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L'attimino Un'arma impropria per farsi valere nella vita Aug 10 2003 12:00AM - L'Osservatore Sarciastico (Rieti) Non si vede più in giro “l’attimino”. Forse è passato di moda, oppure, come accade in questi casi, è stato definitivamente masticato e digerito e forse non ne sentiremo più parlare. Ma l’incubo dell’attimino rimarrà ancora vivo ed è molto facile che prima o poi si riaffacci più potenziato con la possibilità che diventi anche europeo.
Ricordiamo tutti l’uso indiscriminato che se n’è fatto:
-Scusi, ma lei non potrebbe “un attimino” smetterla di dare fastidio?
-Lei dovrebbe “un attimino” lasciarmi parlare!
-Dopo un anno di lavoro, credo che tutti abbiamo “un attimino” il diritto di andare in vacanza!
-Ma invece di fare la contravvenzione solo a me che sono appena arrivata, non potrebbe “un attimino” fare la contravvenzione anche agli altri che già ci stavano?
E così via discorrendo. L’attimino eretto al ruolo di cavaliere senza macchia e senza paura, usato come una mazza ferrata per ristabilire l’ordine o reprimere la sopraffazione.
Beninteso, uno che voglia scrivere o parlare in lingua italiana (a dire il vero siamo rimasti in pochi), non c’è ragione che non possa usare il termine; purché lo usi nel senso e col significato che gli deriva dal sostantivo principale “attimo”, come suo diminutivo, magari per rassicurare qualcuno che il tempo necessario per la bisogna in questione sarà breve, anzi brevissimo: un “attimino”, appunto. E, al contrario, non lo usi come una clava, magari per sbattere in faccia all’interlocutore il proprio disprezzo. Si tratterebbe, però, in questo caso, di una forzatura linguistica perché, invero, uno dovrebbe dire: “fra un minuto, per un attimo e, se ama il latino, in un fiat”. Volere a tutti i costi trasformare in un diminutivo un lasso di tempo già di per sé breve, com’è appunto l’attimo (pensiamo al poetico e filosofico attimo fuggente), mi pare una forzatura che non trova giustificazione linguistica. Senza considerare che occorrerebbero orologi ultra sensibili, roba da NASA, per misurare l’attimo; figuriamoci come si può dimensionare l’attimino.
Ma in fin dei conti, a noi, cosa importa? Ognuno è libero di parlare come scrive, di scrivere come mangia e di mangiare come vive. E allora, qual’è il problema?
Il problema è che dell’attimino, usato con un significato indefinibile, che pare una minaccia e per di più proferito con quel certo tono di sufficienza saccente e “precisino”, ne avevamo piene le tasche. Quindi, “grazie a Dio”, ce ne siamo liberati e speriamo di non sentirne più parlare. Almeno per il prossimo “attimino”.
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