primo conflitto di risonanza mondiale”, secondo il parere di molti storici. L’atteggiamento ondivago del duca di Savoia Vittorio Amedeo II si impegna nella guerra a fianco della Francia e l’alleanza firmata il 6 aprile 1701 gli concede un certo numero di vantaggi. Egli ottiene il comando delle truppe franco-piemontesi in Italia, mentre la sua seconda figlia, Maria Luisa, viene maritata con Filippo V di Borbone. Il duca di Savoia diviene, in tal modo, il suocero di due grandi prìncipi, uno già re e l’altro (Luigi XV) che lo diventerà ed il sangue dei Savoia irrigherà conseguentemente le corone di Francia e di Spagna. Resta comunque il fatto che la Casata dei Savoia risulta ormai inestricabilmente legata ai Borbone di Francia, con il ducato completamente integrato nella politica anti-imperiale del Re Sole ed, alla fine dei conti, sottomessa, ancora una volta, alla volontà di Versailles. Il quadro non sarebbe completo se ci si dimenticasse di rilevare che, essendo il Milanese entrato nei domini di Filippo V, qualsiasi espansione della Savoia in Italia è diventata ormai utopica ed impossibile. E’ sufficiente dare uno sguardo ad una carta per capire che il Piemonte è ormai circondato da Stati dei Borbone. Tuttavia le relazioni fra Vittorio Amedeo II e la Francia inizieranno, in seguito, a degradarsi progressivamente. Il suo incontro con il suo genero Filippo V ad Alessandria, nel giugno del 1702, si svolge in una atmosfera tesa, aggravata anche da problemi di etichetta. “Mi piacerebbe di più avere 30 soldi nelle mie tasche, piuttosto che due corone sulla testa delle mie figlie”, afferma il duca ai personaggi del suo seguito. Questo è il motivo per cui Vittorio Amedeo II continua a mantenere contatti con gli Asburgo d’Austria e con Guglielmo III d’Inghilterra, il grande nemico del Re Sole, che gli fanno balenare l’idea di possibili guadagni territoriali nell’Italia del Nord. Sottoposto a forti pressioni da parte imperiale, il duca esige da Versailles garanzie territoriali sul Monferrato e/o sul Milanese, ma a tale richiesta l’ambasciatore di Francia gli risponderà seccamente: “Il re, mio signore, non soffrirà che il duca di Savoia aggiunga ai suoi Stati, qualche pollice di terreno”. Luigi XIV non si fida, a ragione, dell’atteggiamento ondivago del duca di Savoia e si prepara ad una sua possibile defezione. Una posizione prudente e previdente, poiché il 6 ottobre 1703, Vittorio Amedeo II effettua un nuovo cambiamento di fronte, firmando una intesa segreta con l’imperatore Leopoldo I. Per il Re Sole è arrivato finalmente il momento di farla finita con questi ripetuti tradimenti e di mettere il Piemonte sotto diretto controllo francese, anche perché questo provvedimento costituisce la conditio sine qua non per il mantenimento dei collegamenti fra la Francia ed il Milanese e per garantirne il possesso per Filippo V. Il re di Francia, conseguentemente, lancia le sue truppe all’attacco del ducato. Vittoria di Vittorio Amedeo II a Torino Nel giro di tre anni, i Francesi costringono i Piemontesi ad arretrare ed a conquistare alcune città alpine, che cadono in mano dei transalpini le une dopo le altre. Il 13 maggio 1706, dopo una lunga preparazione, il duca de la Feuillade pone l’assedio alla città di Torino. I diecimila cinquecento soldati del duca di Savoia fanno fronte ai 44 mila soldati franco-spagnoli. Vittorio Amedeo II lascia la sua capitale per raggiungere Chivasso, dove si riunisce al cugino, il principe Eugenio di Savoia, uno dei più brillanti capi militari del suo tempo, che Leopoldo I ha inviato in soccorso del duca. Essi marciano insieme sulla capitale che, fortificata dal Vauban ai tempi dell’alleanza con la Francia, oppone una forte resistenza. Di fronte a loro, invece, i Francesi risultano divisi. La Feuillade si rifiuta di seguire il piano offensivo proposto dal duca Filippo d’Orleans, il nipote del Re Sole e cognato di Vittorio Amedeo II, nominato comandante dell’esercito d’Italia nel giugno 1706. Il principe Eugenio ne approfitta per attaccare ed i Francesi, battuti, abbandonano l’assedio e si ritirano il 7 settembre 1706. Una grande vittoria per il duca di Savoia che rientra trionfalmente a Torino, mentre Luigi XIV fallisce nel suo tentativo di controllare l’Italia settentrionale, che passerà, per un secolo e mezzo, sotto l’influenza degli Asburgo d’Austria. A questo punto, Vittorio Amedeo II prende l’offensiva e le sue truppe, appoggiate dagli Imperiali, invadono la Francia, marciando in direzione di Tolone. La città viene assediata per circa un mese (29 luglio-22 agosto 1707) ma il suo posto resiste vittoriosamente agli assalti ed ai bombardamenti. Il principe Eugenio di Savoia, messo sotto pressione dal maresciallo de Tessé, preferisce ritirarsi e devastare la Provenza, mentre il duca di Savoia perde in questa sfortunata impresa qualche migliaio di uomini. Arriva così nuovamente il tempo dei negoziati, nei quali Vittorio Amedeo II beneficia di una situazione favorevole. Sua figlia Maria Luisa, la