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Analisi critica della Guerra Santa

LA MEMORIA CORTA DELL’OCCIDENTE SUI PERICOLI DELL’ISLAM

Genesi del concetto cristiano di Crociata come Guerra Santa contro la Jihad


20/05/2019 - Massimo Iacopi


(Assisi PG)

Totalmente assente dal Cristianesimo primitivo, l’idea di Guerra Santa nasce fra il VII e l’XI secolo, in reazione alla Jihad, che propugna sin dalle sue origini la conquista.        

Per comprendere l’origine delle Crociate, occorre risalire fino al 1° secolo. Gerusalemme diventa allora il simbolo ed il centro del Cristianesimo, fino alla comparsa dei conquistatori mussulmani. Queste due religioni monoteiste rivendicano ormai il possesso della regione. La dimensione religiosa introduce nel conflitto armato che oppone le due religioni, dall’epoca di Maometto (570 circa-632), aspetti di sacralizzazione della guerra che, nel Cristianesimo, si trasformeranno, a poco a poco, in Guerra Santa. Questa si trasformerà in Crociata quando i Pontefici romani concedono ai guerrieri che la conducono, promesse di ricompense spirituali, come l’ingresso al Paradiso a quelli che dovessero morire nel corso di queste guerre sacralizzate. Il Cristianesimo primitivo, pacifista e non violento, ad imitazione di Gesù, ha rapidamente guadagnato numerosi adepti. Esso risulta particolarmente radicato nel Vicino Oriente, dalle rive del Bosforo all’Egitto. Sotto il dominio dell’impero bizantino, il Cristianesimo si diversifica e si divide in occasione delle controversie dottrinali relative alla natura del Cristo. La Chiesa bizantina si è spesso mostrata persino persecutrice nei confronti di queste nuove molteplici Chiese, giudicate dissidenti, in particolar modo i Monofisiti (che affermano che il Figlio di Dio ha una sola natura, quella divina). Questo spiega il perché questi ultimi abbiano accolto favorevolmente i conquistatori mussulmani, persino all’epoca di Maometto, pur non conoscendone la dottrina mussulmana.

La guerra ed il Corano

Le polemiche cristiane dell’epoca si concentravano, non sulla dottrina mussulmana, poco conosciuta, ma sull’atteggiamento di Maometto ed anche su quello di Gesù, con particolare riguardo al fenomeno della guerra. In effetti, l’accettazione di questa da parte di Maometto è un fatto acquisito. Alla battaglia di al Badr, nel primavera del 624, Maometto ed i suoi 300 uomini intercettano una carovana di Kuraishiti ed affrontano anche 1.000 Kuraishiti di rinforzo. Maometto promette la vittoria ai suoi fedeli, l’aiuto degli angeli, il paradiso a quelli che moriranno e si attribuisce, secondo una rivelazione coranica, un quinto del bottino. Questo quinto viene ripartito in tre parti: una per Maometto stesso, la seconda per la sua famiglia e la terza per i poveri e gli orfani (Corano, 8, 42). L’impiego della violenza armata risulta ben presto autorizzato, valorizzato e codificato persino nella ripartizione dei profitti materiali che ne derivano. Diverse rivelazioni coraniche incitano al combattimento contro gli “infedeli”, termine e nozione che possono assumere una accezione molto larga ed applicarsi agli eretici, ai Cristiani ed agli Ebrei che rifiutano allo stesso di convertirsi o di sottomettersi al dominio dell’islam (Corano 9, 29 e 30). In definitiva, contrariamente a Gesù, Maometto non stabilisce alcuna distinzione fra azione religiosa ed azione politica e militare. Egli è allo stesso tempo il fondatore dell’islam, comandante militare e capo di stato, o perlomeno, di una comunità organizzata da un insieme di leggi, di usanze e di tradizioni, retta da un “governo”, di cui il Profeta è alla testa. Questa fusione totale dei campi politico e religioso scarta qualsiasi obiezione morale all’atto di uccidere per la causa di Dio. Come dire che la guerra non pone alcun problema di coscienza a Maometto; egli non esiterà, d’altronde, a promettere ricompense spirituali a quelli che si impegnano nella jihad, la lotta armata contro gli infedeli. Risulta evidente che le idee di guerra santa e di paradiso promesso a quelli che moriranno con le armi alla mano sono manifestamente presenti sin dalle origini dell’islam. Le prime conquiste mussulmane rappresentano proprio l’espressione di questa jihad, il cui scopo non è quello di convertire, ma quello di conquistare. La rivelazione coranica vieta la conversione forzata: “Nessuna obbligazione nella religione, poiché il buon cammino si distingue da quello errabondo” (Corano, 2, 57). Giudei e Cristiani sono pertanto autorizzati a conservare a certe condizioni la loro fede, a titolo di “protetti” (statuto di Dhimmi), senza alcun diritto politico. Per contro, il proselitismo è vietato e l’abbandono della religione mussulmana, severamente represso. Nel 638, Gerusalemme cade nelle mani degli Arabi islamizzati. I Cristiani, maggioritari nei territori conquistati, non riescono a comprendere immediatamente che avrebbero avuto a che fare con una nuova religione. Alcuni hanno, inizialmente, visto nell’islam una delle numerose sette cristiane ed in Maometto un nuovo “eretico” cristiano, come l’Oriente ne aveva già conosciuti molti. La vittoria dei mussulmani poteva apparire come un giudizio di Dio favorevole alla dottrina predicata da Maometto. Altri, per contro, hanno interpretato le vittorie degli Arabi come una punizione divina contro il suo popolo cristiano, a causa dei suoi peccati. Essi hanno attribuito i successi degli Arabi alla loro alleanza con le forze demoniache, legate all’Anticristo. Essi, in tal modo, hanno demonizzato l’islam attribuendo alla nuova potenza arabo-islamica un posto nella storia voluto da Dio e profeticamente annunciato.

Programma di conquiste

In diverse occasioni, Maometto ha affermato che dio avrebbe fatto prevalere l’islam su tutte le altre religioni. Questa affermazione ha pertanto aperto la strada ad un programma di conquiste. Il fatto è che i mussulmani hanno intrapreso molto presto il compito di islamizzare il mondo intero con la forza delle armi. La conquista religiosa era certamente al centro del messaggio, ma la dominazione politica ne rappresentava la condizione necessaria ed essenziale per assicurare il trionfo dell’islam. La guerra santa ha giocato molto presto, dopo la morte di Maometto, nel 632, un duplice ruolo politico e religioso, secondo la stessa natura della jihad. Questi aspetti della guerra santa si sono viepiù amplificati dal IX all’XI secolo, ben avanti della 1^ Crociata. La conquista, nonostante tutto, non è risultata ovunque una passeggiata. Ci sono stati, come in tutte le guerre, massacri. I Mussulmani non esigevano la conversione dei loro avversari Ebrei e Cristiani, ma desideravano la loro sottomissione totale alla nuova legge e qualsiasi resistenza li rendeva passibili di morte. I pagani, per contro non avevano diritto di cittadinanza: per loro c’erano solo due possibilità: o la conversione o la morte.

Il rigetto cristiano

Verso il 634-40, un certo Jacob, un ebreo africano appena convertito, rimane turbato dalla recente comparsa dei partigiani di Maometto e dalla impossibilità di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme e Betlemme. Egli vi intravvede un segno della fine dei tempi che si avvicina e che precede il ritorno del Cristo. Il profeta Daniele (-6° secolo) aveva scritto che tutto questo sarebbe sopraggiunto alla caduta dell’impero romano (bizantino). In effetti, questo impero sembra vacillare e si divide. Peraltro, numerosi Ebrei hanno inizialmente visto in Maometto il profeta che essi attendevano, annunciatore del Messia ed hanno aderito all’islam. Ma essi hanno, poi, dovuto riconoscere che Maometto non poteva essere che un falso profeta, poiché “mai i profeti si sono presentati in armi”, argomenta lo stesso Jacob nel Doctrina Jacobi nuper baptizati (L’insegnamento di Jacob appena battezzato). Nel 692, l’Apocalisse dello pseudo Metodio (falsamente attribuita a S. Metodio di Olympus, morto c. 311) cerca, per la prima volta, di capire la durata di queste tribolazioni che hanno avuto inizio. La sua interpretazione profetica attribuisce loro “dieci settimane di anni”, ovvero 70 anni. L’autore è un siriano e la Siria è stata invasa dai mussulmani nel 636. Egli prevede, pertanto, la fine della dominazione araba, 70 anni dopo, vale a dire nel 706. Vana speranza ! La persistenza della dominazione araba dopo questa data ha portato ulteriori autori a mostrarsi più prudenti nei loro tentativi di datazione, pur facendo sopravvivere la speranza di una fine prossima della dominazione che essi subiscono. Nella prima metà del IX secolo, uno scritto polemico dai toni molto virulenti, la Risalat dello pseudo Abd al-Masih ibn Ishaq al-Kindi, fa l’apologia del Cristianesimo e tenta una reputazione dell’islam e delle sue dottrine. L’opera si presenta come uno scambio di lettere che avrebbe avuto luogo fra l’814 e l’834 fra un arabo mussulmano ed un arabo cristiano. Di fatto, è probabile che lo scritto sia di una sola stessa penna cristiana. Essa si contenta di sottolineare gli aspetti più contestati dell’islam da parte della polemica cristiana: sensualità, poligamia, paradiso carnale e voluttuoso, guerra santa e paradiso promesso ai guerrieri morti per la causa della religione. Lo scritto dimostra che a questa epoca la dottrina della guerra santa e del martirio dei guerrieri non erano stati ancora adottati nel Cristianesimo orientale (1). Questi scritti polemici vengono confortati ed amplificati dal comportamento dei conquistatori arabi, generalmente poco teneri nei confronti dei loro nemici. In tale contesto, accade la stessa cosa nel 904, a Salonicco, dove i soldati mussulmani saccheggiano la città e massacrano gli abitanti. Si spera a quel tempo, che la dominazione mussulmana possa finalmente vedere la fine e che l’imperatore di Costantinopoli possa essere l’artefice di questa liberazione, fatto che attribuisce valore alla lotta condotta dai guerrieri dell’imperatore e conferisce alla sperata vittoria le caratteristiche di una vendetta apocalittica. La nozione di guerra santa comincia a farsi strada nel campo cristiano. La ritroveremo, sebbene condannata dalla Chiesa d’Oriente, negli scritti dell’imperatore Alessio I Comneno (1056-1118), all’epoca della 1^ Crociata. Essa risponde tardivamente alla jihad mussulmana che, da parte sua, non ha avuto bisogno di una demonizzazione dell’avversario, per affermarsi molto tempo prima.