regina di Spagna, tenta di ammorbidirlo, proponendogli segretamente la cessione del Milanese, ovvero il titolo di Re della Lombardia e giocando su una tasto sensibile: “Nessuno potrebbe credere – scrivendogli nel settembre 1706 – che possiate aver pensato che l’arciduca diventi re di Spagna e che quello che ora è, che tra l’altro è diventato vostro genero, ne sia scacciato”. In fin dei conti, la figlia si chiede che cosa potrebbe guadagnare di più il padre da una vittoria degli Asburgo. Ma il duca non si lascia sedurre così facilmente. Il tempo, oltre che le sconfitte patite e lo sfinimento della Francia, gioca a suo favore. I preliminari di pace, firmati a Londra l’8 ottobre 1711, prevedono trasferimenti a suo vantaggio di diversi territori ed il duca può persino sperare di arraffare qualcosa d’altro con l’indebolimento dei Borbone conseguente alla morte del Gran Delfino (1711), del duca di Borgogna, di due mogli e del loro figlio maggiore (1712). In effetti, se Vittorio Amedeo II piange sua figlia ed il suo principale collegamento con la corte di Versailles (la sua strategia familiare riceverà un nuovo colpo due anni più tardi con la morte di Maria Luisa, la sposa di Filippo V), questa ecatombe modifica sensibilmente la situazione della Guerra di Successione spagnola. Per gli Stati europei, risulta fuori discussione di lasciare a Filippo V la possibilità di cingere due corone. Una delle ipotesi possibili sarebbe quella di utilizzare i diritti di Vittorio Amedeo II alla corona di Spagna - che egli può rivendicare sulla base della sua bisnonna, sposa di Carlo Emanuele I, l’infanta Caterina Michela d’Asburgo - e di metterlo sul trono di Spagna. La Savoia, il Piemonte, la Sicilia e Napoli passerebbero a Filippo V che, se dovesse diventare re di Francia, manterrebbe solamente le prime due province e lascerebbe le altre all’imperatore d’Austria. Certamente un interessante scenario che rimarrà sulla carta per il forte attaccamento di Filippo V al suo regno spagnolo. Si rafforza la posizione del Duca di Savoia Il Trattato di Utrecht, firmato l’11 aprile 1713, pone termine a questa guerra durata tredici anni e Vittorio Amedeo II riceve il prezzo della sua abilità diplomatica e dei suoi voltafaccia. Egli recupera nelle Alpi le piazzeforti di Exilles e di Fenestrelle, la valle di Pragelato, in Italia il Monferrato e soprattutto la Sicilia con il titolo di Re (1). I suoi diritti alla successione spagnola vengono confermati, in caso di decesso senza eredi di Filippo V, allo scopo di allontanarne il duca di Berry (ultimo nipote del Re Sole) ed il duca di Orleans. Questo conflitto è stato anche l’occasione per rafforzare i suoi legami con gli Inglesi, che chi garantiranno un sostegno diplomatico essenziale nei negoziati di pace. Londra, di fatto, conta su un regno del Piemonte rafforzato per controbilanciare, non solo la potenza francese, ma anche la potenza austriaca, in pieno sviluppo. Vittorio Amedeo II esce dal conflitto contro il Re Sole in una posizione rafforzata. Il discendente del piccolo conte di Savoia, cinge ormai una corona reale, ha ingrandito il suo territorio fin dentro il Mediterraneo (Sicilia) e merita tutta la sua immagine di “piovra savoiarda” ! Certamente egli non è riuscito a mettere le mani sul Milanese, attribuito all’imperatore Carlo VI, ma figura ormai nel consesso dei sovrani europei. Dedicatosi appieno alla modernizzazione amministrativa e politica del suo Stato, il nuovo re si lancia nella costruzione di un assolutismo ispirato al modello francese e del quale la sua Casata sarà un accanito difensore fino al 1848. Infine, Vittorio Amedeo II ha portato all’apice la pratica del rovesciamento delle alleanze che sono state il capolavoro politico del Re, tanto che i suoi passaggi di bandiera così repentini, hanno fatto dire a Luigi XIV che “i Savoia non terminano mai una guerra sotto la stessa bandiera con cui l'hanno iniziata”. Una tradizione diplomatica che i Savoia continueranno purtroppo a seguire fino al XX secolo. NOTA (1) Nel 1720, con il Trattato dell’Aia, egli lascerà la Sicilia all’Austria in cambio della Sardegna. BIBLIOGRAFIA Bois Jean Pierre, “La Paix. Histoire politique et militaire”, Perrin, 2012; Brugnelli Biraghi G. - Denoyé Pollone M.B., “La seconda Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours”, Gribaudo, Torino 1996 Cognasso Francesco, “I Savoia”, 2ª edizione, Milano, Corbaccio, 2002; Merlotti Andrea, “Vittorio Amedeo II. Il Savoia che divenne re”, Gribaudo, 1998; Oliva Giovanni, “I Savoia. Novecento anni di una dinastia,” Mondadori, 2001; Paoletti Ciro, “Capitani di Casa Savoia,” Roma, Stato Maggiore dell'Esercito-Ufficio Storico, 2007; Perey Lucien, “Une reine de douze ans, Marie Gabrielle de Savoie, reine d’Espagne”, Calmann-Levy, 1905, riedizione Hachette/BNF, 2013; Sarmant Thierry, “La Francia ed il mondo”, Perrin, 2014. Storrs Christopher, “War, diplomacy and the rise of Savoy 1690-1720”, Cambridge, 1999.
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