Primi contatti

In Occidente, a quel tempo, si ignora ancora tutto degli Arabi prima della loro comparsa in Spagna, agli inizi dell’8° secolo. E’ dunque attraverso un contatto guerriero, che l’Occidente scopre inizialmente l’islam. Beda il Venerabile (672-735), che è vissuto ai confini con la Scozia, sa tuttavia che i mussulmani hanno, nel 668, saccheggiato la Sicilia e l’Africa ed invaso la Sardegna. Per lui, come per gli scrittori orientali (che, peraltro ignora) queste vittorie mussulmane sono una punizione temporanea di Dio, di cui però non precisa la durata. E’ proprio dalla Spagna che pervengono informazioni più precise delle invasioni mussulmane. Nel 754, la cronaca mozarabica di Cordova presenta l’invasione araba come una punizione divina. Essa evoca le distruzioni con il ferro ed il fuoco, le crocefissioni dei notabili cristiani che hanno rifiutato di piegarsi al nuovo dominatore, il massacro delle donne e dei bambini, ecc.. Il rapido successo militare degli Arabi viene nuovamente attribuito ad un giudizio di Dio, causato dalle carenze morali dei re goti. La vittoria di Poitiers di Carlo Martello (686-741) su Abd al Rahman I, l’Esiliato (731-788), nel 732, viene raccontata con una certa simpatia, come quella di “Europei” fiduciosi nel soccorso divino. In effetti, non tutti gli ambienti mozarabici hanno accettato “pacificamente” la dominazione mussulmana, come si afferma ancora molto spesso. In occasione della conquista mussulmana della Spagna, la regione delle Asturie aveva costituito un bastione di Cristiani decisi alla lotta. Secondo la Cronaca Profetica (883), l’invasione mussulmana della Spagna non è il frutto del caso; essa riveste il suo ruolo nel corso della Storia universale diretta dall’Onnipotente. E’ Lui che ha suscitato questo “nuovo” popolo degli Arabi per punire il regno cristiano per i suoi peccati. Ma la sua punizione non sarà eterna. La sua durata (quella dell’occupazione araba della Spagna) è stabilità: essa sarà di 170 anni. Pertanto, la fine della dominazione mussulmana è prossima, poiché la fine del periodo è ormai prossimo. Molto presto arriverà per i Cristiani il tempo della salvezza e della vendetta. Si tratta in questo caso di un abbozzo di un programma di guerra sacralizzata e profeticamente annunciata. La Cronaca di Alfonso Ordonez III, Re delle Asturie (848-910), qualche anno più tardi, riprende gli stessi argomenti. L’intento ideologico di queste due Cronache è manifesto: esso sottolinea la legittimità e la sacralità della dinastia delle Asturie e trasforma i suoi re in eroi della Cristianità e della Reconquista, assimilata ad una guerra santa profeticamente annunciata e quindi voluta da Dio e rispondente al suo disegno divino. Qualcuno degli scritti profetici orientali è stato tradotto in latino. Grazie a qualche ritocco, essi hanno contribuito a diffondere questa speranza in Occidente. E’ il caso dello pseudo Metodio, tradotto agli inizi dell’VIII secolo (2). L’autore pretende di porsi in un passato lontano ed annunciare gli ultimi avvenimenti del mondo. Secondo lui, è proprio la spada degli Arabi che causerà ben presto la definitiva caduta dell’impero romano. A causa dei suoi peccati, Dio lo consegnerà nelle mani di questi barbari. La punizione di Dio, annunciata in tal modo, sarà terribile in tutte le terre cristiane invase dagli Arabi, che lasceranno desolazione e morte. Ma gli arabi conquistatori saranno, a loro volta, battuti, nel momento in cui essi non se lo aspetteranno, da un personaggio che il testo denomina ”il re dei Greci e dei Romani”, espressione, che designava in Oriente, l’imperatore di Costantinopoli, ma che in Occidente assumerà un altro significato. Dio invierà il principe della sua milizia celeste che annienterà gli Arabi persecutori. Infine, lo stesso Cristo ritornerà. L’anticristo lo affronterà nei pressi di Gerusalemme e sarà vinto. Dio stabilirà allora il suo regno, con i giusti, mentre i malvagi verranno gettati all’inferno. Questo testo, tenuto in grande considerazione in Occidente, è stato molto spesso raccontato e rimaneggiato fra l’inizio dell’8° secolo e l’epoca della 1^ Crociata. Molti Crociati ne avevano conoscenza.

Il ruolo dei Papi

Il vescovo di Roma, capo spirituale dei Cristiani d’Occidente, è anche il signore temporale di territori, il Patrimonio di S. Pietro, che ha cercato di allargare. Egli si scontra in questo con numerosi principi e signori locali. Questi territori concupiti dipendono, a volte, dall’imperatore bizantino ed a volte dall’imperatore germanico, entrambi lontani ed incapaci di intervenire. Alcuni di questi territori verranno conquistati dai Saraceni e dai Normanni. Nell’XI secolo questi valorosi cavalieri cristiani provenienti dalla penisola del Cotentin, intraprendono, inizialmente contro i Greci, quindi contro i mussulmani, la conquista dell’Italia del Sud e della Sicilia. Essi entrano, in tal modo, in conflitto con il Papa, che tenta inizialmente di vincerli con le armi e per l’occasione sacralizza la lotta condotta dal papa romano. Per lottare contro i Normanni, papa Leone IX (1002-1054) ottiene, dall’imperatore Enrico o Arrigo III il Nero (1017-1056), un contingente di soldati tedeschi. Questo papa condurrà egli stesso il suo esercito in Puglia, dove affronterà, venendo sconfitto, le truppe normanne, il 18 giugno 1053, a Civitate. Leone IX, battuto, viene portato a Benevento, in Campania, mezzo ospite e mezzo prigioniero, dove morirà poco dopo. Questo episodio gioca un ruolo importante nella elaborazione del concetto di guerra santa nell’Occidente cristiano. In effetti, prima di morire, Leone IX afferma che i soldati che hanno combattuto per la causa del papa sono morti come martiri. La sconfitta militare subita a Civitate, spinge il papa Niccolò II (morto nel 1061), qualche anno più tardi, a cambiare politica ed a concludere un’alleanza con i Normanni. Questi diventano i “vassalli ed i difensori del papa”, che, in cambio, riconosce loro il legittimo possesso dei territori che posseggono e che guadagneranno in Italia contro i mussulmani. Durante questo periodo, dal X secolo, la Reconquista prosegue sotto l’impulso dei re spagnoli e la Chiesa romana vi gioca un ruolo trascurabile. La scopo ricercato dai combattenti cristiani era quello del ristabilimento della sovranità visigotica. In effetti, come l’abbiamo visto, essa era aureolata di considerazioni profetiche che esaltavano la monarchia asturiana. In tale contesto, per la Santa Sede risultava grande il rischio di vedere i regni spagnoli ed i territori riconquistati uscire dalla tutela papale. Questo aspetto ha spinto i papi ad affermare con vigore i diritti di S. Pietro sulla Spagna. I papi hanno quindi incitato i cristiani al di là dei Pirenei a partecipare alle operazioni militari nella penisola iberica: l’interesse di papa Gregorio VII (1020-1085) per questa Reconquista risulterà manifesto sin dalla sua accessione al trono pontificio, nel 1073. Già il suo predecessore papa Alessandro II (1010-1073) aveva incitato i suoi fedeli a condurre nella penisola iberica una spedizione armata, la cosiddetta Crociata di Barbastro, in Aragona, del 1064. Gregorio, in occasione della riconquista della Navarra del 1073, aveva ricordato con cura al suo capo, Ebles o Ebbes II de Montdidier, conte de Roucy (morto nel maggio 1103), che tutti i suoi guerrieri dovevano impegnarsi, prima di partire, a riconoscere al papa la proprietà dei territori che avrebbero riconquistato sugli infedeli. Il papa Gregorio VII ritornerà su questo tema nel 1088 in una lettera indirizzata a tutti i re, conti e principi della penisola. Egli vi ricorda che la Spagna è stata “attraverso un antico documento” trasmesso a S. Pietro ed alla Chiesa di Roma “a pieno diritto ed in tutta proprietà”. L’occupazione saracena, soggiunge, ha fatto dimenticare questo diritto, ma esso resta intero: conviene oggi, con l’aiuto di Dio, di completarne il suo recupero. L’affermazione del “vassallaggio” dei re spagnoli verso la Santa Sede non ha mai riscosso, peraltro, una unanime approvazione ed è stato fermamente respinto dai re di Castiglia.

La Riconquista

Nel 1095, un altro papa, Urbano II (1042-1099), predica una spedizione di riconquista dei Luoghi Santi di Gerusalemme, che si trasformerà in una Crociata. Questa nuova destinazione rende l’impresa ancora più “santa”, rispetto alla riconquista della Spagna. I Turchi, da circa 10 anni, hanno conquistato l’Asia minore e stanno minacciando Costantinopoli. Nel marzo 1095, l’imperatore greco Alessio I Comneno aveva fatto appello al papa per l’invio di mercenari occidentali da incorporare nel suo esercito, al fine di allontanare tale minaccia e di iniziare la riconquista delle terre perdute. Urbano II trasforma radicalmente questo appello. Lo scopo della spedizione predicata dal papa è duplice: da un lato, soccorrere i fratelli cristiani d’Oriente, dall’altro, riconquistare i Luoghi Santi di Gerusalemme. Questo obbiettivo, per la sua stessa destinazione e valenza, trasforma ormai la Crociata in una Guerra Santa ed un pellegrinaggio allo stesso tempo. Solo a quel punto la guerra santa cristiana si affianca alla jihad mussulmana.

NOTE

(1) Abd al-Masī ibn Isāq al-Kindī è un nome di fantasia attribuito a un cristiano (immaginario o reale) che, in un'Epistola citata da al-Bīrūnī (morto dopo il 1050), perora la causa del Cristianesimo, discettando col suo amico antagonista, un musulmano chiamato Abd Allāh b. Ismāīl al-Hāshimī, che per conto suo lo invita ad abbracciare la fede islamica. Letta alla corte del califfo abbaside al-Mamūn, fu tradotta in lingua latina da Pietro di Toledo nel 1141 e rivista dal teologo Pietro di Poitiers - lat. Petrus Pictaviensis - (nato nel 1130 circa - morto a Parigi nel 1205).

(2) Le rivelazioni di San Metodio sono fra le più antiche profezie cristiane post-bibliche. Alcuni studiosi ritengono che queste profezie siano state scritte in realtà attorno al 680 da un autore che usò il suo nome come pseudonimo. Il manoscritto che raccoglieva tali profezie, il Monumenta Patrum Orthodoxographa, venne ritrovato circa 1000 anni dopo la morte di San Metodio. Ecco alcuni passi di questo manoscritto: Metodio di Olimpo (250 circa - Calcide di Eubea, 311) è stato vescovo di Olimpo e di Filippi, è venerato come martire dalla Chiesa cattolica che ne celebra la memoria il 20 giugno e da quella ortodossa; è inoltre annoverabile tra i Padri della Chiesa minori. Nelle sue opere attaccò la dottrina origenista secondo la quale il corpo degli uomini, al momento della resurrezione, non sarà lo stesso che essi avevano in vita, avversò anche l'altra dottrina (di stampo platonico) che affermava la preesistenza dell'anima alla nascita fisica, e infine si oppose fermamente alla teoria (sempre origenista) dell'eternità del mondo. Tuttavia, è certo che Metodio avesse un grande rispetto per Origene, e riconosceva il suo grande contributo alla teologia della Chiesa.

BIBLIOGRAFIA


 

 

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